DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(«Il Soviet» n. 15 del 30-11-1919)

 

Questo articolo presenta notevole interesse storico, sia pure retrospettivo, perché corrisponde al momento di maggiore entusiasmo dei marxisti rivoluzionari per le notizie che cominciavano a giungere da ogni parte d'Europa e apparivano chiara premessa del trionfo rivoluzionario su tutto il continente.

Diverso sviluppo ebbero gli eventi posteriori, sventuratamente, ma il nostro lavoro di tanti decenni vale a stabilire che non ne va data colpa ad errori di prospettiva della Sinistra marxista, bensì ai nefasti indicibili della peste opportunistica. Da questo noi deduciamo la certezza che un giorno la marea rossa riprenderà a montare, e pensiamo che questo giorno non possa farsi attendere oltre un mezzo secolo o poco più dal grandioso Ottobre 1917, o al massimo dall'anno un cui la vera rivoluzione rossa ammainò le vele dei sani principi, che possiamo scrivere come 1925.

Questo breve scritto stroncato nella conclusione dalla spietata censura che in nome del trionfo della democrazia funzionava ancora dopo 5 mesi dalla fine della guerra, servirà ai lettori di oggi a ricostruire la storia di quei tempi ardenti. Anche in Ungheria era stata proclamata la dittatura proletaria, e una violenta discussione si accendeva in Occidente sulla spiegazione dell'evento grandioso. La ignobile stampa borghese nel suo smarrimento cercava di falsare il gioco e negava che fosse scoppiata una vera rivoluzione pretendendo che il conte Karolyi, il capo dei governo ungherese, avesse senza lotta ceduto il potere ai rossi di Bela Kun. Il «Soviet» sostiene che non si tratta di una commedia, ma di una vera rivoluzione con tutti i più tremendi caratteri. Purtroppo gli eventi posteriori mostreranno che i rivoluzionari comunisti tollerarono di spartire il potere coi socialdemocratici, che non osarono impugnare la santa arma del terrore, e questa giovane grandiosa rivoluzione cadrà nella rovina.

Resti in piedi il saluto commosso che allora noi le mandammo.

 

 

Inattesa e fulminea giunge la notizia di un'altra vittoria della Rivoluzione mondiale: in Ungheria il governo borghese del conte Karolyi cede il potere al proletariato massimalista, che instaura il regime dei Soviet e si mette in diretta comunicazione coi compagni di Russia. L'Intesa vincitrice perde il controllo della situazione, non solo non può più dirigerla ma nemmeno comprenderla; e quanto essa compie per conseguire un dato effetto, produce l'effetto precisamente opposto.

La storia non registra forse esempio di situazione così difficile e sgradita per il vincitore di una lunga e terribile guerra.

La borghesia occidentale sente la nostalgia di un avversario tradizionale quale era la borghesia degli Imperi centrali, che si poteva costringere a battaglia militare e battere secondo le vecchie regole e le antiche risorse della grande politica.

Ma, dopo la clamorosa vittoria, l'avversario, il vinto, si é dileguato, e al suo posto si leva arbitro del mondo, giudice terribile del vinto e del vincitore, il socialismo mondiale.

Nuovo e tremendo avversario, le cui prime minacce si credette disperdere con la guerra e che ora risorge temprato e inesorabile dai campi dilaniati dalla strage.

Mentre lo si vuole abbattere o almeno costringere nella Russia ove già trionfa, esso supera i fronti militari territoriali, traversa i cordoni sanitari e dilaga magnifico, irresistibile, per questa vecchia Europa sanguinosa.

I governi, la stampa della borghesia - pervasi dalla stessa aria incosciente che condusse l'imperialismo germanico al suicidio di Brest-Litowsk - smarriti e perplessi dinanzi alla grandiosità degli avvenimenti, risuscitano con la fantasia l'avversario antico di cui rimpiangono la mancanza e cercano di far credere che il cammino della Rivoluzione sia… una commedia, ad uso e consumo di quell’imperialismo austro-tedesco-magiaro che ormai più non esiste.

Una commedia! Già le notizie posteriori mostrano che la guerra di classe è in pieno sviluppo e il gesto del Karolyi non l’ha scongiurata, come non poteva indurre la borghesia capitalistica e terriera ad accettare tranquil­lamente la dittatura espropriatrice del proletariato.

Per la stampa borghese tutto è una commedia. Essa non vuol vedere la storia. L’enorme ingranaggio della Rivoluzione Russa era per lei mosso dall'oro di Berlino. La Rivoluzione Ungherese, la lotta terribile tra Spartacus e i social-kaiseristi di ieri é per essa un trucco artificiale delle oscure po­tenze che congiurano contro la pacifica celebrazione retorica e sbafatoria del trionfo bellico per il quale lor signori hanno versato tanto... inchiostro.

La Nemesi storica si vendica così della borghesia. Quando essa usci trionfante dalla grande Rivoluzione francese e i suoi principi sovvertitori si spandevano per il mondo, invano le classi aristocratiche e feudali inorri­dirono e imprecarono, invocarono i fulmini del loro Dio spodestato, e male-dissero all’opera diabolica della giovane borghesia volterriana spregiudicata e iconoclasta.

Oggi il ciclo storico della borghesia si chiude sotto i nostri occhi, come lo vide chiudersi il vaticinio formidabile di Carlo Marx. Dinanzi alle nuove potenze della Rivoluzione proletaria socialista la classe borghese sente tremare le ragioni del suo dominio e indietreggia smarrita, il suo giovane senso della storia che ne faceva centotrenta anni addietro una forza di propulsione della società si cambia nel balbettamento degli organismi de­crepiti. No, non é la Rivoluzione, é una commedia! Anche Maria Anto­nietta e Luigi XVI sorridevano incoscienti al passaggio della urlanti colonne dei sanculotti!

Ma la storia non si esorcizza. Non la esorcizzarono i preti della Santa Alleanza, non la esorcizzeranno i sacerdoti della plutocrazia borghese.

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