DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Il Soviet», anno III, nr. 18 dell’11.VII.1920)

 

 

Berlino 28-6. La grande Germania vive di una vita anormale. Dopo la terribile guerra nella quale ha sperperato incalcolabili energie, china oggi sotto il pugno di ferro del vincitore che le asporta materie prime, materiale ferroviario e tonnellate di oro, essa respira a stento, ed i sintomi patologici sono evidenti anche nella grandiosità della capitale, e nella vastità del moto incessante che vi pulsa.

Apprendo da compagni che hanno studiato e studiano attentamente la situa­zione che la crisi economica è al colmo. Le industrie si vanno chiudendo, la produ­zione agricola è insufficiente, sebbene il raccolto sia favorevole alle esigenze del paese.

Il proletariato sta male e freme sordamente. La situazione politica, nel quadro attuale che ci presenta l'Europa, è ancora più minacciosa. La politica dell’Intesa era riuscita a costituire tra il bolscevismo e l'Europa borghese una catena di Stati-cuscinetto, primo tra i quali la Polonia. Ma la stessa politica ha spinto la Polonia contro la Russia dei Soviet, ed oggi le armate controrivoluzionarie ripiegano dinanzi alla travolgente controffensiva rossa. Malgrado tutti i suoi sforzi, l'Intesa non potrà salvare la Polonia, né con la maniera forte voluta dalla Francia, né col gioco dell’Inghilterra. Anche se questa volesse adottare le maniere cattive con la Russia, essa è ormai paralizzata dalla situazione dell’Irlanda, dell’Egitto, dell’India, dagli avvenimenti impressionanti dell’Asia Minore.

Tra poche settimane forse lo Stato-cuscinetto non sarà più. Le truppe dei Soviet entreranno a Varsavia: più ancora, esse vi troveranno la capitale di una nuova repubblica soviettista, poiché anche in Polonia la situazione sociale e politica è tesissima e le masse sono pronte ad insorgere.

Se l'Intesa non potrà evitare ciò, e non si vede con quali mezzi possa evitarlo, sarà la Germania il paese che dovrà fare da barriera tra il soviettismo e l'Europa capitalista.

La politica dell’Intesa peserà ancora di più allora sulla Germania per costrin­gerla alla nuova sua funzione. La borghesia tedesca non potrà governare con nessuna combinazione, immobilizzata dalle catene del vincitore.

La crisi economica e sociale seguiterà ad acuirsi e le masse non potranno restare indifferenti. Il «Kapp-Putsch» (il colpo di mano di Kapp) si ripeterà in ben più vaste proporzioni quando l'Intesa imporrà a Berlino un governo di estrema destra, e questa volta il proletariato sarà trascinato a raccogliere la sfida per una lotta definitiva.

* * *

Quale è, di fronte a queste prospettive, la preparazione sociale e politica della classe operaia germanica? La risposta a questa domanda non può, malaugura­tamente, non avere sapore di pessimismo.

Una grande parte delle masse lavoratrici è ancora sotto l'influenza del SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) che ha nelle sue mani la burocrazia che governa i sindacati tradizionali. È inutile ricordare ai lettori italiani la natura e il compito del partito dei Noske, degli Scheidemann e degli Ebert.

La parola d'ordine di questo partito è: lavorare per salvare la patria tedesca. Esso è perfino contro gli scioperi economici, esso vuole la collaborazione aperta colla borghesia sulla base della fame del proletariato e della sua prostrazione allo sfruttamento capitalistico.

I lavoratori delle miniere sono un indice di questa situazione, un indice nel senso fisico della parola. Sono ridotti a scheletri semoventi. Non perderà questo proletariato anche la forza di brandire le armi liberatrici?

Abbiamo quindi l'USPD, il partito socialista indipendente, fiero della recente clamorosa vittoria elettorale. È un partito numerosissimo e fortemente organizzato, inoltre spesso si sente fare l'elogio della sua evoluzione verso sinistra. Si sa da tutti che esso è uscito dalla II Internazionale e conta di entrare, forse che sì, forse che no, nella Terza. È anche noto che esso è diviso in varie correnti e che, se la destra amoreggia con Scheidemann, la sinistra poggia verso i comunisti.

Ma l'idea che i compagni italiani possono essersi fatti di questo partito da quanto ha pubblicato in varie occasioni l'Avanti! deve essere molto immeritata.

Il partito indipendente è il partito della indecisione, del confusionismo teorico, della incapacità e neghittosità all’azione. La sinistra ha ottenuto sulla destra l'approvazione di un programma, che, pur essendo anche nel campo della teoria e dei principi una specie di aborto, ha delle frasi comuniste, ma la destra ha imposto facilmente alla sinistra le sue direttive tattiche, e il leader della sinistra, il Daümig tanto elogiato come capo della rivoluzione tedesca, è anch'esso un «opportunista» che ha ceduto le posizioni dinanzi all’influenza dei Crispien e degli Hilferding.

La contraddizione fra le parole e l'azione che si riscontra nell’ USPD ricorda molto la situazione del grosso del Partito Socialista Italiano.

Ho assistito ad una discussione tra comunisti ed indipendenti. Un compagno comunista aveva parlato sulla situazione tedesca e il compito del proletariato rivoluzionario; molti indipendenti hanno replicato. Uno di essi soltanto ha detto che l’USPD è un partito rivoluzionario come il partito comunista, ma senza poter suffragare tale sua affermazione.

Tutti gli altri hanno svolto le argomentazioni proprie sotto tutti i cieli e in tutti i tempi dei riformisti: il proletariato è incosciente, è reazionario, è immaturo. Essi sono per la dittatura proletaria, per i Soviet, per la III Internazionale, ma la loro rivoluzione non dovrà ripetere i metodi «russi», il terrore rosso, la sop­pressione della stampa borghese e simili cose da maleducati.

Il sistema dei Soviet, infine, potrebbe adattarsi per ora a sorgere a fianco delle istituzioni democratiche, salvo dopo un certo tirocinio a far da sé.

Ecco che gente sono gli indipendenti tedeschi. Naturalmente, mi si assicura, nei comizi elettorali non dicevano queste cose, ma fiammeggiavano di apostrofi rivoluzionarie. La cosa non mi è parsa nuova.

* * *

Un solo argomento valido vi è, disgraziatamente, per la difesa degli indipendenti, ma è un argomento specioso. Esso consiste nel dire che i comunisti non fanno molto di più e di meglio per la preparazione rivoluzionaria. Ma questo, anche se fosse interamente esatto, non può servire di salvacondotto a tutta la merce avariata coperta dalla bandiera degli indipendenti!

I comunisti, come voi sapete, sono divisi. Vi è il KPD (Partito Comunista tedesco), e vi è ora il KAPD (Partito Operaio comunista tedesco). Che cosa divide i due partiti? L'ho chiesto ai compagni dell’uno e dell’altro.

È bene anzitutto fare la storia della scissione. Nel Partito Comunista, dopo la fallita insurrezione del gennaio 1919, dopo la morte dei due grandi capi Liebknecht e Luxemburg, si accesero due vive questioni. L'una riguardava i sin­dacati di mestiere (Gewerkschaften) dominati dal riformismo e dalla burocrazia socialdemocratica, e l'opportunità di seguitare a lavorare dentro di essi oppure di boicottarli per costituire nuovi organismi. L'altra questione riguardava la parte­cipazione alle elezioni.

La Centrale del Partito era per la partecipazione sia ai sindacati che alle elezioni. Fu indetto un Congresso [conferenza] che ebbe luogo nel luglio ad Heidelberg [Berlino] e che approvò il programma della centrale. L'opposizione sollevò però nuove obiezioni alla regolarità del congresso, e chiese che ne venisse convocato un altro, previa discussione ampia delle due questioni da parte delle organizzazioni del Partito.

La Centrale invece indisse il secondo congresso per l'ottobre 1919, ma con lo strano criterio di escluderne tutti i rappresentanti che non avevano, nelle due questioni del parlamentarismo e delle Gewerkschaften, mandato conforme alle sue direttive.

Il congresso fu quindi costituito solo da quelli che la pensavano come la Centrale, vi presero parte moltissimi impiegati del partito quali delegati, e l'opposi­zione fu dichiarata espulsa dal partito.

I compagni del KAPD mi hanno affermato, ed in ciò ritengo non abbiano torto, che non erano intenzionati di costituire un nuovo partito, ma che furono cacciati con un procedimento inaudito, mentre il congresso, se regolarmente convocato, avrebbe dato ad essi la maggioranza.

In aprile 1920 essi, visto inutile ogni tentativo per ottenere soddisfazione, tennero il congresso costitutivo della Kommunistische Arbeiterpartei Deutschlands.

Questo partito è meno numeroso del KPD, però predomina a Berlino ed Amburgo e sembra godere le simpatie delle masse operaie industriali.

Oltre alle due questioni accennate lo dividono dal Partito comunista altre due principali posizioni: la questione della centralizzazione dell’azione (il KAPD è per il federalismo) e le accuse di debolezza e di incertezza alla centrale del KPD.

Vi è la questione del famoso bolscevismo nazionale, i cui leaders, Laufenberg e Wolffheim di Amburgo, hanno lanciato un manifesto la cui parola d'ordine è: alleanza anche coi borghesi per la guerra all’Intesa e la lotta contro Versailles! Essi dicono: se i russi si servono di Brussilov noi possiamo servirci dei militaristi tedeschi, e non avvertono l'enorme differenza delle situazioni, poiché i proletari russi sono al potere e Brussilov rappresenta un tecnico della guerra, ma non una classe o un partito.

I leaders del KAPD mi hanno però assicurato che i due amburghesi ed i loro scarsi seguaci, se sono ancora formalmente nel partito, sono però stati sconfes­sati e ne saranno allontanati ben presto.

Circa l'attitudine del KPD e la sua poca attività, le accuse dei fuoriusciti alla Centrale non sono forse senza fondamento. La sinistra del KPD stesso le condivide.

Durante i giorni del Kapp-Putsch la politica del partito è stata troppo al disotto della situazione, ha dimostrato che la Centrale aveva perduto il contatto colle masse e non sapeva lanciare ad esse una sicura parola d'ordine rivoluzionaria. Le polemiche al riguardo sono vivissime. In realtà le condizioni tedesche non per­mettono al partito comunista di agire liberamente per conquistarsi il seguito del proletariato. L'aver partecipato alle elezioni non ha potuto migliorare di molto tale situazione. Il partito ha oggi al Reichstag due deputati: Paul Levi e Clara Zetkin. Paul Levi è il leader intellettuale del partito: egli però è uomo di destra: i lettori del Soviet conoscono la infelice tesi della loyale opposition all’eventuale governo «socialista» (vedi num. 14).

Il KAPD sostiene la costituzione dei Consigli di fabbrica (Betriebsräte), ma nelle sue tesi vi è della confusione. I Betriebsräte legali, che esistono in Ger­mania e seguono per lo più gli indipendenti, sono boicottati dal KAPD.

Esso lavora, al di fuori di essi come al di fuori dei sindacati, a formare dei consigli d'officina illegali, legati in una «Betriebs-organisation», una unione operaia rivoluzionaria, illegale, che non è più, a mio giudizio, un organo economico, per il fatto stesso che non ogni operaio può accedervi, e non è ancora un partito politico. Ciò non si concilia con la affermazione che i consigli di fabbrica con­ducono tutto il proletariato sulla vera via rivoluzionaria.

Se dovessi esprimere una opinione sulle direttive del KAPD poco avrei da mutare a quanto ne scrivevo, da lungi, su queste colonne (nei nn. 8 e 13). Vi è del sindacalismo, e in realtà sono proprio le tesi teoriche della Centrale combattute dal KAPD che sono sulla buona base marxista.

Lo stesso astensionismo del KAPD è dissimile, come dicevo, dall’astensionismo della nostra frazione, e pur avvalendosi di analoghe constatazioni e argomenti, poggia in parte su basi diverse, in quanto svaluta l'azione politica e di partito in generale.

Ma in gran parte vive e si agita nel nuovo partito una maggiore decisione rivoluzionaria e una più larga attività tra le masse; e i suoi seguaci sono quegli operai che sono insofferenti di certi momenti di transigenza del vecchio partito comunista e della sua conversione al parlamentarismo, che lo avvicina agli indipen­denti, i quali si avvalgono della sua tattica per valorizzarsi di fronte al proletariato tedesco e alla Internazionale.

Non bisogna tacere che nel KPD sono anche degli astensionisti, specie tra i giovani.

La gioventù comunista sta per dividersi anch'essa in due campi tra i parti­giani dei due partiti.

Certo la crisi non è lieve, né la soluzione se ne intravede. Potrà darla il Con­gresso Internazionale Comunista?

Gli avvenimenti intanto incalzano. Forse essi stessi desteranno i lavoratori ed i comunisti. Il proletariato tedesco, che ebbe per suoi campioni giganti del pensiero come Marx, Engels, W. Liebknecht, Mehring, e gli apostoli del sacrificio come Carlo e Rosa, non potrà essere impari alla lotta per innalzare la bandiera del comunismo nel cuore d'Europa, alla lotta che sarà forse decisiva tra i due grandi avversari: il capitalismo mondiale e le falangi ribelli che esso suscita sotto ogni cielo.

 

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