DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(«L’Avanguardia» N. 507 del 7-10-1917)

 

Questo articolo apparve dopo il Congresso giovanile di Firenze di cui abbiamo parlato nel testo, e in cui a totale o quasi unanimità il movimento dei giovani si pronunciò per la impostazione estrema, massimale e radicale della politica socialista. Questo articolo rivendica la natura di lotta e non di scuoletta del movimento dei giovani, denunzia il pericolo della cosiddetta cultura generale e contribuisce all’orientamento del giovani per la selezione a sinistra del partito.

 

 

 

Il movimento della gioventù socialista in Italia vive da alcuni anni una fiorente e intensa attività, che le stesse ripercussioni della catastrofe bellica non hanno potuto smorzare e nemmeno ritardare nel suo progressivo sviluppo.

Sviluppo quantitativo, malgrado gli intoppi e le circostanze avverse, e sviluppo qualitativo, nonostante il movimento non sia sempre stato fortu­nato nell’andamento dei suoi organi direttivi. È anzi in questo la migliore dimostrazione della bontà delle sue risorse intrinseche e del grado di matu­rità cosciente a cui è pervenuto.

Il recente congresso, attraverso gli appassionati dibattiti, segna la defi­nitiva conquista di alcuni risultati, ai quali abbiamo lavorato da anni, con la propaganda e con l’azione, nelle polemiche interne, nei rapporti con il Par­tito, nella lotta contro gli avversari e contro la reazione governativa.

Definite ormai in altri congressi e accettate anche dal partito socialista, secondo le aspirazioni e i sentimenti della gioventù rivoluzionaria, altre vitali questioni relative all’intransigenza politica, alla liquidazione dell’anticleri­calismo democratico e del massonismo, ed anche ai rapporti con altre dot­trine rivoluzionarie come l’anarchismo ed il sindacalismo - la gioventù socialista continuò a perseguire le sue mete lungo una via retta e decisa, tendente a sbarazzare il pensiero e il metodo socialista di tutto quanto sì era ad essi sovrapposto di degenerativo e di falso - «di vecchio» - in una parola.

Oggi, dopo Firenze, altri punti importantissimi dell’aspro cammino sono raggiunti e superati.

Principalissimi e sostanziali questi: l’autonomia dei giovani rispetto al Partito, nella affermazione di opinioni, di vedute, di tendenze proprie, che valgono come libero contributo a determinare la rotta seguita da tutto il movimento politico del proletariato in Italia, e la affermazione del concetto massimalista nella valutazione teorica e pratica dei rapporti fra socialismo e guerra.

La riprova implicita della prima «conquista» è nella sicurezza unanime ed entusiasta con la quale si è dibattuto e deciso della seconda.

Per affermare e difendere i concetti che nel congresso hanno trionfato, il movimento giovanile socialista non ha atteso la crisi bellica; ma in tutti gli altri suoi congressi e nella sua attività quotidiana degli ultimi anni ha posta e dibattuta l’importante e complessa questione, raggiungendo oggi - dopo tre anni di guerra mondiale - la maturità più impressionante nella soluzione «estremista». Ciò toglie a chicchessia il diritto di parlare di leg­gerezza, di impreparazione, di entusiasmo che soverchia la riflessione, di fede che ottenebra il ragionamento. E crediamo che l’affermazione di Firenze tolga anche, a chi l’avesse ancora, ogni velleità di legiferare la limitazione della sfera di attività giovanile per tagliarla fuori dal campo dello storico dibattito fra le tendenze del socialismo, nel quale essa porta all’estrema ala sinistra il contributo della sua convinzione matura ed audace ad un tempo.

Il deliberato di principio di Firenze è motivo di compiacimento per i compagni che hanno fede nell’interpretazione più radicale del socialismo, non solo in se stesso, ma anche in quanto esso è la riconferma - come ab­biamo accennato - di quei concetti di autonomia giovanile, che da anni sono stati difesi ricollegandoli appunto al concetto massimalista e marxistico dei rapporti fra pensiero e azione, fra teoria e tattica socialista.

A coloro che volevano il movimento giovanile ridotto ad una scuola ele­mentare del socialismo che accettasse i testi già elaborati dalle mani compe­tenti degli adulti, si rispose con validi argomenti polemici che i giovani com­pagni rammentano, e che formano ormai parte della loro coscienza.

Il socialismo è sorto affermando che le idee non sono le cause dei fatti, ma il riflesso di essi attraverso i molti strati rifrangenti che rappresentano le condizioni di un momento storico. Non sono le opinioni che fanno la storia e modificano l’assetto sociale, ma sono le condizioni sociali delle classi che ne determinano le opinioni.

[censura].

Il migliore socialista è il proletario che «altro non ha da perdere che le sue catene»; la sua convinzione ha i requisiti della più fervida efficacia anche se non è accompagnata da una preparazione dottrinaria.

Chi ha questa, conserva e coltiva quasi sempre troppe «ammorsature» coi domini del pregiudizio e del privilegio, e rettifica piano piano le sue vedute nel declinare di una parabola - secondo un processo ormai entrato nel campo della statistica e uscito da quello dei casi personali. In un certo senso, chi più sa più sbaglia.

I giovani sopra tutti rispondono al motto marxistico di non avere altro da perdere che catene, per le loro condizioni di vita economica, sociale, ses­suale e politica, come neofiti del movimento, in tutti i sensi ed in tutti i significati.

 

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