DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il Soviet», anno III, nr. 15 del 23.V.1920)

 

L' Avanti! del 16 corrente riporta sommariamente una deliberazione presa dal Comitato Esecutivo di Mosca della Internazionale Comunista della quale, pure attraverso le incongruenze del testo della notizia, è facile intendere l'importanza.

Il Comitato di Mosca dopo aver discusso su alcuni punti controversi della tattica dei comunisti, ha concluso, prendendo posizione in merito, coll’annullare il mandato dell’ufficio costituito da pochi mesi ad Amsterdam per l'Europa occidentale e per l'America, pel motivo che tale ufficio difende in tutte quelle questioni un punto di vista avverso a quello del Comitato.

Certo il criterio fondamentale della centralizzazione dell’azione rivoluzionaria autorizza l'organo centrale della Internazionale a rendersi interprete - nell’intervallo tra i regolari Congressi internazionali - dell’indirizzo che deve essere seguito nella azione. E lo stesso Comitato Esecutivo, mentre ha incaricato Zinoviev, Radek e Bucharin di preparare delle tesi che contengano il suo punto di vista sulle questioni controverse, rimette la definitiva decisione al prossimo Congresso Internazionale Comunista, che si preannuncia di una importanza davvero straordinaria.

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È però interessante chiarire bene - per quanto almeno ciò e possibile in base alle informazioni e comunicazioni di cui disponiamo - i termini della controversia, anche perché è prevedibile che il deliberato di Mosca sarà sfruttato per giustificare l'elettoralismo equivoco e possibilista che il Partito Socialista Italiano pratica all’ombra dello stemma dei Soviet.

Le questioni che hanno determinato l'intervento dei compagni di Mosca riflet­tono sostanzialmente la posizione delle opposte tendenze del movimento comunista di Germania.

È ad esse che occorre rifarsi per intendere la risoluzione di Mosca, secondo la quale non si deve rinunciare né ad utilizzare l'arma parlamentare, né a conqui­stare alle direttive comuniste quegli organismi economici che oggi sono in mano ai socialdemocratici.

Appunto la situazione delle tendenze tedesche ha messo sullo stesso piano queste due questioni di natura e peso diversissimo.

Ci richiamiamo ad un nostro articolo pubblicato nel nr. 11 del Soviet, «Il Partito Comunista Tedesco».

Sullo stesso argomento v'è un articolo di un compagno della opposizione tedesca pubblicato nel bollettino di Amsterdam, e riprodotto nel nr. 43 [anno I] dell’ Ordine Nuovo, e un articolo di Boris Souvarine nel nr. 1, anno II, dello stesso giornale. Inoltre l'Avanti! nello stesso numero sopra citato annunziava che l'opposizione tedesca si è costituita in Partito Operaio Comunista Indipendente dal Partito Comunista, che nella sua conferenza di Heidelberg nel 1919 espulse dal suo seno la minoranza.

Riassumiamo il punto di vista delle due tendenze, anzi dei due partiti, non senza avere avvertito che le tendenze nel movimento tedesco sono, in realtà, assai più numerose, e che sarebbe difficilissimo definirle esattamente tutte per chi non sta addentro al movimento stesso.

L'opposizione muove alla Centrale del Partito delle accuse di incertezza e di debolezza che in realtà non sono ingiustificate. Abbiamo nei numeri scorsi trattato dell’atteggiamento dei comunisti nell’occasione del recente tentativo militarista, e riportato anche le severe critiche di Bela Kun al contegno della Direzione verso gli Indipendenti. L'accusa di connivenza con gli Indipendenti mossa dalla oppo­sizione comincia dunque a presentarsi come plausibile. E così quella di mancanza di slancio rivoluzionario, per quanto in simili accuse vi siano da fare molte riserve, essendoci sempre degli impazienti semplicisti che avendo della rivoluzione un concetto assai limitato protestano continuamente perché i dirigenti la ritardano. In questo caso però ci sembra indubitabile che la Direzione del KPD non è stata all’altezza degli eventi.

Ma quando passiamo all’esame del programma e delle direttive, dobbiamo invece concludere che è fondato il rimprovero di eterodossia sindacalista fatto alla opposizione.

Questa si distacca in realtà dalle sane concezioni marxiste, e persegue un metodo utopistico e piccolo borghese.

Il partito politico - dice l'opposizione - non ha importanza preponderante nella lotta rivoluzionaria. Questa deve svolgersi nel campo economico, senza una direzione centralizzata.

Contro i vecchi sindacati economici caduti nelle mani degli opportunisti occorre far sorgere nuove organizzazioni, basate sui consigli di fabbrica. Basterà che gli operai agiscano in questo nuovo tipo di organizzazione perché la loro azione sia comu­nista e rivoluzionaria.

L'astensionismo elettorale di tale tendenza discende dalla negata importanza alla azione politica e di partito in generale, dalla negazione del partito politico come strumento centrale della lotta rivoluzionaria e della dittatura proletaria; questo astensionismo è in relazione ad una critica sindacalista - per cui l'azione dovrebbe essere concentrata sul terreno economico - e ad una critica libertaria - che si risolve nel solito orrore per i «capi».

Non ripetiamo le nostre critiche a questi concetti, che sono un po' quelli dell’Ordine Nuovo di Torino.

Che questi concetti siano una degenerazione piccolo-borghese del marxismo lo prova anche il fatto che essi hanno dato luogo al famoso «bolscevismo nazionale» di Laufenberg e Wolffheim, secondo cui si prospetta una alleanza tra il proletariato rivoluzionario e la borghesia militarista per... una guerra santa contro l'Intesa. Questa strana concezione è così patologica che non merita per ora più lunga critica.

È vero che questa idea assurda del «bolscevismo nazionale» ha contro di sé una forte corrente nella stessa opposizione.

Noi chiarimmo nell’articolo ricordato che aderivamo alle tesi della Direzione del Partito Comunista Tedesco nelle quali tutte queste deviazioni erano opportu­namente condannate, consentendo con essa sulla riaffermazione del carattere politico della Rivoluzione comunista, sull’importanza del compito del partito di classe, sulla necessità di respingere ogni sindacalismo ed ogni federalismo. Restavamo in dissenso sulla questione parlamentare.

Il nostro astensionismo - per ripeterci - deriva appunto dalla grande impor­tanza che noi diamo al compito politico che nell’attuale periodo storico tocca ai Partiti Comunisti; conquista insurrezionale del potere politico, instaurazione della dittatura del proletariato e del sistema soviettista.

Siccome il più grande ostacolo a questa lotta sono le tradizioni e i partiti politici della democrazia borghese e le propaggini che attraverso il socialismo tipo «II Internazionale» legano questa alle masse operaie, affermiamo indispensabile il troncare ogni contatto tra il movimento rivoluzionario e gli organi rappresen­tativi borghesi; l'isolamento della carogna in putrefazione della democrazia par­lamentare.

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Quale dunque è il senso del pronunciato del Comitato Esecutivo della III Internazionale?

A ragione esso sconfessa il criterio di boicottare i sindacati attuali per dar vita a nuovi organismi economici.

Il sindacato economico è sempre un organismo proletario per sua natura, e può e deve essere penetrato dalla propaganda comunista nel senso molto bene tracciato nella nota circolare di Zinoviev sull’azione dei comunisti nei sindacati.

S'intende che in alcuni casi il processo di corruzione da parte dei dirigenti riformistici può assumere tali gradi e forme da rendere necessario di abbandonare e se stesso un organo imputridito.

Ma elevare a metodo rivoluzionario la costituzione ex-novo di altri organi economici, come i sindacati d'industria, i consigli di fabbrica (Torino), gli Shop Stewards (Inghilterra) affermando di aver con ciò risolto il problema di condurre il proletariato al comunismo, questo errore che ricorda quello dei sindacalisti (sopravvivente in organi che vogliono aderire a Mosca, come gli IWW d'America, la Confederazione del Lavoro Spagnuola, l'Unione Sindacale Italiana) è quello che a Mosca è stato condannato, per rivendicare la funzione rivoluzionaria alla azione politica del partito «marxista, forte, centralizzato», come dice Lenin; per ricordare che la rivoluzione proletaria è, nella sua fase acuta, prima che un processo di trasformazione economica, una lotta per il potere tra borghesia e proletariato che culmina nella costituzione di una nuova forma di Stato le cui condizioni sono l'esistenza dei Consigli proletari come organi politici della classe, e la prevalenza in essi del partito comunista.

In secondo luogo il Comitato di Mosca ha condannato l'astensionismo elet­torale. Qui interviene una distinzione chiarificatrice. L'astensionismo derivante da quelle erronee concezioni - che è più che altro un apoliticismo destinato a ritor­nare nelle braccia del suo gemello; l'apoliticismo laburista e riformista - poggia su false basi.

Ma l'astensionismo sostenuto sul puro terreno marxista, seguito da noi e da altre correnti dell’Internazionale, non ha a che fare col precedente e reclama il proprio diritto di cittadinanza, anzi di ortodossia, nella Internazionale Comunista e verrà sostenuto al Congresso Internazionale, eventualmente contro le tesi del Comitato di Mosca, cogli argomenti che sul nostro giornale - e su altri giornali comunisti esteri - sono stati ampiamente illustrati.

Il CC della nostra frazione ha avuto a Firenze il mandato di stringere mag­giori legami tra le correnti, i giornali, i militanti di questa tendenza, e si sta ponendo al lavoro in tal senso.

Per quanto riflette poi la sconfessione dell’Ufficio di Amsterdam, affidato a valorosi compagni della cui attività ci siamo spesso occupati, non possiamo azzardarci a dare un giudizio. Non ci sembra esatto che le opinioni di tale ufficio e della conferenza siano in tutto contrastanti con quelle di Mosca. Le tesi relative (vedi Comunismo n. 13 e Ordine Nuovo n. 43) lo dimostrano.

Le tesi sul sindacalismo sono un po' contraddittorie tra loro (risultato forse di una collaborazione affrettata) ma nei punti da 12 in poi sono bene intonare alla condanna del neo-sindacalismo.

Su di un punto Amsterdam ha deciso in senso inaccettabile; sull’ammissione cioè dei consigli d'azienda nei quadri della Internazionale. È evidente che l'Inter­nazionale è organo politico e non può comprendere che i partiti politici. Gli orga­nismi economici potranno formare l'Internazionale sindacale, già in via di costitu­zione, e aderente e subordinata a quella politica.

Ma non vorremmo che Amsterdam fosse sconfessata per il suo giusto atteggia­mento battagliero e intransigente verso gli opportunisti, gli indipendenti, i ricostrut­tori. Non crediamo che Mosca decampi dalle sue posizioni di critica feroce ai rinnegati tipo Kautsky. Ma di tale punto delicato tratteremo quando avremo migliori elementi.

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Un'ultima considerazione. La decisione di Mosca e le tesi che la seguiranno potranno ben essere opposte alla posizione della nostra tendenza, contraria in generale ad ogni utilizzazione della democrazia borghese. Ma non possono essere a nessun conto invocate per giustificare il massimalismo elezionista italiano, zoppo nella dottrina, ed equivoco nella pratica fino al collaborazionismo nittiano.

Come molte volte è stato esposto da noi, l'elezionismo italiano non è esercitato da comunisti, ma da comunisti (almeno nell’etichetta) e socialdemocratici insieme. Per ciò stesso esso è peggiore del medesimo parlamentarismo apertamente riformista e legalitario, praticato da coloro che, in altri paesi, sono da un pezzo fuori e contro l'Internazionale di Mosca e condannano l'azione rivoluzionaria e la dittatura proletaria.

La penetrazione elettorale nel parlamento e nei comuni si fa qui colla dema­gogia estremista, ma con carattere e contenuto non di negazione rivoluzionaria, bensì di praticaccia riformista.

Nel PSI non si è in regola con Mosca. Si caccino i diffamatori della Russia dei Soviet, e gli speculatori sul bolscevismo elettorale, e allora solo si avrà il diritto di dibattere le grandi questioni di principio e di tattica del comunismo.

Su tale terreno vuol porsi, anche abbandonando il partito, la nostra piccola ma decisa corrente, per poter anche dire la sua parola convinta sui problemi vitali del comunismo internazionale.

 

 

 

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