DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il suicidio (vero o falso che sia) di Salvador Allende, preso nella rete di quelle forze militari – a loro volta strumenti di forze sociali – di cui non solo aveva creduto di poter eludere l'attacco, ma aveva chiesto l'appoggio per “costruire il socialismo” alla cilena, assume un significato emblematico: è la tragica conferma che non esistono “vie pacifiche” non diciamo al socialismo, ma neppure al pieno sviluppo CAPITALISTICO dei paesi rimasti a metà strada fra assetto economico e sociale preborghese e pieno assetto economico, sociale e politico borghese.

Lasciamo ai pennivendoli della classe dominante e ai suoi servi opportunistici di definire “marxista” il regime del presidente spodestato: non v'è NEPPURE UN'ONCIA di marxismo là dove non “si estende il riconoscimento della lotta di classe fino al riconoscimento della NECESSITA' della dittatura del proletariato”. Quello che tentava il suo regime, come quello di tutti i grandi paesi “in corso di sviluppo”, era di superare per via legale e costituzionale le arretratezze, gli squilibri, i contrasti stridenti di una terra in bilico fra il passato e il presente nell'ambito internazionale dell'imperialismo.

E tuttavia, NEPPURE QUESTO è stato possibile col metodo DOLCE, GRADUALE, PACIFICO, PARLAMENTARE, della democrazia interclassista. La violenza che si vorrebbe ELUDERE per scalzare il dominio di forze sociali retrive, necessariamente si ritorce contro chi si è illuso di ammansirla; l'OFFENSIVA cui si vorrebbe non ricorrere contro il nemico, è il nemico stesso a scatenarla; il bollettino di voto che si vorrebbe contrapporre alle ARMI, è stracciato, prima ancora di essere deposto nell'urna, appunto dalle armi; perfino le più timide riforme, là dove conservano ancora un senso, chiedono la FORZA organizzata e centralizzatrice per tradursi in pratica, o da una forza organizzata e centralizzatrice saranno distrutte – ovvero (non è la prima volta nel cosiddetto Terzo Mondo), riprese a carico dai neo-golpisti. Colpa dei democristiani! – urlano PCI e consorti; oppure: Colpa di colonnelli fascisti! No, signori: colpa di chi crede e fa credere di poter costruire qualcosa di meno squallido dello status quo nel dialogo e perfino nell'accordo con preti, borghesi, bottegai e sbirri!

Non si può chiedere al boia di fare l'opposto del suo mestiere. Il PCI trae dalla vicenda allendista la lezione che è necessaria “l'unità di tutti i democratici”: ma è proprio questa unità che consegna la classe operaia, mani e piedi legati, ai suoi oppressori. E la tragedia cilena non è ora che ci vada di mezzo la democrazia, ma che gli spietati colpi d'ariete dei militari si abbattano su proletari e contadini poveri, troppo a lungo cullati nel mito di un'emancipazione “indolore”.

Chiusasi nel suicidio la “via cilena al capitalismo integrale”, sarà la guerra civile? O quelle stesse forze popolari su cui parzialmente si reggeva Allende mostreranno di essere state narcotizzate e rese impotenti ed inermi dall'illusione legalitaria e pacifista, al punto di non sapere né potere reagire? Nell'un caso o nell'altro, la decisione è legata, inesorabilmente, alla spada. Si tragga almeno dalla tragedia allendista – avevamo scritto quindici giorni fa nel presagio di quanto maturava nel grembo della storia – la conferma della necessità della violenza rivoluzionaria e del terrore! Apprendano la dura lezione i proletari delle grandi metropoli imperialistiche, le plebi contadine ed operaie dei paesi “arretrati”!

Non c'è, non può esserci, via di mezzo.

 

 

(“il programma comunista”, n.17 del 12/9/1973)

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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