DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

I problemi economici del capitalismo globale sono ora avvertiti sempre più chiaramente anche dalla classe operaia delle metropoli, che nei decenni post-bellici è stata viziata da una relativa prosperità. Oltre agli attacchi sociali e alla pressione sui salari reali, già in calo da anni con il risultato di scaricare così la crisi strutturale del capitale sulla classe proletaria, un altro aspetto della crisi capitalista sta diventando sempre più grave: l'inflazione galoppante.

L'inflazione galoppante

In primo luogo, gli affitti sono sempre più alti a causa della situazione di tensione del mercato immobiliare e del disperato tentativo del capitale di realizzare in questo settore profitti, da tempo impossibili in altri settori. Questo ha causato grandi problemi finanziari a molte persone e soprattutto famiglie e ha condotto alla cosiddetta “gentrificazione” – l'espulsione di intere fasce di popolazione da aree residenziali ricercate – la cui fine è tutt'altro che in vista! I prezzi immobiliari alle stelle non esprimono più il valore reale, ma hanno creato una bolla che ora, con la crisi e in tempi di nuovo aumento dei tassi di interesse, rischia di scoppiare, trascinando ulteriormente l'economia nel baratro, come abbiamo già sperimentato con le crisi immobiliari degli ultimi decenni.

A ciò si aggiungono gli alti prezzi dei generi alimentari e i costi dell'energia e di molti altri beni: l'inflazione ha ormai raggiunto livelli vertiginosi: ufficialmente, era tra il 7 e l'8% a metà del 2022, ma per la maggior parte delle persone a basso e normale reddito l'aumento è molto più evidente e di fatto già a due cifre percentuali. In Germania, si tratta del tasso di inflazione più alto degli ultimi 40 anni, anche se allora gli aumenti salariali erano molto più alti di adesso. Sempre più persone hanno difficoltà ad arrivare a fine mese o sono costrette a ridurre il proprio tenore di vita, come dimostrano le lunghe code ai banchi alimentari. L'economista Tom Krebs dell'Università di Mannheim avverte addirittura che nel peggiore dei casi potrebbe verificarsi una crisi economica “come quella che la Germania (occidentale) non ha mai vissuto dalla Seconda Guerra Mondiale”.

Per i media borghesi, il colpevole dei problemi economici è rapidamente trovato: ieri la pandemia, oggi Putin, che sta trascinando l'economia mondiale nel baratro con la “sua guerra”, condotta dai centri di controllo di Mosca. Il 13 giugno, la rivista “Focus” ha pubblicato un articolo intitolato “Ci sono due colpevoli per la distruzione della prosperità. Nessuno dei due è a Mosca”. Da un lato, le banche centrali (BCE e Bundesbank) vengono identificate come “colpevoli”; dall'altro, scrive l'autore, “entrambe le mani di ogni politico di governo sono attualmente rivolte indegnamente in direzione del Cremlino, così che non rimane alcuna mano per raggiungere il proprio naso”.

Ma ciò che viene completamente dimenticato è di dare un nome a ciò che, secondo l'ideologia dominante, non dovrebbe essere: non sono le “politiche sbagliate”, non sono i "politici avidi o incompetenti", ma sono gli stessi rapporti capitalistici, la crisi strutturale del Capitale a partire dalla metà degli anni '70 del ‘900 (vale a dire dopo la fine della ripresa del dopoguerra), che portano a crisi sempre nuove. I politici stanno reagendo a questa situazione con misure sempre più disperate e la politica della BCE fa la sua parte. Anche le guerre attuali sono un'espressione di questa crisi, ma ne parleremo più avanti...

È vero che nel capitalismo ci sono “maschere caratteriali” che portano una responsabilità personale per le crisi, le guerre e la miseria e che un giorno potrebbero essere chiamate a risponderne – ma sarebbe una pericolosa illusione credere che con politici “migliori” non ci sarebbero crisi, guerre e miseria. In altre parole: la BCE non ha agito nel vuoto quando, secondo l'articolo in questione, ha “pompato circa altri sei trilioni di euro nel mercato dalla crisi finanziaria globale del 2008” e altrettanto poco con la politica dei bassi tassi di interesse. Piuttosto, esprime l'impotenza della politica borghese a far fronte alla crisi strutturale del capitalismo, che a sua volta porta a gravi conseguenze, come abbiamo già ampiamente analizzato in numerosi articoli (ad esempio, nel nostro “Corso del capitalismo mondiale”). Anche il citato articolo di “Focus” affronta almeno alcuni dei problemi di questa politica: “Questo eccesso di denaro si sta ora scaricando sull'inflazione. Il professor Hans-Werner Sinn valuta questo overhang a cinque trilioni di euro e dice: 'I cinque trilioni di euro sono polveriere nella cantina della BCE'”. In altre parole: a forza di pompare sempre più denaro nei mercati, l'euro varrà presto quanto il denaro dei giochi da tavolo. Questi effetti si manifestano con un certo ritardo e a volte hanno bisogno di una scintilla, tanto che l'attuale guerra in Ucraina può effettivamente apparire ad alcuni lacchè come la causa dell'alta inflazione. Il peso principale dell'inflazione è - come quasi sempre – a carico della classe proletaria.

Il legame tra crisi e guerra

Mentre per molti di noi si tratta “solo” di far quadrare i conti, per molte persone nel mondo che vivono in zone di guerra si tratta direttamente dell'integrità e della sopravvivenza fisica. Non dimentichiamo le molte guerre scoppiate negli ultimi decenni, molto prima dell'attuale conflitto in Ucraina (fra cui, l'attacco della NATO alla Jugoslavia, l'Iraq, l'Afghanistan, la guerra in Siria, lo Yemen e le innumerevoli guerre commerciali)! Anche in questo caso, il problema non sono alcuni politici, come suggerisce un articolo, difficilmente superabile quanto a ridicolaggine,  della “Welt” del 22 febbraio e intitolato “Quando la lotta è inevitabile, bisogna colpire per primi”, in cui si descrive nei minimi particolari come Putin avrebbe già... rotto la gamba a un compagno di scuola all'età di 14 anni e sarebbe quindi un personaggio particolarmente aggressivo e violento!... Sono le condizioni capitalistiche che portano alla guerra, soprattutto in una fase di crisi accentuata. La crescente pressione competitiva porta le singole nazioni a lottare per la supremazia. Seguono conflitti, fino alle guerre commerciali tra nazioni a livello internazionale. E dopo una spirale di escalation sui mercati delle materie prime e delle vendite, nonché sulle sfere di influenza, segue la “continuazione della politica con altri mezzi”: la guerra aperta.

L'attuale guerra in Ucraina, scoppiata direttamente al confine tra la NATO e la Russia, lo dimostra molto chiaramente: si tratta in realtà dell'espansione della NATO verso est, della questione di chi possa avere accesso economico e politico (o almeno influenza) sull'Ucraina e su altri Paesi dell'Europa orientale – l'UE e gli USA o la Russia Si tratta quindi direttamente di interessi militari, economici e politici, che sono spietatamente rappresentati da tutte le parti. Mentre l'Occidente si prepara da tempo a posizionare l'Ucraina come carne da cannone contro la Russia e a metterla al suo posto, la Russia ha reagito all'escalation in atto dal 2014 con una guerra aperta che non può essere definita tale, almeno nel suo Paese. La guerra è accompagnata da sempre nuove forniture di armi e campagne di propaganda, in cui l'Occidente non deve sporcarsi le mani, ma lascia che la classe proletaria ucraina si dissangui (e soprattutto non rischia un confronto diretto con la Russia, fino a una guerra nucleare).

La posizione della Sinistra sulla guerra

Nel frattempo, anche la sinistra borghese è salita sul carro del sostegno occidentale alla guerra (compresa la parte di questa corrente che sostiene lo Stato e che si considera radicale). Un'altra parte, a sua volta, sostiene la Russia, seguendo liberamente il motto: “Il nemico del mio nemico è mio amico!”.

Al contrario, fin dalla prima guerra mondiale imperialista, la linea di demarcazione tra le organizzazioni reazionarie che sostengono lo Stato da un lato e le organizzazioni rivoluzionarie di sinistra dall'altro è stata chiaramente tracciata dal principio del “disfattismo rivoluzionario”. In un conflitto bellico tra due schieramenti borghesi-capitalisti, questo significa non schierarsi se non con la classe proletaria internazionale, cioè difendere la fraternizzazione della nostra classe in tutte le nazioni coinvolte (in questo caso, soprattutto quella ucraino-russa, ma anche quella europea e quella statunitense) e soprattutto pugnalare alle spalle la propria borghesia senza mezzi termini. Come in ogni guerra, entrambe le parti cercano di giustificare il proprio comportamento: l'Occidente definisce la Russia l'unico aggressore e allontana da sé ogni responsabilità per l'escalation di questo conflitto, e la NATO appare improvvisamente come l'angelo della pace – la Russia, invece, non vede altra possibilità che difendersi dalle incessanti provocazioni occidentali entrando in guerra. Chiunque, presunto uomo di sinistra, cada nella trappola di schierarsi con una delle due parti diventa un sostenitore della guerra e come tale deve essere combattuto con tutti i mezzi – proprio come tutte le altre forze che sostengono lo Stato.

Che cosa fare contro crisi, guerra e inflazione

In questa situazione di crisi, guerra e inflazione, qui brevemente tratteggiata, la risposta della classe operaia può essere una sola, la cosa semplice che è così difficile da fare: organizzarsi nei luoghi di lavoro e nei quartieri e riprendere il cammino della lotta di classe attraverso il mezzo che provoca i maggiori danni allo Stato e al Capitale – lo sciopero a tempo indeterminato, che paralizza la produzione di profitto e può quindi mettere in ginocchio il nemico di classe e porre così fine sia alle guerre in corso che agli attacchi economici in atto. Naturalmente, sappiamo bene che la nostra classe si trova attualmente in una situazione di difesa, disorganizzazione e debolezza. Tuttavia, è necessario sottolineare la forza che avremo se ci solleveremo insieme e mostrare una prospettiva corrispondente.

Quello che sta accadendo ora è purtroppo l'opposto. Da un lato, il proletariato è disorientato, e dall'altro i sindacati ufficiali e formalmente indipendenti sono saldamente integrati nell'apparato statale borghese e stanno perseguendo una politica di partenariato sociale, come possiamo vedere dagli attuali accordi salariali (secondo il WSI della Hans-Bòckler-Stiftung https://www.wsi.de/de/abschluesse-37240.htm).

Per l'industria della stampa, ad esempio, Ver.Di ha negoziato il 2% dal 1° maggio 2022 e l'1,5% dal 1° maggio 2023. Per l'industria siderurgica, IG Metall ha assicurato il 6,5% per 18 mesi (4,3% all'anno). Grazie a Ver.Di, i lavoratori dell'industria energetica riceveranno un aumento salariale del 3,3% dal 1° aprile 2022 e del 2,2% in più dal 1° marzo 2023. Per il settore delle pulizie degli edifici, grazie al sindacato di settore, ci saranno: 9,7% in più dal 1° ottobre 2022 (per 2 anni=4,9%) e aumenti di scatto del 3,2% dal 1° gennaio 2024. Per il settore alberghiero e della ristorazione in Baviera, dopo 23 mesi zero (da maggio 2020 a marzo 2022), il sindacato di settore ha negoziato il 7,5% dal 1° aprile 2022 (in media), per il gruppo retributivo più basso un ulteriore 1,3% dal 1° ottobre 2022 e il 3,2% dal 1° marzo 2023. Nel settore dei trasporti privati, Ver.Di ha ottenuto un aumento medio dei salari e degli stipendi del 5,2/4,9% (operai/impiegati) a partire dal 1° marzo 2022 per un periodo di 18 mesi (ovvero per 1,5 anni). Nell'industria dolciaria dell'Est, il sindacato di settore ha ottenuto il 2,6% in media dal 1° febbraio 2022 e un aumento di scatto del 2,3/1,5% (gruppi retributivi A-D/da E) dal 1° novembre 22/1° novembre 2023, con scadenza al 30 novembre 2023. Grazie all'IG Metall, l'industria tessile dell'Est otterrà il 4,1% dal 1° ottobre 2022, l'1,5% dal 1° novembre 2023 e l'1,5% dal 1° novembre 2023. Infine, grazie a Ver.Di, il settore assicurato riceverà il 3,0% dal 1° settembre 2022, un ulteriore pagamento una tantum di 500 euro nel maggio 2023 e un aumento del 2,0% a partire dal 1° settembre 2023 per un periodo di 26 mesi fino al 31 marzo 2024 [1].

Riassumendo: in gran parte estremamente bassi, gli aumenti salariali più elevati (se le cifre, in parte elevate, sono annualizzate) rimangono comunque a circa il 50% del tasso di inflazione ufficiale, come il 4,3% dell'industria siderurgica o il 4,9% per la pulizia degli edifici. Inoltre, alcuni accordi hanno una durata di 4 anni, durante i quali non possono essere rinegoziati.

L'azione concertata

Oltre alla consueta politica di partenariato sociale dei sindacati di regime, il governo federale cerca sempre di coinvolgere i rappresentanti dei sindacati e dei datori di lavoro per chiedere pubblicamente una limitazione dei salari. L'“azione concertata” condotta all'inizio di luglio mirava a “mitigare l'alta inflazione e le perdite di reddito”, in parte attraverso misure governative, in parte attraverso accordi salariali. Tuttavia, come suggerisce la citazione, si tratta in realtà di accontentarsi di perdite di reddito. Anche se l'organizzazione sindacale ombrello DGB (Deutscher Gewerkschaftsbund - Confederazione tedesca dei sindacati) coinvolta nell'incontro non può di fatto condurre la contrattazione collettiva ed è impotente senza l'accordo dei singoli sindacati membri, questo incontro ha avuto un carattere molto più che simbolico. Invece di guardarsi il naso e lottare per accordi salariali più elevati all'interno dei sindacati, la leader del DGB Yasmin Fahimi, fino a poco tempo fa membro del gruppo parlamentare della SPD, ha chiesto ulteriori pacchetti di sgravi al suo collega di partito e al Cancelliere Scholz poco dopo l'incontro.

Sappiamo che il percorso di ripresa della lotta di classe sarà lungo e difficile, accompagnato da molte sconfitte ma anche da piccoli successi ripetuti. Solo da questa dinamica di lotta potranno emergere nuove strutture sindacali, che non possono essere costruite artificialmente a tavolino, ma che sono urgentemente necessarie per difendersi con successo dalla superiorità dello Stato, del Capitale e di tutte le organizzazioni fedeli al regime e per ottenere un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe proletaria. Sappiamo anche che lo Stato farà di tutto per rallentare questo processo, attraverso tentativi di integrazione e criminalizzazione.

Noi siamo al fianco della nostra classe per sostenerla nel suo difficile percorso.

[1] Ricordiamo che Ver.Di è la seconda confederazione sindacale del Paese e che IG Metall  è il sindacato dei metallurgici.

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