DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Dopo le rivolte in Grecia e a Riga e l’assalto al parlamento islandese, è stato il turno dei cosidetti Dipartimenti d'oltremare (Dom), gli ex possedimenti coloniali francesi che comprendono la Guyana francese e le isole Antille: Martinica e Guadalupe, oltre all’isola di Réunion, nell’Oceano Indiano. In questi territori, che sono sotto il controllo economico e giurisdizionale francese, i problemi economici hanno determinato l’esplodere di forti contrasti sociali. Dopo le massicce proteste esplose nella scuola, nelle università e nelle realtà ospedaliere, il livello della tensione raggiunto nei territori d’Oltremare ha toccato limiti preoccupanti per Sarkozy, che ha avuto scarse possibilità di arginare il malcontento sociale, e soprattutto le rivolte scoppiate in queste lontane… periferie!

Gli scioperi sono iniziati ai primi di dicembre 2008 in Guadalupa, nel settore dei trasporti: in seguito all’aumento del prezzo del carburante, e dopo che un gruppo di autotrasportatori aveva bloccato per tre giorni tutte le strade del paese, chiedendo una riduzione dei prezzi. La richiesta veniva accettata, ma la società di raffinazione Sara, che ha il monopolio per la distribuzione dei prodotti petroliferi nelle Antille, otteneva in cambio 3 milioni di euro in sovvenzioni dagli enti locali. Nel corso del mese, ripartono le manifestazioni, sostenute dai sindacati. La protesta mostra il volto di un paese doppiamente penalizzato dalla crisi economica: in Guadalupa, in Martinica e in tutti i Dipartimenti d'oltremare, la media dei salari è infatti nettamente inferiore a quella dei francesi “della metropoli”. Più precisamente, il reddito medio pro capite è del 27% inferiore a quello francese; la disoccupazione è del 25%; il numero delle persone che ricevono sussidi di povertà è cinque volte più alto che in Francia; il costo della vita è superiore del 30 o 40%; tra il 2007 e il 2008, il prezzo del burro è aumentato fino al 59% in più, quello del latte fino al 48%, quello della pasta fino all'87%; il prezzo della benzina è 5 volte più caro che a Parigi. In sintesi, l'inflazione è salita del 70% nel 2008, mentre i salari sono cresciuti – si fa per dire! – del 3%.

Tutti questi territori, poi, sono costretti a destinare i propri terreni agricoli alla monocoltura per la produzione e l’esportazione di banane e noci di cocco, sotto il controllo delle multinazionali; ma allo stesso tempo hanno la necessità di importare cereali a prezzi esorbitanti. Così, l’uno per cento della popolazione possiede il 52% delle terre agricole e il 90% delle ricchezze industriali: sono i béké, gli abitanti bianchi della Guadalupa, eredi degli schiavisti e dei colonizzatori.

Per portare avanti la lotta, si forma un coordinamento, il collettivo LKP (“contro lo sfruttamento a oltranza”), composto da 46 organizzazioni sindacali, associative, politiche e culturali, unite in un’ampia (anche troppo!) e articolata piattaforma (oltre 140 punti!), che tocca tutti gli ambiti della società. Le organizzazioni principali del LKP, sia in termini numerici sia di indirizzo, sono l’Ugtg (Union générale des travailleurs de Guadeloupe) che sostiene l'indipendenza dalla Francia, e la Cgtg (Conféderation generale des travailleurs de Guadaloupe), il secondo sindacato del paese. L’LKP proclama uno sciopero generale ad oltranza a partire dal 20 gennaio, con obiettivi principali un aumento salariale di 200 euro per tutti e la riduzione dei prezzi dei beni di prima necessità, e, in generale, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Lo sciopero a oltranza si estende dalla Guadalupe alla Martinica e alla lontana isola di Réunion. Quindici giorni dopo l'inizio dello sciopero, un accordo sembra accettabile per l’Lkp: prevede un aumento di 200 euro, coperti in parte dalle sovvenzioni e dagli esoneri di tasse consentiti dallo stato. Ben presto, però, il negoziatore governativo viene richiamato a Parigi, con la scusa che il governo non può sostituirsi al padronato per far aumentare i salari...! A questo punto, tutte le strade di Guadalupa vengono bloccate dai dimostranti, sostenuti dalla popolazione. Ci sono scene da guerriglia urbana, con gruppi di giovani esasperati ma bene organizzati, che affrontano la polizia, incendiano i negozi, li svuotano. Si arriva a un passo dall’insurrezione generale, come dichiara il responsabile dell’LKP. Dal lato del governo, dei padroni e delle collettività locali, ci si affanna per trovare soluzioni. I dirigenti sindacali si dibattono in mille contraddizioni di stampo riformista, localista e pacifista. Ma lo Stato non esita a mostrare il suo vero volto: un manifestante dell'LKP viene assassinato con un colpo d’arma da fuoco. Da quel momento, parte la rivolta, e la situazione assume presto le caratteristiche a cui ci hanno abituato i fatti delle banlieues parigine, delle rivolte per il pane del 2008, della Grecia, della Lettonia, ecc. Ma questa volta si è avuta una maggiore capacità di organizzazione operaia. Per esempio, viene ripresa la pratica della grève marchante, dello “sciopero in movimento”, arma tradizionale del movimento operaio: i manifestanti, a grandi gruppi, setacciano tutte le zone e fanno visita a tutte le fabbriche per assicurarsi che la parola d’ordine dello sciopero generale venga rispettata da tutti e per convincere gli scettici.
Dopo 44 giorni di sciopero, LKP raggiunge un accordo sui 200 euro con alcune organizzazioni padronali, ma non con il Medef (la Confindustria francese). Quando il rappresentante della Cgtg ha chiesto alla folla se intendeva tornare al lavoro l’indomani, la risposta unanime è stata: “Al lavoro non ci torniamo!”. Di fatto, però, il ritorno al lavoro è stato deciso dalle organizzazioni riformiste: La grève marchante è però ancora in cammino, se non altro per imporre l’osservanza dell’accordo.

Ovviamente, ci sono limiti che vanno superati: non potrebbe essere altrimenti, dato il lungo periodo di letargo della lotta di classe. Per esempio, le rivendicazioni classiste erano accompagnate da richieste di indipendenza e sviluppo economico locale che esprimevano gli interessi delle frazioni piccolo-borghesi presenti nel movimento. Da parte sua, la stampa locale, ben addomesticata, ha ricondotto le vicende a un risentimento puramente razziale, affermando che, dopotutto, questi territori “sono ex-colonie francesi”. In tutto il mondo, poi, la notizia è stata trattata con il minimo risalto: figurarsi se la borghesia vuole fare pubblicità al più lungo sciopero degli ultimi venti anni in Francia, che in più è riuscito a ottenere un aumento salariale di 200 euro e la riduzione dei prezzi di alcuni prodotti di prima necessità! In realtà, molte voci interne allo stesso LKP concordano sul fatto che quella dell’indipendenza è una “discussione di altri tempi” e, piuttosto, hanno sottolineato le analogie con altre due manifestazioni operaie finite nel sangue in Guadalupe: quella del 14 febbraio 1952, quando vennero uccisi diversi operai della raffineria Gardel nel corso di uno sciopero, e quella del maggio 1967, quando un centinaio di operai che chiedevano un piccolo aumento di salario furono ammazzati dai gendarmi e dai poliziotti venuti dalla “metropoli”.

Non si tratta infatti di negare la differente situazione economica tra metropoli e aree fornitrici di materie prime: il capitalismo si regge sullo sviluppo diseguale e combinato, per cui la ricchezza di certe aree si basa sullo sfruttamento di altre, e questo processo si inasprisce con l’imperialismo. Il punto è, però, che la soluzione non è nella creazione di “territori indipendenti”, destinati comunque a sottostare alle leggi oggettive dell’economia capitalistica, bensì nella fine del sistema che crea le diseguaglianze e lo sfruttamento. Il coraggio, la generosità e l’organizzazione dei proletari scesi in lotta per richiedere aumenti salariali e riduzione del carovita (obiettivi e metodi squisitamente classisti) sono ammirevoli e vanno salutati come i primi segni di riscossa del proletariato mondiale: ma i proletari “d’oltremare” dovranno guardarsi dagli “alleati” di un movimento troppo eterogeneo, dalle frange piccolo-borghesi che rivendicano il sostegno all’economia locale, sempre nell’ambito del capitalismo.

 

Non sono mancate numerose manifestazioni di solidarietà in tutta la Francia. Di fronte a questa emergenza, e temendo l’estendersi dei disordini e delle rivendicazioni a tutto il paese, il governo è stato costretto ad accettare le richieste dei lavoratori: Sarkozy ha ribadito l’impegno governativo per uno stanziamento di 580 milioni di euro da destinare alle fasce più povere. Intanto, insieme ai finanziamenti, arriveranno quattro squadroni di poliziotti nazionali armati di tutto punto, al fine di scongiurare altre fiammate di… orgoglio proletario. Ma, poliziotti o non poliziotti, noi siamo sicuri che altre fiammate si sprigioneranno. Ciò che manca, drammaticamente, in Guadalupe come altrove, è il partito rivoluzionario – l’elemento organizzativo e direttivo, in grado non solo di mostrare al proletariato mondiale i propri compiti storici (la presa del potere, l’instaurazione della dittatura proletaria), ma anche di dirigere le lotte di difesa delle condizioni di vita e di lavoro. Anche in questo senso, la Guadalupe è il mondo. 
 
 
Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2009)
INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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