DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(n.c.) Dando notizia, recentemente, delle manovre dei mandarini milanesi per l’espulsione degli organizzati comunisti dalle organizzazioni, prevedemmo facilmente che i casi posti in luce non sarebbero rimasti isolati e localizzati, in quanto li considerammo come i primi episodi di un “sistema”, dettato dall’Internazionale Gialla di Amsterdam, e messo in atto in Italia.

Questo sistema, del resto, trova già i suoi precedenti all’estero. Nell’ultima conferenza metallurgica tedesca, tutti i delegati comunisti furono espulsi! Inutile aggiungere che i nostri compagni, anziché fare il giuoco dei gialli costituendo un sindacato a parte, combattono con tutte le loro forze per restare nel seno dell’organizzazione. Anche nella stessa Germania la tattica che condusse alla cacciata generale dei comunisti, si manifestò dapprima con espulsioni individuali: appena un comunista veniva eletto dalla massa alla dirigenza di un sindacato, la Centrale lo radiava dalla organizzazione.

In Isvizzera lo stesso Congresso metallurgico, riunito a Berna, ha espulso, contro ogni norma statutaria i sei rappresentanti comunisti. Un operaio – l’episodio è recentissimo – che lamentava al segretario riformista R. Robert la sopraffazione compiuta ai danni dei comunisti, è stato preso a revolverate dallo stesso segretario, e gravemente ferito. Il mandarino svizzero, momentaneamente arrestato, è poi stato rimesso in libertà mediante cauzione di duemila franchi.

Intanto l’agitazione “contro le espulsioni” procede vivissima in Isvizzera. Da Berna, da Zurigo, da Sciafussa, da Ginevra, ci giungono quotidianamente notizie di numerosi comizi operai, convocati per protestare contro le deliberazioni del Congresso di Berna che, oltre all’offesa recata ai comunisti, costituiscono un diretto aiuto agli imprenditori e al governo reazionario, provocando esse pure contese nei sindacati.

In Francia, pur con diverso sistema, si ripetono gli stessi fatti. La “Confédération Général du Travail”, aderente ad Amsterdam, non procede ad espulsioni individuali, ma... collettive. Man mano che una organizzazione si pronuncia a maggioranza per l’Unione Internazionale dei Sindacati Rossi, viene radiata in blocco dalla Confederazione! Sistema infallibile per ottenere la unanimità dei consensi.

Questa tattica dei gialli è quindi – lo ripetiamo – generale, internazionale.

Quando la sinistra rivoluzionaria iniziò la sua opera di smascheramento contro i capi sindacali di Amsterdam, essi, padroni delle organizzazioni , tentarono di sventare questa campagna, diffamando i comunisti come seminatori di scissione nel campo sindacale. Fallito questo tentativo colla dimostrazione, che, in ogni paese, i comunisti scendono in lotta per l’unità proletaria, l’Internazionale gialla continuò e continua a proclamarsi pur essa propugnatrice della unità. Ma i fatti hanno dimostrato come, appena i dominatori socialdemocratici si sono sentiti da ogni parte pressati dagli attacchi comunisti, abbiano iniziato in ogni nazione un’opera ostruzionistica contro la realizzazione dei voti proletari e una ordinata offensiva per la cacciata dei comunisti dai sindacati.

Questi stessi concetti sono già stati chiaramente affermati nelle tesi su “L’Internazionale Comunista e il Fronte unico” – pubblicate sui nostri quotidiani – che furono adottate dall’Esecutivo dell’Internazionale Comunista il 18 dicembre 1921. Esse illustrano l’atteggiamento da adottare verso gli operai aderenti alle Internazionali “Due” e “Due e mezzo” e a quella di Amsterdam, nonché verso gli operai aderenti alle organizzazioni anarchiche e sindacaliste. Precisamente le tesi, ai punti 5 e 6, prospettano luminosamente il profondo contrasto fra il proletariato rivoluzionario e i funzionari socialdemocratici e la tattica di inganni e di tradimenti di questi:

5) Quando cominciò la protesta organizzata e cosciente dei lavoratori contro il tradimento dei capi della Seconda Internazionale, questi erano i padroni di tutto il meccanismo delle organizzazioni operaie. Essi invocarono l’unità e la disciplina operaia per soffocare la protesta dei proletari rivoluzionari e per consegnare senza ostacoli tutta la potenza della classe operaia al servizio dell’imperialismo nazionale. In queste condizioni la sinistra rivoluzionaria era obbligata a conquistare da sé, ad ogni costo, la propria libertà di azione e di propaganda, cioè la libertà di spiegare alle masse operaie il tradimento perpetrato e che continuano a perpetrare i partiti e i sindacati formati dalle masse operaie stesse.

6) Dopo essersi assicurata una completa libertà di azione e di influenza, i partiti comunisti si sforzano oggi in tutti i paesi dei realizzare una unità delle masse operaie più larga e intelligente che sia possibile, nell’azione politica. I particolari di Amsterdam e quelli della II Internazionale sostengono anch’essi l’unità, ma a parole; i loro atti sono profondamente diversi dalle parole. Non essendo riusciti a soffocare nelle organizzazioni la protesta e l’appello rivoluzionario, i riformisti, avidi di compromessi, cercano ora di uscire dall’imbarazzo in cui si sono cacciati, seminando la disorganizzazione, la scissione e facendo l’ostruzionismo in tutte le lotte del proletariato. Attualmente, uno dei compiti più importanti dei comunisti è di divulgare e smascherare queste nuove forme del tradimento riformista.

Noi abbiamo quindi sollevato, con la esposizione di alcuni casi avvenuti a Milano, una delle questioni più direttamente interessanti il proletariato. In Italia siamo ora agli inizi dell’offensiva socialdemocratica anticomunista. Ma l’offensiva si svolgerà ben presto, come già in Germania, in Svizzera, in Francia, in tutto il suo sviluppo. Di già, ai casi citati, altri se ne sono aggiunti a Milano, che non val la pena di ricordare singolarmente poiché essi rappresentano altrettante infrazioni agli statuti sindacali, simili a quelle già menzionate, che sono tutte strettamente collegate in un unico piano. Ed altre – insistiamo – ne avverranno. A Milano, i migliori nostri operai sono radiati dai quadri confederali. Ma la loro radiazione è... soltanto sulla carta. Ché essi resistono e lottano per restare, entro i sindacati, in mezzo ai loro compagni di lavoro, a recar la parola dell’unità proletaria, propugnata dal Partito comunista.

Al proletariato rivoluzionario d’Italia spetta ora fiancheggiare con tutte le sue forze la battaglia dei compagni operai che la socialdemocrazia d’Italia – non ancora al Governo – tenta condannare in esilio dai sindacati, in attesa di poterli meglio condannare ed esiliare “legalmente” allorquando sarà giunta alla sua meta fatale; il potere politico in collaborazione con la borghesia.

 

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