DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Grande scalpore ha suscitato qualche settimana fa (per poi cadere nel dimenticatoio, come è tipico della “notizie scandalose” che riguardano la “civiltà” borghese) l’annuncio che negli Stati Uniti è stato ammesso l’uso del Prozac, medicinale antidepressivo ad ampio spettro, anche per i bambini. Di fronte al dilagare di disturbi psichici e in particolare di quella squisita patologia da “disagio socia-le” che è la depressione, la società del profitto e della competizione, dell’“uomo lupo all’uomo”, al-larga le braccia e dichiara la propria colpevole impotenza, esclamando: “Se non altro rendiamoli i-noffensivi, facciamoli stare buoni”. Così, generazioni di puberi imbesuiti e di adolescenti rincitrulliti trascorreranno gli “anni migliori della loro vita”, preparandosi a prendere il proprio posto nelle schie-re coatte che in tanto vivono in quanto servono al capitale. Grande scandalo, naturalmente. Perché, nel cinismo della cultura borghese, il “fanciullino” con la sua “pargoletta mano” è pur sempre al centro della lacrimevole retorica buonista: si sa, i figli “so’ pezz’ ‘e core”, ecc. ecc. Noi marxisti, che abbiamo avuto la fortuna di svezzarci non a suon di Prozac, ma dell’Origine della famiglia, della proprietà privata, dello Stato, sappiamo bene quali meccanismi stiano dentro alla bella famigliola mononucleare borghese, ai suoi drammi individuali e collettivi, al suo essere serbatoio di forze psicofisiche per l’estrazione di pluslavoro (e dunque plusvalore) e al tempo stesso bidone di rifiuti di tutte le frustrazioni, insoddisfazioni, nevrosi, generate non da un D-NA difettoso (come la biologia più reazionaria vuol far credere) ma da un modo di produzione difet-toso. Soprattutto, poiché la nostra memoria (memoria di Partito, e non fievole e fallace memoria in-dividuale) funziona bene e non è obnubilata da psicofarmaci e antidepressivi, ci ricordiamo perfet-tamente dell’uso capillare dell’oppio all’epoca della Rivoluzione Industriale, in Inghilterra: quando generazioni intere di bambini venivano fatte “star buone” perché i genitori potessero dare il proprio pluslavoro (plusvalore) indisturbati al Capitale. Una delle tante tragedie epocali, uno dei tanti au-tentici genocidi, di cui s’è macchiato quel Capitale che è sempre così pronto a versar lacrime su que-sta o quella morte eccellente. Dall’oppio al Prozac, dunque, il ciclo è uno solo – è la storia della società capitalistica. E’ la versione farmacologica di quel controllo sociale, di quel rimbecillimento ideologico, di quell’imbottimento re-ligioso dei crani, che si attuano a tutti i livelli, in maniera sempre più sofisticata e spietata, a mano a mano che il capitalismo avanza nella sua fase imperialista e putrefatta. E naturalmente, perché es-so sia efficace, bisogna andare sempre più indietro nel tempo dell’individuo: non basta intervenire sull’individuo adulto, bisogna “prevenire”, tenerlo ben stretto anche quando è giovane, adolescen-te, bambino – finché il Prozac o che altro non verrà dato alle stesse gestanti, come puro “antidoto”. La parola d’ordine è duplice: nascondere il disagio sociale e creare masse d’individui fragili, obbe-dienti e dipendenti. Perché la paura è duplice: che il “male di vivere” possa in qualche misura (anche minima) inceppare il processo di estrazione del plusvalore e che l’insoddisfazione e la sofferenza ven-gano alla luce in maniera dirompente e contribuiscano a far bollire il magma della ribellione. A quel punto, finalmente, non ci saranno oppio o Prozac in grado di “tener buoni”.

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2003)

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