DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Se un tedesco sotto Guglielmo [imperatore di Germania dal 1871 al 1888 – NdR] o un francese sotto Clemenceau [presidente del consiglio francese durante la I guerra mondiale - NdR] dicesse: io, come socialista, ho il diritto e il dovere di difendere la mia patria se il nemico ha invaso il mio paese — questo non sarebbe il ragionamento né di un socialista, né di un internazionalista, né di un proletario rivoluzionario, ma la dichiarazione di un nazionalista piccolo-borghese. Perché in questo ragionamento scompare la lotta di classe rivoluzionaria dell'operaio contro il capitale; scompare la valutazione di tutta la guerra nel suo assieme dal punto di vista della borghesia mondiale e del proletariato mondiale; scompare cioè l'internazionalismo e non rimane che un misero, fossilizzato nazionalismo. Si fanno dei torti al mio paese, il resto non mi riguarda: ecco a che si riduce questo ragionamento, ecco dove risiede la sua grettezza nazionalista piccolo-borghese. Esattamente come se, di fronte alla violenza individuale esercitata contro una persona, qualcuno facesse il seguente ragionamento: il socialismo è contro la violenza, quindi preferisco commettere un tradimento anziché andare in prigione.

Un tedesco, un francese o un italiano il quale dice: il socialismo è contro la violenza verso le nazioni, quindi, allorché il nemico invade il mio paese, io mi difendo, tradisce il socialismo e l'internazionalismo. Perché questo individuo vede unicamente il proprio «paese», pone al di sopra di tutto la “sua”... “borghesia”, senza pensare ai legami internazionali che fanno della guerra una guerra imperialista, e della sua borghesia un anello della catena delle rapine imperialiste.

Tutti i piccoli borghesi e tutti i contadini ottusi e ignoranti ragionano precisamente come ragionano i rinnegati kautskiani, longuettisti, Turati e C. [tutti esponenti dell’opportunismo socialdemocratico contemporaneo - NdR], e precisamente: il nemico è nel mio paese, il resto non mi riguarda.

Il socialista, il proletario rivoluzionario, l'internazionalista ragiona altrimenti: il carattere di una guerra (è essa reazionaria o rivoluzionaria?) non è determinata dal fatto: chi ha attaccato e in qual paese si trova il “nemico”, ma dipende da questo: quale classe conduce la guerra, di quale politica la guerra è la continuazione. Se la guerra è una guerra reazionaria, imperialista, se è condotta cioè da due gruppi mondiali della borghesia imperialista, aggressiva, spoliatrice, reazionaria, ogni borghesia (anche se di un piccolo paese) diventa partecipe della spoliazione, e il mio dovere, il dovere di un rappresentante del proletariato rivoluzionario, è quello di preparare la rivoluzione proletaria mondiale, unico mezzo di salvezza dagli orrori della guerra mondiale. Non devo ragionare dal punto di vista del “mio” paese (poiché questo ragionamento è quello di un misero cretino, di un piccolo borghese nazionalista che non comprende di essere uno zimbello nelle mani della borghesia imperialista), ma dal punto di vista della mia partecipazione alla preparazione, alla propaganda, al lavoro per rendere più prossima la rivoluzione proletaria mondiale.

Ecco che cos'è l'internazionalismo, qual è il dovere dell'internazionalista, dell'operaio rivoluzionario, del vero socialista. Ecco l'abbicci che il rinnegato Kautsky “ha dimenticato”.

(da Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, 1918)

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