DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Un tizio, del quale probabilmente porta sfortuna citare il nome, scrive, sul Sole-24 ore del 4 gennaio scorso nientemeno che un articolo di analisi sull’origine delle guerre. Chiave di lettura: “Geni e cultura”.

Non era difficile immaginare che del darwinismo - accettato con entusiasmo da Marx ed Engels che vi videro il trionfo del materialismo dialettico nelle scienze della natura, dopo che essi stessi l’avevano applicato alle scienze sociali - la scienza borghese facesse strame man mano che la crisi sociale attanagliava menti e “programmi di ricerca” indirizzando le une e gli altri verso ideologie reazionarie.

Era nell’ordine delle cose che, qualora il darwinismo fosse applicato alle questioni sociali, acutissimi scienziati si affaccendassero per dimostrare l’inutilità e la fallacia del materialismo storico e la pertinenza invece dell’indeterminismo idealistico o del meccanicismo. Il materialismo meccanicista, del quale Engels poteva intonare a buona ragione il De Profundis in numerosi suoi scritti, ricompare da tempo come chicca da offrire a quei bulimici intellettuali critici noti collettivamente come sinistra neodarwiniana, affamati di ogni demolizione del marxismo, sotto forma di “pulsioni adattative”, di “influenze di carattere genetico”, di “pressioni selettive atte a creare una moralità solidaristica generale” ecc. ecc.

Lotta di classe? Organizzazioni politiche rivoluzionarie? Dominio del lavoro morto sul lavoro vivo, cioè del capitale sull’uomo, e rovesciamento della prassi? Tutto ciò schifa al borghese, grande e piccolo, così come gli fa orrore l’idea che esistano nella società leggi immanenti che scaturiscono dai rapporti di produzione e che manovrano di conseguenza inconsapevoli mani e teste. Per il neodarwiniano ben altre sono “le secrete cose” dentro alle quali vuol condurre lo smarrito viandante. Le guerre (e qui certamente gira, nell’anticamera del cervello dell’autore, anche e soprattutto la guerra di classe) sono evitabili solo per mezzo dello “strumento culturale internazionalista” che però, mancando di una base genetica, ha una “intrinseca fragilità” e che comunque “dovrebbe essere attentamente gestito quale processo culturale diffuso e permanente”. Egli piange perciò “il dramma biblico dell’evoluzione di una condizione ecologica umana postindustriale inevitabilmente multirazziale che richiederebbe alti livelli di tolleranza e solidarietà”.

Lasciamo questo poveretto riflettere sui suoi condizionali; invitiamolo a presentare il conto delle sue ricerche al Pentagono, o in qualche favela brasiliana.

Quanto a noi, materialisti dialettici, abbiamo un programma sicuro per il futuro, il futuro che verrà dopo l’abbattimento violento e rivoluzionario di questa società imputridita nelle ossa e nei cervelli. Quello di riunire tutta questa porcheria, di cui proverebbe imbarazzo anche Thomas Huxley, il “mastino di Darwin”, in un edificio senza porte e senza finestre, con un’insegna esterna a perenne monito dell’umanità: “Museo della vergogna”.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2004)

 

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