DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

SCENARI TECNOLOGICI

Per «informatica» si intendono processi complessi che non si riferiscono soltanto alle «condizioni di lavoro» in senso stretto. Ecco perché, di fronte al fenomeno, assistiamo a prese di posizione fra le più variegate, da quelle politiche a quelle sociologiche, e, perche no?, a tutta una serie di «speranze», se non altro perché c'è sempre qualcuno a cui far credere che le moderne tecnologie non debbano per forza essere «ad alto costo energetico" e quindi ci si possa cullare nell'illusione di una tecnologia «dolce», compatibile con le leggi del mercato.
A conferma, val la pena di addentrarsi nelle teorizzazioni che gli «esperti» vendono ai rispettivi padroni; e ci riferiamo in particolare agli «scenari tecnologici», che in questi ultimi anni sono stati in vario modo regolarmente propagandati e che hanno in comune il fondamentale obiettivo di scoprire un sistema per evitare che le contraddizioni sociali mandino all'aria la «carretta» dall'alto della quale lor signori pontificano, inquinano, sfruttano, ecc.
Visto che la sacra persona (sacra solo se borghese, ovviamente!) non ce la fa - pensano costoro -, perché non rivolgersi al computer, al super-cervellone al quale, com'è noto, nulla sfugge; al quale anzi, si aggiunge, tutto è possibile?
Per noi marxisti, il capitale si trova da sempre di fronte ad una fondamentale contraddizione: non sempre le esigenze della produzione di merci vanno d'accordo con quelle del mercato. Alla stessa conclusione, pero, arriva anche il capitalista intelligente (sebbene, com'è ovvio, non lo gridi ai quattro venti e, soprattutto, non tiri le nostre stesse conclusioni). E’ logico quindi che egli straveda per le nuove tecnologie, che gli permettono di pensare ad un "controller” delle contraddizioni produzione-mercato nella speranza di giungere a un compromesso regolatorio di forze che continuamente gli sfuggono di mano. Eccolo allora rivolgersi al moderno demiurgo!
Queste sue illusioni partono dalla premessa che le mansioni di controllo sul e del calcolatore fanno sempre più riferimento ad un processo produttivo in cui il lavoro diventa sempre più «astratto» nel senso che, mentre prima ogni tecnica abbisognava di una mansione specializzata, ora, attraverso l'informatica, la cosa tende ad essere posta in altri termini: le mansioni sono/rimangono di comando e controllo su una macchina, e questa svolge i lavori particolari. D'altronde queste stesse mansioni finiscono per rendere il lavoro sempre più interdipendente, e richiamano, all'interno dello stesso lavoro, anche più conoscenze sociali. C'è quindi, come conseguenza, un processo produttivo sempre più socializzato. Noi marxisti riconosciamo questo carattere sociale, cogliendone però le contraddizioni, mentre il capitale (ecco perché ad un certo punto le sue sono illusioni) è costretto a subire le contraddizioni da esso stesso create, anche se è indubbio che cerca di superarle a proprio fine. Non è strano quindi che si aspetti mirabilia dal calcolatore e cerchi di programmare la società nel suo complesso. Solo che non è in grado di sfruttare razionalmente tutte le risorse che una società più «sociale» mette a sua disposizione.
E’ questa una certezza che ci deriva da tutta la teoria marxista; ma, anche se così non fosse, ci basterebbe pensare alla fine che fanno regolarmente tutti i progetti i quali pretendono di pianificare il futuro della società e che, in genere, non vanno al di la ... della seconda ristampa editoriale!
Per non trasformare il tutto in un interminabile «saggio», veniamo all'esempio "concreto", limitandoci ad esaminare due di questi progetti, e, a questo scopo, sempre per non tirarla per le lunghe, utilizziamo un numero di SE (luglio/agosto '84), su cui è apparso uno studio di P.M. Manacorda, intitolato 1984, utopie e distopie tecnologiche.
Eccone un brano:
«Il progetto Jacudi nacque nel '72 come indicazione di una strategia economica globale per il Giappone. Si riconosceva in esso la impossibilità di un'economia industriale di proseguire attraverso la crescita illimitata della produzione di beni materiali, si esploravano le diverse alternative (produzione illimitata di beni di uso sociale, produzione illimitata di beni a carattere ludico) per concludere che l'unica possibilità era quella della produzione illimitata di beni a carattere informativo e culturale. […] «Per sostenere questa 'societa dell'informazione' era necessario innanzitutto 'creare una mentalità computerocentrica' [...] A ciò andava subordinata l'organizzazione del sistema educative [...] l'assistenza sanitaria [...], un modello standard di assistenza sanitaria a distanza». Insomma: «un progetto di razionalizzazione globale [...] di procedure standard nell'insegnamento, nell’assistenza sanitaria, nella circolazione stradale».
Sempre secondo il progetto, tutto doveva girare attorno al «Think tank center» ospitato in un gigantesco grattacielo al centro di Tokio. 

Quest'edificio doveva essere sede di «tutti i think tanks del paese, sia di origine statale che di origine privata» ed essere dotato di «tutti i mezzi da utilizzare in comune per realizzare in termini operativi nuovi strumenti di lavoro (modelli di programmazione di vario tipo, programmi speciali, impianti sperimentali, aggiornamento biblioteche)». In questopalazzone, insomma, si sarebbe dovuta modellare la società nel suo complesso: dalla politica alla diagnosi medica, dalla cultura alle scelte dei consumatori, e così via.
Troppo schematico, si concluse alla fine degli anni '70, e allora ecco farsi sotto due altri «esperti»: Nora e Mine, che sottopongono al Presidente della Repubblica francese un rapporto divenuto ben presto famoso (fu anche un best-seller: Convivere con il calcolatore, ed. Bompiani, 79):
«I suoi caratteri non sono più la trasparenza e la razionalità, bensì la flessibilita, la capacità di regolazione mobile e dinamica»". Il nuovo progetto si contrappone sia al marxismo, "progetto senza regolazione" perché «calato dall'alto» e troppo rigido, essendo tutto imperniato su una concezione della "produzione regolata dalla lotta di classe", sia al liberalismo tradizionale in quanto "regolazione senza progetto", in nome di un piano che non è definito una volta per tutte ma «si riassetta di continuo in base alle informazioni circolanti». Nora e Mine aggiungono: «Socializzare l'informazione significa dunque mettere in funzione i meccanismi che permettono di gestire e di armonizzare i vincoli e le libertà, il progetto "regale" e le aspirazioni dei gruppi autonomi. Significa favorire la formalizzazione dei dati in base ai quali la strategia centrale e i desideri della periferia possono trovare un accordo: quell'accordo grazie al quale società e Stato non solo si tollerano ma contribuiscono alla reciproca realizzazione»".
Com'è facile intuire da questa citazione, viene riproposta ancora una volta la ricetta del riformismo classico, secondo cui le masse, il popolo, «un'infinità di gruppi mobili» pongono i loro bisogni e tutti insieme li conciliano (anche se a conciliarli è il computer) sulla base di criteri di razionalità, bene comune, ecc.
Rapporti di forza?, lotta di classe?, dominio politico, economico, ideologico? Tutta roba vecchia! Basterà sfiorare un tasto ... Del resto: «La società dell'informazione» - scrive sempre Nora - «ponendosi al di là del mondo della produzione» non può certo essere ricondotta al rozzo schema della lotta di classe.
Al di là della facile ironia (facile per noi, ma non dimentichiamo che per moltitudini tutto ciò è vangelo), questi progetti, che mettono il calcolatore al centro di tutta l'organizzazione sociale, sono chimeriche astrazioni non perché si basino su una determinata realtà sociale (i “gruppi mobili" indubbiamente esistono; di qui il problema di una stratificazione sociale oggi più complessa che in passato) ma perché prospettano soluzioni che, come abbiamo visto, presuppongono la possibilità che esista una società mercantile e capitalistica (o post-capitalista, come amano precisare) senza contraddizioni di classe; perche presuppongono che l'informazione cada dal cielo e non sia essa stessa risultato di un processo di produzione con tutto ciò che questo implica, ignorando quindi che l'informazione in quanto tale non innesca nessun processo sociale. Ecco perché non durano più dello spazio di un mattino.
E’ vero che un simile tipo di società produce "beni di uso sociale", "beni a carattere ludico", eec., e noi, come marxisti, vediamo in ciò una sorta di "prefigurazione” della «libertà» comunista. Solo che lo sviluppo di questi «beni» ha oggi un limite nel profitto, per cui si determina l'impossibilità di produrli "per tutti». La produzione di «informazione» (intesa sempre in senso lato) è certamente una "novità" e, se si vuole, un «bene», ma questo «bene» non è una entità astratta in grado di sottrarsi alla logica del mercato. La sua determinazione, considerato il limite di cui sopra (profitto), finisce quindi per favorire una società della ... "disinformazione" (ma su ciò, i particolari piu avanti).
Operazione di tipici masturbatori intellettuali, dunque? Non propriamente, perché la moderna tecnologia tenta soprattutto di organizzare meglio la produzione materiale nel senso che il calcolatore può rendere più razionale tutta una serie di processi, quello dell'informazione in particolare. Con il calcolatore si può pensare di controllare e quindi anche regolamentare molti aspetti del processo produttivo. Il guaio è che non basta “pensare" una determinata realtà perché questa si realizzi. («Guaio», ovviamente, per i borghesi; gioia per chi, come noi, sa bene che la geniale pensata di qualche «esperto» non è sufficiente per determinare le sorti future dell'umanità)

*      *      *

Sistemati gli "scenari tecnologici» torniamo a riprendere il filo.
Appurato, soprattutto nella prima parte, quanto poca rivoluzione stia dietro alla robotica e alle nuove tecnologie, confutando sia l'interpretazione di «destra» (neoliberalismo), sia quelle di "sinistra" (occasione storica per una «democratica» trasformazione della società), non ci pesa affermare che per definire questo tipo di società (società dell'informatica) potremmo anche servirci di nomi e concetti nuovi; rimane però incontestabile che l'operaio, indipendentemente dal fatto di star seduto davanti a un tornio o a un video-terminale, rimane operaio, nel senso che intatta è la sua "disponibilità" a “vendersi" per la gloria e l'interesse del capitale.
Numerosi possono essere gli esempi a conferma di quanto poca «rivoluzione» ci sia in questi processi produttivi e quanto forte invece sia grazie ad essi, anzi quanto venga rafforzato, il meccanismo di valorizzazione del capitale. Aspetti e problematiche varie e tutte interessanti, ma che limiti di spazio ci impediscono di affrontarle una per una.[4]
Soffermiamoci su quello che per noi è l'essenziale.

COMPUTER E OCCUPAZIONE

Tutti sanno che l'introduzione delle nuove tecnologie comporta milioni di posti di lavoro in meno. I dati non lasciano dubbi: inutile stare a perdersi in statistiche interminabili; basti ricordare che in Italia i disoccupati sono quasi tre milioni (oggi, 2014, sono quadruplicati!), anche se è vero che non tutti sono a spasso a causa del computer. E’ altrettanto noto però, anche se lo si dice a voce un po' più bassa, che a fronte di un così evidente calo nell'occupazione corrisponde un altrettanto macroscopico aumento della produttività oraria, e qui il computer ha una sua funzione.
Un esempio per tutti dalla nazione a maggior tasso di industrializzazione del continente: Germania 1970/79 (Fonte: DIW, 1981) 

Produzione
Occupazione
Industrie minerarie e manifatturiere
+ 21,4%
- 14,4%
Macchine per ufficio ed elaborazione dati
+ 74,5%
- 16 %
Materie plastiche
+ 98,6%
+ 26,6%

 

La produttività oraria è stata rispettivamente del +56,8% (industrie e man.), +117,9% (macchi. per uff.) e +71,2% per materie plastiche!
Dall'80 in poi, ovviamente, la tendenza si è accentuata, visto l'ulteriore sviluppo delle tecnologie.
Altrettanto noto è che la disoccupazione colpisce soprattutto i giovani (70% dei disoccupati) gli handicappati, gli anziani. Le donne [5] 2: si crea dunque un'area sempre più vasta di ceti deboli ed emarginati.
Realtà che non ha bisogno di commenti. Non si può tuttavia fare a meno di additare al disprezzo della classe operaia, ancora una volta, la posizione assunta in merito dal bonzume sindacale. Diamo la parola al più rappresentativo:
«Le nuove tecnologie comportano risparmio di lavoro materiale» (elegante eufemismo per disoccupazione) ma non è il caso di drammatizzare, visto che, «lasciano disponibili immense risorse umane per estendere e moltiplicare i processi di conoscenza, per elevare il livello di cultura generate, per inventare nuove attività. Le nuove tecnologie, d'altra parte, si alimentano soltanto di questa conoscenza diffusa, hanno bisogno per diffondersi non solo di tecnici e di specialisti laddove nuovi metodi di produzione vengono installati, ma di un retroterra culturale, scientifico, di una formazione umana che non si realizza una volta per sempre [...] Le nuove tecnologie consentono anche nei cosiddetti studi umanistici, storici, dei salti di qualità nella conoscenza che mai si raggiunsero nel passato [...] Sono conseguenze queste, come l'enorme crescita anche quantitativa che si registra in questo periodo della storia umana in tanti campi, del risparmio dell'impiego di uomini nelle attività produttive [...] «Una forza progressista come il sindacato non può, dunque, accontentarsi di rivendicare una partecipazione nella introduzione delle nuove tecnologie, ma deve intervenire anche a livello sociale per trasformare la scuola, la politica delle informazioni, la formazione dei lavoratori e dei cittadini giovani e meno giovani, per arricchire insomma di nuove conoscenze la cultura umana-». (Lama: Il robot in fabbrica è contro il sindacato? in GENIUS n° 2 nov. '84; sottolineature nostre).
Citazione un po' lunga, ma ne valeva la pena! Sono qui condensati infatti i tipici luoghi comuni della «societa della disinformazione» e la malafede e la cosciente presa per i fondelli che caratterizza questi loschi figuri. Costoro sanno benissimo che cosa dicono e fanno; nessuna attenuante può essere loro concessa. Per dimostrarlo ci limitiamo a rispondere con le stesse parole che il sindacato usa quando si rivolge non alle «masse» ma ad un pubblico più ristretto, e quindi non rischia parlando con maggior rispetto della verità. Citiamo dal quaderno n°2 della rivista sindacale AZIMUT: Computer e Lavoro, nuove tecnologie e intervento sindacale. (E’ vero che la rivista non è una voce «ufficiale» delle Confederazioni, anzi si ripromette di «cambiare» il sindacato mettendo al centro i Consigli ecc., ma ciò cambia poco, nel senso che i concetti ivi espressi sono opinione diffusa ad un certo livello sindacale, anche se, ripetiamo, viene lasciato alla «sinistra" il compito di dire ciò che la «destra» non ha bisogno di far sapere).
«Nuove attività. A questa distruzione di posti di lavoro non corrisponderà un'altrettanta crescita nei nuovi settori. Questo per l'elevatissimo tasso di crescita della produttività che è collegato all'introduzione di queste nuove tecnologie" (W. Montagnoli: Gli effetti sull'occupazione, pag. 14).
- «Elevati livelli di cultura [...] processi di conoscenza. Un discorso molto simile può essere fatto a proposito della conoscenza e della cultura. Qui forse i luoghi comuni sull'informatica sono meno polarizzati, tanto è diffusa la convinzione che la creazione di grandi banche dati significhi di per sé maggior cultura diffusa, e quindi maggior democrazia culturale e politica. Di nuovo una scarsa analisi dei meccanismi che presiedono a questo tipo di processo oscura l'orizzonte.
- «Certo una società nella quale "esiste" una maggiore quantità di informazione è una società più "ricca" di informazione di una nella quale ciò non avviene. Allo stesso modo una società nella quale "esiste" più denaro è una società più ricca di denaro di una nella quale ciò non avviene. Ma, come osserva giustamente Lyotard, anche per il sapere, come per il denaro, la gente si distingue in quella che lo usa per sopravvivere e in quella che lo usa per farci altro denaro.
- « Una cosa molto simile avviene già oggi per l'informazione. C'è chi la usa per sopravvivere (cioè soltanto per informarsi ai fini della vita quotidiana) e chi la utilizza per produrre altra informazione, cioè per accrescere la propria conoscenza, cultura, ricchezza di occasioni, contatti, creatività. Chiedersi se l'esistenza delle banche dati potrà incidere su questa disuguaglianza è come chiedersi se l’esistenza delle banche ha inciso nel senso di una riduzione delle disuguaglianze economiche. E se il fatto che chiunque possa andare in banca significa che tutti hanno lo stesso accesso alla ricchezza monetaria» (Paola Manacorda: Capire robogate, pag. 7).
Il richiamo di Lama ai "processi di conoscenza", al bisogno di “tecnici” e "specialisti" ci suggerisce inoltre una breve riflessione sulla, ormai buona per tutte le salse, «professionalità». Anche a questo proposito, da una parte, cioè per il volgo, si strombazza che, se in futuro si vorrà lavorare, bisogna adeguarsi; quindi rivendicazione sindacale della professionalità; dall'altra, e citiamo dallo stesso quaderno, si riconosce che si tratta di una delle tante prese in giro (v. art. di W. Fossati, CISL Milano, pag. 33, che sottolinea come il "lavorare sui sistemi informatici automatizzati" significhi «essere spogliati, sostanzialmente, di professionalità»).
Ci piace, al proposito, quanto ha scritto di recente l'87enne psicanalista C. Musatti. Certo, può non fare testo per gli «esperti», qualcuno potrà storcere il naso, ma bisogna riconoscere che questo “vecchietto", che pure non è mai stato un marxista rivoluzionario, ci risulta simpatico anche perché mostra di avere una qualità in confronto ai più giovani e moderni «sapientoni»: quella di esprimersi usando la propria testa testimoniando così di una «professionalità» ormai rara.
Racconta, il seguace di Freud, di quando fu chiamato da quella vecchia volpe riformista di Adriano Olivetti a dirigere ad Ivrea l'Istituto di psicologia del lavoro, e aggiunge che ancor oggi ama far visita allo stabilimento ormai completamente «robotizzato».
«Non sono pericolosi per gli uomini ... questi prodotti della mente umana che sembrano svincolarsi dalla mente stessa che li ha progettati e costruiti. Pericoli ce ne sono ma di altra specie.
«A questo pensavo nei giorni scorsi, quando sono tornato ad Ivrea negli stabilimenti Olivetti, dove da quasi 50 anni vado periodicamente a vedere quello che muta e come muta. Certo le fabbriche sono cambiate. In quasi tutti gli stabilimenti del complesso sono scomparsi i rumori [...]; anche gli odori degli oli minerali in parte bruciati che impregnavano tutti gli ambienti, e il formicolio della gente che circolava per i reparti, e le azioni rispettive degli operai addetti al montaggio. Ma poi sono scomparsi gli stessi operai. Queste fabbriche sono fabbriche senza operai. Gli ampi locali appaiono deserti [...] Ogni tanto si accende da qualche parte una lampadina di un qualche colore [...] Un pericolo dunque c'è, ed è quello della rarefazione della mano d'opera [...] «Vi è un'altra situazione grave. Quante sono le persone in stabilimenti come questi che conoscono con esattezza il funzionamento dei vari mezzi impiegati? [...] i principi tecnico-scientifici su cui la produzione si fonda? O, più semplicemente, quanti sono che conoscono a fondo i principi dell'elettronica?
«Io, uomo d'altri tempi, mi azzardai una volta a porre ai dirigenti della fabbrica Olivetti questo problema dell'alienazione. "Ma tutta questa gente (anche se ora è diminuita) costruisce cose, ignorando del tutto quello che sta fabbricando. Alcune nozioni di elettronica, a questi operai, capitecnici, capireparto, gliele dovete pur dare". Ci fu un tentativo; ma risultò che una percentuale notevole di dipendenti era analfabeta (magari di un analfabetismo di ritorno, per non aver conservato... l'abitudine di leggere e scrivere).
«[Constatai anche] una cosa che già sapevo. Gli ingegneri (erano appunto gli ingegneri a tenere lezione) sono sempre pessimi insegnanti. Non sanno mettersi al posto di chi deve apprendere. E procedono per conto loro. Comunque la verità è che oggi ognuno conosce solo una piccola frazione del lavoro globale. Ognuno conosce ciò che riguarda la propria mansione specifica. Ma tutto l'insieme? Non vorrei azzardare cifre, ma sono certamente pochi. [...] Qui incombe il pericolo di una alienazione generalizzata: e sembra che, se dovessero assentarsi e scomparire una dozzina di tecnici che sanno tutto, ogni cosa si fermerebbe.» (Cesare Musatti: Io e le macchine, supplemento al n" 6 di GENIUS, marzo '85).
Siamo d'accordo: «la politica dell'informazione" non è l'ideale «per arricchire di nuove conoscenze la cultura umana», come Lama vorrebbe; ma anche all'occhio «esperto» di Cesare Musatti sfugge una ulteriore realtà, certo piu «nascosta", che però appunto per questo non dovrebbe sfuggire a uno ... psicologo. 

COMPUTER E SALUTE 

Le nuove tecnologie, si dice, permettono di lavorare in condizioni di gran lunga migliori di quelle del passato, nel senso che possono essere impiegate soprattutto là dove si richiedono mansioni ripetitive, meccaniche, nocive ...
Finalmente un lavoro «pulito», senza «odori», senza «rumori»: e i fattori nocività non possono che decrescere proporzionalmente all'introduzione  dell'informatica sul posto di lavoro. Ma è proprio cosi?
In un certo senso, può esserlo: è difficile pensare all'operatore travolto dal computer o che perde una gamba o un dito perché sbaglia tasto, anche se in questi ultimi anni sono stati resi noti dati sulla pericolosità dei robot che suggerirebbero per lo meno una maggiore prudenza in materia.[6]
In realta il problema non è esclusivo delle statistiche. Il capitale cerca da tempo di rendere meno evidenti le magagne che accompagnano il suo modo di produzione (anche a livello di sovrastruttura avviene la stessa cosa: basti pensare, tanto per fare un esempio, ai preti di sinistra, che sono ancor più detestabili di quelli apertamente reazionari perché servono a nascondere la funzione dell'ideologia religiosa). Un camice bianco, una sedia, anche se in finta pelle, davanti a un terminale, possono essere considerati da molti un obbiettivo ambito, nel senso che fanno pensare ad un lavoro tranquillo, «gratificante», o, alla vecchia maniera, «impiegatizio».
La salute sembrerebbe proprio essere l'ultima delle preoccupazioni. Se però andiamo a sfogliare la cosiddetta «stampa specializzata" scopriamo prima di tutto che negli uffici dove si ha a che fare con sistemi informativi automatizzatisi riscontrano da anni disturbi alla vista. Soprattutto gli addetti ai videoterminali accusano lacrimazione intensa, arrossamento agli occhi, stanchezza visiva, mal di testa.
E’ questa una sintomologia tra le più evidenti ed è facile immaginarne l'origine, dato che questi lavoratori sono costretti a stare accanto al visore per quasi tutta la giornata lavorativa.
Ma c'è dell'altro: dolori in tutto il corpo, malformazioni dello scheletro dovute a una «postura» che non tiene conto delle esigenze fisiche del corpo, stanchezza generale, tensione nervosa, difetti di circolazione, ulcere …
C'e poi il problema delle radiazioni, rischio che in teoria dovrebbe essere minimo in quanto i visori sono dotati di schermo. Ma chi controlla l'efficacia della schermatura nel tempo? Inchieste recenti in America — ma casi sono stati denunciati anche a Roma, alla Sip [7] - non hanno potuto negare un aumento in percentuale degli aborti e delle gravidanze concluse in modo drammatico. Si è parlato anche di casi di cataratta e di leucemia, sempre a proposito dei raggi X emessi dai terminali video.
Di un altro aspetto (e qui ci aspettavamo qualcosa dallo psicologo Musatti) si parla poco anche se nessuno si sente di negarne l'importanza: si tratta dei disturbi che per la maggior parte hanno a che fare con l'area della salute mentale, manifestandosi in profondità soprattutto a livello neurovegetativo. Sono i cosiddetti disturbi psicologici, fenomeni difficilmente quantificabili, quindi trascurati anche perché non «dimostrabili con oggettivi criteri scientifici», che, si sa, sono poi la solita foglia di fico.
E’ facile infatti obiettare (facile per gli "esperti" del padrone), che un soggetto con disturbi psicologici può essere tale per la vita che conduce in famiglia, per il baccano dei vicini, per una vita sociale non conforme alle sue esigenze o magari perché ... la squadra del cuore lo ha deluso.[8]

* * *

I problemi non sono da poco [9] e si può affermare in tutta tranquillità che produrre con le nuove tecnologie non basta per eliminare gli "inconvenienti" che le altre produzioni industriali comportano; i problemi di salute, i problemi umani, i problemi ambientafi ecc., non scompaiono affatto, anche se la propaganda che esalta le più moderne tecnologie tende a nasconderli.
Valga per tutti un ultimo esempio.
Silicon Valley, la sua epopea, la sua ricchezza, la sua fama, il suo boom celebrato su migliaia di pagine, oggi paria così:
«La mobilita del lavoro è altissima, pochi durano più di due anni nello stesso posto.» (Lo stesso Time ha segnalato:) «La valle del silicio non e più l'El Dorado che molti credono". (Lo stress pesa su tutti, tanto che) «ogni grande azienda prevede rimedi istituzionali per i propri dipendenti: la Apple fornisce 22 visite annue gratis presso lo psicologo, e paga il 50% delle eventuali psicoterapie; la National Semiconductors organizza quattro Workshops antistress al mese per i suoi executives; la Tandem, una delle maggiori produttrici di grandi sistemi di computer, regala sei settimane di vacanza a chi resiste in azienda almeno quattro anni. Ma tutto questo non basta. Nella contea di Santa Clara, che comprende buona parte della vallata, si registrano ormai più divorzi che matrimoni. E’ impossibile conciliare lavoro e famiglia: secondo la ricercatrice Judith Larsen, il 50% delle madri e il 75% dei papà passano meno di due ore al giorno con i figli" (Robi Schirer, Silicon Valley in "Alter Alter" n° 1/2, febbraio '85) [10].
I proletari ne tengano conto, se non altro perché hanno una ulteriore conferma del carattere disumano delle «rivoluzioni» fatte dai borghesi.
 
 
4] - Tra gli argomenti che siamo costretti a "scartare" e che pure meriterebbero almeno un commento c'è quello della “tutela della sfera privata del cittadino" o, come noi preferiamo dire, del controllo totalitario dello Stato democratico. "Secondo i dati del Ministero dell'lnterno, alla data del 31/12/81 risultavano esistere in Italia 61.717 banche elettroniche di dati che raccolgono informazioni sui cittadini. E’ bene precisare che di esse 595 raccolgono informazioni sulla salute, 453 sull'attività sindacale, 47 sull'attività politica, 29 sull'appartenenza a gruppi etnici o razziali e 15 sulla fede religiosa», scrive M. Fezzi in Informatica e rapporto di lavoro, quaderno n° 2 di AZIMUT.
[5] - La Equal Opportunity Commission, 1980, ha reso pubblici numerosi studi sull'occupazione negli anni '80, dai quali risulta che i settori più colpiti saranno quelli in cui lavorano soprattutto donne. Esempi: uno studio di Hyman prevede la perdita del 60/70% di tutti i posti di segretaria, Nora-Mine (78) prevedevano che in Francia sarebbe andato perso nei successivi 10 anni il 30% dei posti in banche e assicurazioni. La Metra International in un suo studio dell'80 parla di 60/70% di posti a rischio nel settore impiegati ecc. 
(Per maggiori dettagli: Le donne e le nuove tecnologie. in SE n. 13 aprile'84). A tutto ciò va aggiunto che fra le donne che riescono a trovare minori ostacoli per entrare nelle nuove professioni è costante la tendenza a rimanere a livelli bassi di carriera (v. Lavoro femminile, sviluppo tecnologico e segregazione occupazionale, ed. Angeli, Mi '84).
[6] - J.P. Vautrin, ricercatore allo Insr di Nancy, afferma che «il robot è un animale selvaggio che deve essere tenuto rinchiuso con le più grandi precauzioni", alludendo al pericolo derivante da “elementi mobili con notevoli velocità e rilevante energia lungo traiettorie non previste" e citando dati che riguardano episodi recenti accaduti in Giappone (una ventina di morti) e in Svezia, dove il Ministro del Lavoro ha registrato in 30 mesi 15 incidenti «gravi» su un parco di 290 robot. L'Insr individua 5 occasioni di incidenti: a) collisioni fra l'uomo e il robot, b) proiezione o caduta di pezzi o metalli fusi, c) schiacciamento fra il braccio del robot ed ostacoli fissi, d) riprese in manuale effettuate da personale con scarsa preparazione, e) rischi tradizionali di elettrocuzione, bruciature ecc. (da L'usine nouvelle, 3 nov. '83). 
[7] - Secondo una statistica del Consiglio dei Delegati della Sip di Roma, reparto Commutazione, sulle maternità degli anni 1981, '82,'83, su 40 maternità si sono verificate: 3 nascite premature seguite dalla morte del bambino, 1 bambino morto subito dopo la nascita, 1 bambino nato con malformazioni, 1 caso di gravidanza extrauterina, 8 aborti. In sintesi, 14 maternità su 40 si sono risolte in modo drammatico» (Computer e lavoro, quaderno n° 2 di AZIMUT cit., pag, 37). Ed ecco, in SE, marzo "85, una notizia tratta da «New Scientist», 24 gennaio '85: «Un numero eccezionalmente alto di nascite anormali e di aborti è stato osservato in una comunità nel cuore di Silicon Valley. [...] Secondo numerose fonti, a queste patologie può non essere estranea l'acqua "potabile" della zona, che verosimilmente potrebbe essere contaminata da solventi e altri prodotti chimici impiegati nella fabbricazione dei semiconduttori per i computer ». (Nell'articolo si parla della nocività per chi lavora con il computer, ma non si dice nulla di quel che avviene a chi lavora alla fabbricazione del computer). La causa di tutte queste magagne («400 cittadini di Los Passos sono ricorsi ora in tribunale") sarebbe il tricloroetano (TCA). Ora, «dal punto di vista epidemiologico era già nota la tossicità del TCA sul sistema nervoso, sul fegato e sull'apparato cardiovascolare, ma non si conoscevano effetti sulla gravidanza e sul parto. Invece nel biennio 1980/81, a Los Passos sono stati osservati il doppio di aborti e il triplo di nascite anormali rispetto a una zona "controllo" situata a 6 chilometri di distanza. Complessivamente, a Los Passos, il 30% delle gravidanze si è concluso con un aborto o una nascita anormale. Senza contare che, sempre nello stesso periodo e nella stessa zona, tra i neonati sono stati individuati portatori di anomalie cardiovascolari congenite in proporzione superiore al doppio rispetto alla norma». Un quadro impressionante della psicosi diffusa nella Silicon Valley in 1985: fuga da Silicon Valley, in "Reporter", 6/7 aprile u.s.
[8] - «Lavorare sui sistemi informativi automatizzati crea disagi, disturbi, sofferenze sul piano della salute mentale. Molte possono essere le cause di tale disagio psicologico, come l'essere condizionati dai tempi della macchina, il non sapere ciò che viene compiuto prima e dopo la propria fase lavorativa, l'aver perso la vecchia identità di impiego (specie per i non più giovanissimi) [...] I problemi dell'area della salute mentale non sono rilevabili strumentalmente, cioè con l'ausilio delle tecnostrutture sanitarie ...» (pag. 33 del cit. quaderno n° 2). Non rilevabili, ma noti. Infatti, sul numero febbraio '85 di SCIENZA ESPERIENZA è riportata una notizia dal New Scientist (27 die. '84) secondo cui la filiale inglese della Hitachi ha intenzione di proporre ai suoi dipendenti un "molto onorevole" ritiro dal lavoro al raggiungimento dei 35 anni di età. I sindacati inglesi si sono dimostrati «stupiti» da questa decisione anche perché l'azienda non è stata in grado di produrre «dati» tali da giustificare questa decisione. I padroni della Hitachi sanno benissimo, anche in mancanza di «dati», che, quando per essere concorrenziali si introducono sistemi robotizzati i dipendenti «rendono» fino ad una certa età, poi diventano “inefficienti" proprio per tutte quelle ragioni che abbiamo richiamate e che sono essenzialmente ragioni di salute (vista, riflessi, problemi mentali ecc.).
[9] - Per dimostrarne la «consistenza» può essere utile citare quanto prevede la legislazione del lavoro in alcuni paesi. Nella Rep. Fed. Tedesca è obbligatorio un controllo medico preventivo per essere addetti ai videoterminali; in Canada, alle lavoratrici in gravidanza è impedita la mansione al video e, infine, gia nel '64 l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (organismo ONU) stipulava una convenzione con i paesi membri in cui si stabiliva: - massimo di 4 ore al giorno davanti ai videoterminali; - sosta di 15 minuti ogni ora e mezzo di lavoro; - controlli annuali alla vista; e via di questo passo, anche se, ma questo è un altro discorso, tutto è rimasto su un piano di pura e semplice «raccomandazione».
[10] - In una corrispondenza di Laura Fraser (REPORTER, martedì 9 febbraio '85) dal titolo I sabotatori informatici si viene a sapere di una pubblicazione di San Francisco chiamata PW («Il mondo sotto processo»r) i cui lettori "scrivono lettere con suggerimenti su atti di sabotaggio che partono dai semplice "è così facile semplicemente mettere fuori uso un segnale di Out of Order su una macchina Xerox", fino agli atti più sofisticati". Lo stesso quotidiano ritorna sull'argomento il 19 marzo con un articolo di B. Ramina Ma il computer stanca a commentodi una ricerca fatta da psicanalisti bolognesi in quattro aziende italiane «a diverso livello di innovazione tecnologica". Al di là dei risultati della ricerca che, come si può immaginare, è stata eseguita per essere letta dai soliti «esperti", è sintomatico che del problema non si possa tacere, anche se, magari, si riduce tutto a «crisi di identità».
 
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.