DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Cari compagni,

sono arrivato a Milano il 2 gennaio e a Roma il 4. Il ritardo è stato determinato dalle necessità del viaggio illegale della nostra delegazione. Dopo che mi sono un poco orientato, vi invio questo breve rapporto.

L’azione fascista ha appena completato i suoi vecchi metodi di violenza con l’utilizzazione dell’apparto poliziesco. Il governo fascista ha introdotto la riforma di riunire in un’unica milizia le guardie regie compresi gli agenti in borghese e i carabinieri. Nello stesso tempo le squadre armate fasciste sono trasformate in una milizia nazionale fascista armata e sovvenzionata dallo stato, e messa agli ordini del presidente del Consiglio dei Ministri.

Questo apparato conduce la lotta contro il movimento proletario. Tutte le forme legali del movimento proletario sono nell'impossibilità di resistere e sopravvivono nella misura in cui accettano ogni sorta di rinunce. Contro l'organizzazione politica del partito e la sua attività illegale la polizia fascista riesce appena un po'di più della vecchia polizia. La sua azione risente della crisi di malcontento scoppiato nelle rivolte delle guardie regie licenziate, e serpeggia tra diversi funzionari che si vedono rimpiazzati dall'iniziativa dei fascisti, che immischiano nel loro lavoro talvolta in modo abbastanza ridicolo anche se spesso brutale e violento. Il fascismo si illude di riuscire anche nella repressione, attraverso metodi ultraenergici, della criminalità comune…

Sulla politica generale del governo il nostro C.E. vi ha appena inviato dei rapporti. Qui non tratterò a fondo la questione. Bisogna riconoscere che il governo fascista, e Mussolini per esso, sorpassano i problemi senza preoccuparsi in nessun modo della procedura e della tradizione. Questo non impedirà loro di commettere errori fatali, ma per il momento si preoccupano di mantenere, nel tentativo di épater les bourgeois, questa linea e questo tono “rivoluzionario”. Per esempio: la “amnistia”. Semplicissimo: ogni crimine commesso nelle lotte politiche e nella guerra civile è lasciato cadere alla condizione che sia stato commesso per un fine nazionale. Nuovo principio di diritto che ha aperto immediatamente le porte delle regioni a quei pochi fascisti che avevano fatto cose così gravi da essere condannati dei giudici borghesi. Gli operai – bisogna dirlo – restano in prigione e sono condannati per la più piccola cosa a decine di anni.

Il fascismo è piuttosto nervoso. Si dimostra molto stupito che ogni causa di disordine e che ogni attività proletaria non sia completamente scomparsa dal momento del suo avvento al potere. È disposto a fare le cose più terribili per sradicare i suoi nemici, che lo preoccupano molto più di quanto vorrebbe lasciar credere. D'altronde una crisi interna si verifica all'interno della borghesia che lo sostiene con una ultra-unanimità ufficiale e nei suoi stessi ranghi.

Si fanno adesso le elezioni comunali e provinciali. Non soltanto è impossibile ai non fascisti fare una campagna elettorale, non soltanto vengono perseguitati quelli che oseranno votare contro i fascisti, ma vengono perseguitati anche quelli che si astengono dal voto: nei piccoli centri li si raccoglie e li si porta a votare con le pistole. Nei centri più grandi, dove, come a Imola, i due terzi degli elettori non hanno votato, i fascisti si sono abbandonati a vergognose rappresaglie contro i cittadini.

Alla vigilia delle elezioni a Milano vennero arrestati 700 operai e tutti i comunisti noti. In queste condizioni, che ignoravo quando ho discusso con Zinoviev e Bucharin del risultato di queste elezioni, i 3000 voti comunisti assumono un particolare valore. Ognuno di questi 3000 elettori ha dovuto cercare a suo rischio un bollettino comunista per votare, e nasconderlo al controllo dei fascisti che occupavano da padroni le sale delle elezioni.

I fatti di Torino del 18-19 dicembre hanno sorpassato tutto quello che ci si può immaginare. Il nostro movimento era a in ottime condizioni di attività; i fascisti erano rabbiosi di constatare come fosse brillantemente sopravvissuto alla loro vittoria. Hanno quindi preparato un colpo formidabile e ne hanno provocato la realizzazione. Si pensa che siano morti trenta operai, presi nelle loro abitazioni ed ammazzati a sangue freddo nelle strade e nei campi. È stata praticamente la prima volta che si è proceduto in questo modo. I cadaveri, e neanche tutti, sono stati trovati con dei cartelli che annunciavano la vendetta fascista. Diversi di questi morti sono nostri compagni: tanto capi che semplici militanti. Molti altri comunisti devono la loro vita al caso. Il movimento di Torino ha ricevuto il colpo più terribile: al momento non respira quasi più. Come sempre, c'è la paralisi completa della vita sindacale e di ogni attività legale, mentre la nostra organizzazione politica funziona illegalmente. E praticamente il primo esempio di una simile azione a fondo in una grande città industriale, e di un simile successo dell'avversario.

Dopo questi fatti la reazione contro nostro partito si è intensificata. Organizzare il partito comunista, scambiare per questo scopo delle lettere, può essere considerato come un crimine. In queste condizioni quasi tutte le organizzazioni locali del partito si trovano nel pericolo di dover cessare di funzionare: bisogna pensare che i nostri compagni che dirigono le federazioni e le sezioni non possono sfuggire a tutte le forme di attacco della reazione: la mancanza di lavoro, il terrore fascista, la persecuzione poliziesca li obbligano quasi tutti ad abbandonare il loro posto e il loro paese.

Gli operai e i compagni che costituiscono la massa del partito, decimata da tutte queste forme d'offensiva, devono scegliere fra la rinuncia ad ogni attività politica e l'emigrazione. Anche i più coraggiosi dovranno ricorrere a questa per non morire di fame. Si può dire senza esagerare che in Italia la vita dei lavoratori diventa impossibile nel senso materiale, a meno di non volersi sottoporre a sacrifici economici e morali insopportabili.

Nella sua assurda politica il governo fascista incoraggia l'emigrazione. Pensa di eliminare dall'Italia tutti i sovversivi. Ecco il suo programma!

Malgrado ciò i sentimenti della classe operaia non sono spenti e il nostro partito esiste come rete organizzativa. La centrale è in stretto legame con tutto il paese.

Per meglio resistere sarebbe necessario dare maggiori segni di vita e rivolgere parole chiare al proletariato. Se ciò fosse possibile, il problema tecnico di tenere testa agli sforzi del fascismo poliziesco e massacratore potrebbe trovare ancora per molto tempo una soluzione felice. Bisognerebbe poter contare su quella disciplina assoluta e cieca che la nostra Centrale aveva applicato nel partito. Purtroppo – e mi limito a constatare dei fatti – la situazione nella quale è fatta la politica del partito da qualche mese ci preclude sempre più tutte queste risorse. Come quotidiano non abbiamo che il Lavoratore a Trieste, e, attendendo la fusione, non si può pensare a nessuna altra soluzione. Non potendo seguire la linea sulla quale, secondo tutta la nostra preparazione di due anni, il ruolo del partito avrebbe dovuto muoversi, noi taciamo, e il partito perde il suo prestigio. Infine, il senso di disciplina e di fiducia nell'autorità dei capi del partito, dopo tutto quanto è successo e il nostro silenzio di fronte agli attacchi ai quali siamo sottoposti da ogni parte, tende di giorno in giorno a svanire. Queste ragioni contribuiscono ad accentuare gli effetti che la reazione fascista ha sul movimento del partito. Ma, malgrado tutto, questo potrà essere sempre più seriamente colpito, senza tuttavia abbandonare il campo della lotta e il compimento del suo dovere.

Per uscire da questa situazione prendendo l'altra linea indicata dalla volontà dell'Internazionale bisognerebbe arrivare alla fusione con i massimalisti, e partito disciplinato, si preparava a subire.

Fatti nuovi, che non vi possono fare piacere e che aumentano il nostro scontento della svolta che si dà alle cose contro la nostra opinione e le nostre proposte, si sono verificati.

Da un mese tutta la stampa fascista e borghese conduce una campagna ricattatoria contro i comunisti che si richiamano alla bandiera dell'Internazionale di Mosca. Agli “agenti di Zinoviev”si minacciano trattamento molto energico, i cui esempi sono presentati sulle persone dei militanti del nostro partito. Naturalmente i membri del partito comunista se ne fregano delle minacce e della loro applicazione, ma sui massimalisti l'effetto è stato decisivo.

Dopo la pubblicazione della risoluzione di Mosca e delle condizioni di unificazione votate dal Congresso e accettate da Serrati, anzi per meglio dire un po'più tardi, cioè dopo gli articoli indignati della stampa fascista sulla commissione presieduta da Zinoviev, tra i massimalisti si è sviluppato movimento contro la fusione che ha conseguito un successo immediato ed imprevisto… fra gli ottimisti della fusione.

Noi siamo i testimoni silenziosi di ciò che sta accadendo. A questo rapporto aggiungiamo i documenti importanti, dei quali ecco una lista.

19/12. Lettera di Vella pubblicata dall’Avanti! grazie a una concessione speciale della direzione, che ripete ad ogni piè sospinto che non si può discutere prima che la direzione del partito abbia ricevuto una comunicazione ufficiale degli atti del Congresso mondiale, e che comunque dopo di ciò che partito dovrà essere consultato ed esprimere tutte le sue opinioni in un grande dibattito.

19/12. Intervista della Giustizia con un massimalista (Schiavello?) che si pronuncia contro l'accettazione delle condizioni di Mosca.

2/1. L’Avanti! pubblica le equivocissime risoluzioni della Direzione del partito. Riassume alcuni documenti, senza pubblicarne il testo completo, come la dichiarazione di Serrati al Congresso, e tutta la parte politica della risoluzione, nella quale si potranno portare degli emendamenti.

3/1. La rivolta contro la Direzione(che d'altronde non è stata unanime essendo si è astenuto dal voto Fioritto) esplode. Nenni, capo-redattore dell’Avanti! ex-repubblicano interventista, e uomo di fiducia di… Serrati, pubblica in ritardo un articolo del suo direttore e lo fa seguire da un articolo antifusionista.

4/1. Assemblea della Sezione di Milano. I nenniani padroni della situazione. Disgustoso voto della delegazione laziale.

5/1. Continua l'assemblea di Milano. La Direzione, vistasi battuta a Milano e dappertutto, deve capitolare: annuncia la consultazione generale del partito attraverso referendum, e riesce ad evitare la battaglia immediata. In un discorso applauditissimo Nenni può annunciare che il suo atteggiamento è condiviso da moltissimi socialisti e dallo stesso Lazzari.

5/1. La Tribuna pubblica un'intervista con un massimalista – probabilmente informato dagli abboccamenti con il vostro rappresentante – che è contro l'accettazione delle condizioni di Mosca. Questo individuo annuncia al pubblico che Tonetti (arrestato e rilasciato in preda a una certa emozione) viaggia per Mosca con tutti i documenti della riunione della Direzione. Così sapete che cosa dovete pensare se non è arrivato.

8/1. Avanti! Diversi voti delle organizzazioni socialisti e contro le condizioni, la delegazione, la Direzione, ecc. Lettera del serratiano Bastiani che confessa tutta la sua viltà.

I settimanali socialisti sono della partita. La Battaglia socialista di Milano e il Lavoratore comasco hanno degli articoli che dimostrano quanto sia stata assurda la scissione dei massimalisti dai riformisti.

Per il momento mi astengo da ogni commento su questa situazione.

Vi consiglio di inviare qui Maffi e Serrati. È vero comunque che i fascisti hanno dichiarato di attendere Serrati per saldare i conti anche con lui.

Non ho ancora visto vostro rappresentante. È necessario che la Commissione di unificazione venga qui a prendere i suoi poteri: non si deve perdere neanche un minuto.

I borghesi e i riformisti sfruttano magnificamente la situazione dei rapporti fra i due partiti. Come condurre una campagna contro di loro, come avere una tattica per opporci alla scomparsa di ogni movimento sindacale rosso? I riformisti  rialzano la testa e annunciano la nostra espulsione dei sindacati. I fascisti continuano la loro azione per vuotare del loro contenuto le organizzazioni classiste e per catturare il proletariato nei loro sindacati. D'altronde l'effettivo reale di questi, come è stato ufficialmente annunciato è di 390mila membri. In realtà gli operai si disorganizzano e si disperdono. La buona sorte di costruire un partito di massa in un momento come l'attuale non doveva neanche essere sognata. Tutto ciò che si doveva fare, con la possibilità di creare qualche cosa di buono da questa situazione “schifosa”, era di salvaguardare gelosamente la solidità organizzativa e d’azione del partito comunista, il solo atto per uscire dalle difficoltà attuali, con un po'più di sostegno di fiducia da parte dei capi dell'Internazionale.

Noi convochiamo il nostro Comitato Centrale. I compagni dell’Esecutivo condividono pienamente il mio atteggiamento, che voi conoscete. Consideriamo la situazione in modo molto pessimista, dando tuttavia alle gesta di Mussolini l’importanza che meritano ed evitando di valutarle in maniera esagerata. Continueremo a fare il meglio possibile per mantenere in piedi il nostro partito.

Ma ci troviamo in una posizione che ci impedisce di fare delle proposte tattiche. Ogni studio della questione ci conduce ad inutili recriminazioni sul passato. Esigiamo che la Commissione che deve realizzare la politica stabilita dal Comintern sia messa nella possibilità di darci delle direttive che noi eseguiremo fedelmente e contro qualsiasi difficoltà. In assenza di questa Commissione è al vostro rappresentante che ci rivolgeremo per porgli i problemi che si presentano.

Ricevete, cari compagni, i nostri fraterni saluti.

Bordiga

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