DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Dopo molte panzane, il gruppo di cosiddetti «oppositori allo stalinismo» clamorosamente formato da  Eugenio Reale ha dato alla luce un settimanale politico «Corrispondenza Socialista». E' una specie di carta d'identità di quelli che potremmo chiamare i post-staliniani conseguenti.

Paternità e maternità non sono dubbie: la democrazia, la libertà, i valori nazionali, il riformismo-di-struttura, e tutti gli altri ingredienti della broda cucinata dallo stalinismo nel suo inglorioso trentennio, sono divenuti i pilastri del «socialismo nuovo»; «l'opposizione allo stalinismo» verte sulla brutalità dei metodi polizieschi, non sulla sostanza del programma sul cui altare Stalin celebrò il sanguinoso sacrificio della vecchia guardia bolscevica, come in uno specchio, possiamo chiaramente vedervi quello che sarà il movimento «comunista» di marca cremliniana quando le ultime foglie di fico saranno cadute e i vari Krusciov nazionali avranno mandato in soffitta anche gli ultimi residui del loro vocabolario giovanile: un movimento radicale-borghese, ultrademocratico, ultrariformista, ultrapatriottico. 

Leggiamo le nuove tavole della legge. Scrive Reale: «In mezzo a questi due estremi (il «prevalere delle forze confessionali, retrograde ed oscurantiste» da un lato, il «prevalere dell'estremismo di sinistra (!!), di quelle forze, cioè,  che sono ispirate e dirette da sistemi politici basati sull'oppressione poliziesca e sul più assoluto dispregio della personalità umana» dall'altro) c'è la parte sana della nazione, che ha raggiunto faticosamente una coscienza di sé, che ha rimarginato le ferite della guerra, che non chiude gli occhi alle sofferenze del popolo lavoratore, che sono poi le sue sofferenze ... l'Italia che lavora, che vuol essere libera, prospera, indipendente, formata da milioni di intellettuali, di operai e di contadini, di uomini e donne che non vogliono né il ritorno all'oscurantismo medievale, né la risorta barbarie imposta ai popoli dal totalitarismo staliniano». Chiaro? Non un movimento di classe, ma di «nazione» con in testa gli intellettuali finalmente pronti a «non chiudere gli occhi» sulle sofferenze del popolo lavoratore.

Il programma? «Attraverso la spinta verso sempre più importanti conquiste sociali e la difesa più intransigente della libertà e della democrazia [il vocabolario congiunto della carta del lavoro fascista e della Costituzione della repubblica democratica], assicurare l'avvenire del nostro Paese». Saragat potrebbe sottoscrivere: Togliatti sottoscriverà a tempo debito, liquidate le ultime pendenze della bancarotta staliniana. I mezzi? «Ogni divisione, ogni discordia, ogni frazionamento delle forze democratiche giova soltanto a quelli che, da una parte e dall'altra minacciano la libertà»: sul carrozzone degli «oppositori» sono invitati a salire tutti gli adoratori della persona umana, tutti i fedeli degli eterni principi.

I presupposti ideologici? «Per restaurare una solida (!!) piattaforma ideologica, nell'assunto che non può esservi azione rivoluzionaria senza un'ideologia che la sostenga, il punto primo, il presupposto essenziale, che deve dare sicurezza alla nostra azione politica, è l'affermazione della libertà umana in tutte le sue manifestazioni ... Solo alimentandosi perennemente al soffio creatore della libertà il socialismo potrà essere vera espressione di fede». Evviva la sincerità: il punto primo di questi ... ringiovanitori del socialismo non è la lotta di classe, e men che mai la dittatura del proletariato - che anzi è da respingere nettamente -, ma «la libertà in tutte le sue manifestazioni», quindi anche in quella di fregare il prossimo; la loro «nuova» Bibbia sono i classici del più puro liberalismo, della più democratica e borghese bacchettoneria. La nazione o il popolo in luogo del proletariato, l'unione sacra dei democratici sinceri al posto della lotta di classe, la libertà nella sua più fumosa veste ottocentesca al posto della marxista dittatura del proletariato, le riforme sociali al posto della rivoluzione: tra questi ferri vecchi della tradizione «idealistica» borghese e dell'opportunismo i «neo-antistaliniani» sono andati a cercare gli strumenti del loro mestiere.

Come volevasi dimostrare, gli eredi di Stalin sono, una volta di più, peggiori del «maestro».

 

il programma comunista, n. 13, 3 - 17 luglio 1957

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