DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Solo chi non sappia fare “2+2” può ostinarsi a non vedere che tutta la “campagna per la sicurezza”, sviluppatasi con gran clamore negli ultimi mesi, in Italia come altrove, nasconde ben altro, dietro la retorica, lo scandalo, il sensazionalismo.

Chiariamo subito un punto. Che il malessere sociale, la violenza, la degenerazione dei rapporti interpersonali, l’abbrutimento del vivere collettivo, siano crescenti non sorprende certo i comunisti, che fin dal Manifesto del 1848, con buona pace delle anime belle che s’illudono che questo sia il “migliore dei mondi possibili”, hanno scritto e dimostrato che questo è il prodotto di una società come quella capitalistica, soprattutto quando si dibatta (ormai da decenni) in una crisi mortale come l’attuale. Basterebbe anche solo andarsi a leggere qualche romanzo di Charles Dickens, di Emile Zola, di Maksim Gorki o di Upton Sinclair, per trovarvi pagine agghiaccianti sulla precarietà e pericolosità del vivere metropolitano nella società del profitto, della guerra di tutti contro tutti, della fame e della miseria.

E, d’altra parte, non è forse vero che il tasso di violenza e di abbrutimento diffusi oggi nella nostra graziosa società è poi direttamente proporzionale alla crescita esponenziale della violenza e dell’abbrutimento delle campagne militari prodottasi nel corso dell’ultimo secolo, tra fantaccini gassati nelle trincee, civili atomizzati nelle metropoli, contadini napalmizzati nelle campagne, pulizie etniche, vecchi e bambini mitragliati “per errore”, ecc.? C’è da meravigliarsi se il sangue dei campi di battaglia e delle retrovie tracima poi anche nella società cosiddetta civile?

E’, ancora una volta, la favola macabra dell’apprendista stregone, che non sa più dominare le forze che ha evocato.

Il punto, però, non sta solo qui. Sta anche e soprattutto nel fatto che, con il pretesto di questa “emergenza sicurezza”, la classe dominante – che per l’appunto ha una lunga esperienza, storica e internazionale, di dominio – sta introducendo misure di militarizzazione della vita sociale, rese ancor più necessarie e urgenti proprio dall’approfondirsi della crisi. La classe dominante è andata a scuola di... materialismo dialettico: sa bene (proprio mentre, a livello ideologico, non fa che sbrodolare su etica e morale, individuo e collettività, cittadini ed educazione, cultura e responsabilità, ecc.) che il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro necessariamente spingerà fuori dall’attuale apatia e dispersione il proletariato, e quindi si prepara in anticipo: manda i militari nelle “zone sensibili” delle grandi città, blinda interi quartieri, esalta le forze dell’ordine, facendo leva sulle paure di una sempre schifosissima piccola borghesia, sempre pronta a inchinarsi al peggio pur di illudersi di dimenticare i propri incubi. Arriva anche a proporre – e la cosa dovrebbe essere talmente evidente agli occhi di tutti, anche di chi non sa fare “2+2” – che, per assicurare la... sicurezza sul posto di lavoro (pensate un po’!), i militari presidino fabbriche e cantieri! Più esplicito di così... Eppure i sordi e i ciechi sono davvero tanti.

Non ci sorprende né ci scandalizza tutto ciò. Dalla fine della seconda guerra mondiale, noi sosteniamo che “i fascisti han perso, ma il fascismo ha vinto”: che la democrazia uscita dalla “vittoria sul nazifascismo” ha ereditato in pieno la sostanza del regime sconfitto, perché solo questo può essere il regime della borghesia imperialista (come, d’altra parte, lo è stato sempre, ogniqualvolta il suo dominio risultasse anche lontanamente minacciato). Con buona pace delle anime belle di cui sopra, ci va anche bene che esso sempre più getti la maschera – ma a una condizione: che, di pari passo alla preparazione controrivoluzionaria della borghesia, si sviluppi infine la preparazione rivoluzionaria del proletariato. E’ davvero gran tempo.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2008)

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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