DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Roma, 15 settembre 1922

Partecipano: Bordiga, Terracini, Bombacci, Berti, Ravazzoli. Assente: Mauriello.

 

Bordiga: Prima di trattare la questione specifica riflettente la formazione del programma per il partito italiano, occorre ed è bene fare un accenno alla questione della redazione del programma per l’Internazionale. A questo scopo è stata costituita una commissione internazionale, della quale fanno parte per l’Italia i compagni Bordiga e Graziadei. Essi vi partecipano in quanto individui per portarvi il contributo del loro personale criterio, indipendentemente dal partito; ma Bordiga reputa opportuno che invece in tale lavoro ogni membro della commissione internazionale debba rispecchiare nel limite del possibile l’idea del proprio partito. Per tale ragione egli prospetta alla commissione riunita il proprio punto di vista, che è condiviso dall’Esecutivo del partito. Sono in nostre mani pochissimi documenti della questione; essi si limitano al verbale incompleto della prima seduta della commissione internazionale e ad un articolo del compagno Rudas che è stato pubblicato su tutti i nostri quotidiani. Altre notizie ci sono giunte in maniera indiretta successivamente, ma nulla di preciso e di ufficiale. In ogni modo, la discussione si è precisata attorno a due discorsi; l’uno del compagno Radek e l’altro del compagno Bukarin. Radek che sostiene la possibilità e la necessità di formare un programma dell’Internazionale in cui, oltre ai punti programmatici della critica alla società, dello sviluppo della crisi capitalistica e dei suoi momenti essenziali, degli scopi della lotta proletaria e dei mezzi da impiegarvi, sia necessario includere una trattazione sulla tattica che contempli anche fatti meno ampi (?) ma si soffermi su quelle forme di lotta che devono essere realizzate di tempo in tempo: ecco quindi che nel programma dell’I.C. si deve trattare del fronte unico, del governo operaio ecc. Ragioni di sincerità e di chiarezza pretendono ciò. Bukarin si oppone a questa tesi, affermando che riesce impossibile stendere un programma di tale genere data l’enorme diversità di condizioni dei vari paesi, che obbligherebbe ad una moltiplicazione esagerata di argomenti, nella quale tuttavia non si potrebbero mai comprendere tutti i casi possibili della tattica comunista. Né a questo si porrebbe rimedio fissando quattro o cinque tipi di paesi delineando per ciascuno di essi le possibilità tattiche. Il programma dell’Internazionale deve costituire quindi una dichiarazione di fede che deve restare immutata nell’avvenire, mentre la tattica presenta ad ogni momento nuovi orizzonti e nuovi sviluppi. Bordiga espone ancora gli altri elementi della discussione e comunica che la Centrale del partito, nella breve discussione che fece sull’argomento, accettò all’unanimità le tesi di Bukarin. Se la Commissione intende anche essa rendere nota la sua opinione, ciò potrà essere utile per i compagni che dovranno a Mosca discuterne.

Tutti i membri della Commissione accettano il punto di vista di Bukarin e successivamente decidono all’unanimità, su proposta di Bordiga, che il P. C. I. conservi come suo programma teorico quello approvato al Congresso costitutivo di Livorno, salvo a sostituirlo con quello dell’Internazionale ove essa entrasse nel criterio di Radek: in tal caso il partito assumerà come proprio programma teorico quello dell’Internazionale.

Si tratta quindi ora di passare a discutere del programma di azione del partito.

Bordiga: Per la completa comprensione del nostro programma da parte di tutti i compagni dell’Internazionale sarà necessario che esso venga preceduto nella sua redazione da una relazione sulla situazione economica, politica, sociale dell’Italia. Questo compito è assunto dall’Esecutivo del partito che ne curerà la redazione. Oggi per la discussione della Commissione si può fare a meno di tale relazione poiché tutti compagni che vivono in Italia sono perfettamente al corrente della situazione del paese.

Insieme a Terracini egli ha tracciato una specie di sommario del programma. Esso è di questo tenore [si tratta dei paragrafi della Relazione del PCd’I al IV Congresso; qui perciò non se ne ripete l’elenco].

Il compagno Bordiga propone che per la prima parte la Commissione si rimetta al documento che sarà redatto in collaborazione sua e di Terracini. Tutti i membri della Commissione accettano tale proposta.

Bordiga: È d’avviso che la parte generale del programma debba attenersi allo spirito delle tesi approvate al secondo Congresso del partito. Ciò non può costituire una lesione della disciplina poiché il lavoro della Commissione è solo consultivo e non deliberativo; sarà in definitiva il Congresso dell’I.C. che dovrà discutere, accettare o respingere le nostre proposte. D’altra parte lo sviluppo degli avvenimenti italiani ha dato piena ragione ai principi sostenuti nelle tesi presentate dall’Esecutivo al Congresso di Roma; ed è nostro dovere il farne la base dell’attuale proposta di programma, salvo la necessità di togliere ad essi il loro carattere di principi adatti a tutti i paesi e dare loro la forma di proposte tattiche per l’azione del partito italiano. Perciò propone:

Per il Fronte unico: lotta per la ricostituzione dell’Alleanza del Lavoro secondo la proposta comunista oggi accettata da altre frazioni di sinistra dei sindacati e, conseguentemente, convegno (già proposto dall’Esecutivo Sindacale comunista) per l’alleanza delle sinistre sindacali per la difesa dell’indipendenza dei sindacati dallo Stato e per la conservazione del loro spirito classista. Proposte di azione basate su rivendicazioni di carattere immediato e di interesse urgente per i lavoratori.

Per il governo operaio: attenersi alla lettera ed allo spirito della deliberazione dell’Esecutivo allargato di Mosca del Maggio, che esclude ogni accordo di carattere parlamentare con altre frazioni per la costituzione di un governo democratico e costituzionale.

Atteggiamento di fronte al Partito socialista: dopo l’esposizione delle ultime decisioni dell’Internazionale, le quali pongono il veto ad ogni iniziativa nostra su questo argomento, Bordiga espone quello che era il punto di vista dell’Esecutivo e della Centrale italiani. Riconferma la volontà di disciplina degli organismi dirigenti, ma non nasconde che prevede gravi conseguenze per il Partito ove le decisioni dell’Internazionale si realizzassero.

Elezioni amministrative: prospetta la possibilità di dovere trovare nuove forme di atteggiamento per evitare un’aperta lotta contro i socialisti in quei luoghi ove la lotta amministrativa assuma il carattere di lotta tra fascisti e proletari. In ogni modo però si deve evitare una forma di blocco e di accordo su base elettorale.

Tattica sindacale: rende nota la deliberazione dell’ultima riunione del C.C. che ha deciso di ammettere, in certi casi di elezioni di organismi più ampi dei sindacati e nei quali la lotta assuma il carattere di difesa della organizzazione rossa contro gli attacchi delle organizzazioni gialle e bianche, la lista sindacale sostituente le liste di partito ed accomunante tutti i partiti classisti: così nelle elezioni delle Commissioni interne, dei Consigli di amministrazione delle Cooperative e delle Mutue, ecc.

Bombacci: È d’accordo con Bordiga su tutti i punti della sua esposizione e stima la deliberazione di attenersi alle tesi del Congresso di Roma logica.

Reputa erronea e pericolosa la deliberazione dell’I.C. di accettare immediatamente i massimalisti dopo la loro divisione dai riformisti solo se dichiarano di voler entrare nell’Internazionale. Occorre attendere almeno un paio di anni prima di fare ciò. Egli che conosce personalmente non solo Serrati, ma tutti gli esponenti della frazione massimalista, rigetta il pensiero di potere nuovamente militare con costoro nello stesso Partito. Bisogna in ogni modo fare presente a Mosca la gravità della sua deliberazione ed insistere perché venga mutata. Persino tra i Terzinternazionalisti vi sono molti da escludere nel caso di una fusione; ciò deve fare pensare parecchio al pericolo di una fusione con i massimalisti, molti dei quali sono stati fino a ieri centristi e riformisti.

Sulla questione sindacale pone sull’avviso che forse la tattica iniziata di alleanza delle sinistre può condurre alla scissione dei sindacati. Noi non possiamo assolutamente accettare questa eventualità, come dobbiamo evitare di farci espellere. Egli accetterebbe anche la necessità di permanere nei sindacati di carattere nazionale, pur di restare a contatto con le masse.

Sull’Alleanza del Lavoro, dopo le esperienze dell’ultimo movimento, dichiara che il partito deve nell’avvenire rifiutarsi di partecipare ad azioni dirette dai riformisti, che ancora una volta si sono dimostrati i più malvagi nemici del proletariato.

Sulle elezioni amministrative, sostiene che in linea di massima, oltre alle possibilità tattiche proposte da Bordiga, non si dovrà partecipare che con liste di minoranza. I comuni costituiscono null’altro che un impaccio ed un tranello: bisogna accuratamente evitare di mettersi al rischio di dovere guidare le amministrazioni municipali.

Terracini: sul Fronte unico, esponendo gli episodi delle riunioni comuni dei partiti precedenti e preparanti l’ultimo sciopero, dimostra come la sua realizzazione sul terreno strettamente politico sia impossibile. Infatti anche socialisti, i repubblicani e gli anarchici che lo avevano voluto, dopo l’adesione del P.C. che si era dichiarato disposto a partecipare ad un comitato comune, dovettero essi stessi annullare la loro deliberazione. D’altra parte oggi in Italia, dopo lo sfacelo e la nuova scissione socialista, manca l’elemento stesso del fronte unico politico.

Il governo operaio oggi nel nostro paese non può assolutamente, per la situazione di fatto, neppure pensarsi nella forma dell’accordo di frazioni parlamentari. Esso non è altro che una spiegazione ed una maniera di presentare alle masse il principio della dittatura del proletariato. Ciò sarà fatto dal Partito, che non farà che continuare la sua azione passata.

Sulla questione sindacale: la tattica dell’alleanza delle sinistre mira appunto ad evitare quella scissione dei sindacati che giustamente è paventata da Bombacci. L’unione delle sinistre infatti, strappando ai riformisti la dirigenza della Confederazione, impedisce loro di realizzare il loro piano di unione con le organizzazioni gialle e bianche, il cui prezzo sarebbe l’espulsione dei comunisti dai sindacati. I riformisti minoranza della Confederazione non avrebbero nessun vantaggio dalla scissione di essa. E noi, perseguendo il nostro programma di fusione delle organizzazioni classiste, impediremmo per sempre i loro tentativi secessionisti.

D’altra parte noi non possiamo accettare il criterio di una costituente fra tutte le organizzazioni di ogni colore; vi è una tradizione a questo proposito in Italia che non può essere facilmente e leggermente spezzata. Noi saremo sempre per la costituente delle organizzazioni rosse, la quale è ormai entrata nel favore di tutte le organizzazioni come conseguenza diretta della propaganda svolta in tale senso dei comunisti.

Ravazzoli: non condivide le apprensioni di Bombacci per i supposti pericoli della nostra tattica sindacale. Egli che vive fra gli operai riconosce invece che la nostra via è la migliore.

Desidera sapere se la proposta del convegno delle sinistre sindacali prevede in conseguenza la costituzione di un comitato comune permanente.

Per le elezioni amministrative pensa che non si possa prendere una decisione di carattere generale, ma che Partito debba decidere di caso in caso.

Presutti: sulla questione del fronte unico è lieto di constatare di essere oggi molto più vicino a Bordiga di quanto non lo fosse al Congresso di Roma. In sostanza Bordiga non respinge in modo assoluto il principio del fronte unico coi partiti, ma rileva solo che la presente situazione italiana non consente la realizzazione di una tale tattica. In ciò egli consente completamente. Egli non ha parole bastanti per biasimare la deliberazione dell’I.C. nei confronti del P. S.; crede che Partito dovrebbe rifiutarsi di accettarla. In ogni modo è ben sicuro che solo un congresso del Partito italiano avrà il potere di ratificare una fusione coi massimalisti.

Coloro che al Congresso di Roma furono all’opposizione sono però oggi completamente con l’Esecutivo del Partito in questa questione.

Sulla questione amministrativa crede che, qualunque sia la deliberazione che si prenderà, essa sia urgente data l’importanza che nella vita pubblica italiana hanno i Comuni.

Bordiga: comunicare a Ravazzoli che la proposta del convegno delle sinistre è già stata accettata dai massimalisti e dai maffisti. Essa non tende a creare un Comitato permanente, ma solo a costituire un’intesa fra le sinistre perché si coalizzino nelle votazioni quando si tratti di difendere il concetto classista dei sindacati e la ricostituzione dell’Alleanza del Lavoro.

È lieto dell’unanimità di opinioni sulla questione socialista, ma avvisa che ogni opposizione è oggi inutile data la dichiarazione di disciplina fatta dal C.C. all’Esecutivo di Mosca.

La Commissione incarica Bordiga e Terracini di redigere il programma, impegnandosi ciascun membro di stendere quelle parti nelle quali si manifestò un dissenso: le elezioni amministrative e la tattica sindacale.

 

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