DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

“Pacifismo? No. Noi siamo fautori della violenza. Siamo ammiratori della violenza cosciente di chi insorge contro l’oppressione del più forte, o della violenza anonima della massa che si rivolta per la libertà. Vogliamo lo sforzo che rompe le catene. Ma la violenza legale, ufficiale, disciplinata all’arbitrio di un’autorità, l’assassinio collettivo irragionevole che compiono le file di soldatini automaticamente all’echeggiare di un breve comando, quando dalla parte opposta non meno automaticamente vengono incontro le altre masse di vittime e di assassini vestiti di un’altra casacca, questa violenza che i lupi e le iene non hanno, ci fa schifo e ribrezzo. L’applicazione di questa violenza militare alle masse di milioni di uomini tolti agli angoli più remoti degli Stati, nelle tremende alternative di questa guerra, non può avere altro effetto che di livragare [liquidare] e soffocare quello spirito di sacrificio e di eroismo a cui potremo domani chiamare i campioni dell’insurrezione proletaria – e che è ben diverso dalla bestiale tendenza a distruggere, ad uccidere finché è possibile, con gli occhi velati dal fumo e dal sangue.

“Noi pacifisti? Noi sappiamo che in tempo di pace non cessano dal cadere frequentissime le vittime dell’ingiusto regime attuale. Noi sappiamo che i bimbi degli operai sono falciati dalla morte per mancanza di pane e di luce, che il lavoro ha la sua percentuale di morti violente come la battaglia, e che la miseria fa, come la guerra, le sue stragi.

“E di fronte a ciò non è la supina rassegnazione cristiana che noi proponiamo, ma la risposta con la violenza aperta a quella violenza ipocrita e celata che è il fondamento della società attuale. Ma la violenza sacra della ribellione per non essere colpevole sacrificio deve colpire giusto e dare al tronco. Furono ben morti le migliaia di comunardi caduti sotto il piombo dei versaglieli. Ma il mandare al massacro in nome della rivoluzione un milione di uomini, consegnandoli ai dominatori di oggi perché siano impegnati in un’impresa di successo incerta, che trova le sue ragioni in una discutibile e bolsa retorica incosciente e contraddittoria, non si giustifica col dirsi immuni da tenerezze pacifiste, no, per dio, ma è opera insana da macellai impazziti.

“E contro di essa noi restiamo al nostro posto, per il socialismo, antimilitaristi domani come ieri e come oggi, perché desideriamo al sacrificio delle nostre vite, quando fosse necessario, una direzione molto diversa”

 

(da “Il socialismo di ieri dinanzi alla guerra di oggi”, L’avanguardia, nn. 359, 360 e 362 del 25-10, 1-11, 16-1 /1914; ora a pag 233 e seguenti del I volume della Storia della Sinistra Comunista 1912-1919, Ed. Il Programma Comunista, 1972).

 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2009)
 

 

 

 

 

 

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