DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il capitale, per creare “profitti”, ha bisogno della forza-lavoro: lavoratori, operai, impiegati… schiavizzati, incatenati al posto di lavoro in una disciplinatissima galera per almeno otto ore al giorno. Questi “galeotti” li deve mantenere in vita scambiando la loro forza-lavoro con il famoso “salario”: una certa quantità di denaro, la più bassa possibile, che possa loro assicurare l’acquisto e il consumo di cibo, merci varie, la pizza al sabato sera e una settimana sotto l’ombrellone e perché si possano procreare piccoli esseri umani che da grandi rimpiazzeranno la forza lavoro “esausta”.

 

E, fra le cose che servono a procreare, c’è  la casa: una struttura dove il nostro lavoratore, maschio o femmina che sia, possa riposare nel dopo-lavoro, possa passare il proprio tempo “libero” godendosi (e rincoglionendo) in TV l’ultima telenovela, il campionato di calcio o simili, il telegiornale, un reality…Insomma, dove possa in un comodo pigiama chattare sui social e infine frettolosamente adempiere alla riproduzione. (1)

Per di più, questo scambio tra merci e denaro non si limita allo scambio tra salario e forza-lavoro, ma regna in tutta la società (2): si espande a macchia d’olio e rivela la sua natura parassitaria da vampiro succhia-sangue. Anche la casa diventa una merce qualsiasi, con il suo valore di scambio e l’inevitabile codazzo di problemi: affitti alti, speculazioni, penuria di abitazioni in un oceano di case vuote e sottoutilizzate, distruzione del territorio…

Scriveva qualcuno tanto tempo fa:

“Ciò che si intende oggi per penuria delle abitazioni è il particolare inasprimento che le condizioni di alloggio degli operai, già cattive, hanno sofferto a causa dell’improvviso afflusso di popolazione verso le grandi città; si tratta cioè di un aumento enorme dei fitti, di un addensamento ancora più accentuato degli abitanti nelle singole case e per taluni addirittura dell’impossibilità di trovare purchessia un tetto […] L’estendersi delle grandi città moderne conferisce al suolo situato in alcune zone, e soprattutto in prossimità del centro, un valore artificiale, che spesso cresce enormemente; gli edifici che vi sono costruiti, anziché contribuire ad innalzare il valore stesso, piuttosto lo diminuiscono, dato che non rispondono più alle mutate condizioni; allora si abbattono e si rimpiazzano con dei nuovi. Questo succede prima di tutto con le abitazioni operaie situate al centro […] Si abbattono queste case, si innalzano al loro posto botteghe, magazzini, edifici pubblici […]. (Engels, La questione delle abitazioni, Editori Riuniti , pagg. 26-27).

E aggiungeva:

“Ora, donde proviene la penuria di abitazioni? Come si è venuta creando? […] Essa è il prodotto necessario della forma sociale borghese; che non può sussistere senza di essa in una società nella quale le grandi masse lavoratrici dipendono esclusivamente dal salario cioè dalla somma di mezzi di sussistenza necessari alla loro esistenza e alla loro riproduzione […] Le crisi industriali violente e regolarmente ricorrenti determinano da una parte l’esistenza di una numerosa riserva permanente di operai disoccupati, dall’altra gettano sulla strada, di tempo in tempo, privandola del lavoro, la parte preponderante degli operai; nella quale gli operai vengono riuniti in massa nelle grandi città […] Questa situazione comporta che i lavoratori vengono respinti dal centro delle città alla periferia, ma anche qui il Capitale ha ritrosia ad investire nelle abitazioni per le classi lavoratrici, le quali divengono per lo più prede degli speculatori.” (pag.57).

Che vecchie parole… che vecchia visione… che vecchio, ottocentesco e rancoroso comunismo!!! Oggi siamo proiettati verso un futuro fatto di tecnologia e scienza… si guarda a Marte, si lavora per creare l’intelligenza robotica, si allunga la vita, si cancellano le rughe con nuove pomate, si creano nuovi lavori nella società post-industriale… E il profitto? Il plusvalore?  Cazzate…

Bene, ne prendiamo atto.

C’è però qualcosa che stride. In uno dei tanti gazzettini (“La Repubblica” del 6 e 8 ottobre 2019), leggiamo:

“Città di New York: 61.000 persone cercano rifugio nelle strutture del comune e migliaia di persone vivono in strada. Più di 14.000 famiglie non hanno un tetto con 21.000 bambini.  Dati della Bowery Mission, un’organizzazione umanitaria newyorkese, che attribuisce, tutto questo, al rincaro dei canoni di affitto che spinge sempre più gente fuori casa”.

E così si continua:

“Il comune di New York ha aperto negli ultimi anni Novanta nuove strutture di accoglienza, e troviamo centinaia di organizzazioni religiose e associazioni umanitarie che cercano di alleviare le sofferenze. La comunità nera è coinvolta per il 58%, gli ispanici per il 31% e quella bianca per il7%. Non è sola New York, anzi gode di ottima compagnia: nella Bay Area che si estende tra S. Francisco, Santa Clara e la contea di Alameda, secondo la Bay Arena Council Economic Institute, i senza tetto erano 28.000 nel 2017, gente che dormiva in macchina, in strada o in accampamenti, cifre già superate: a S. Francisco dal 2017 al 2019, i barboni sono aumentati del 17%, escludendo quelli che stanno in galera o in ospedale. Sempre c’è il problema dell’impossibilità di pagare l’affitto: un bilocale costa 3.579 dollari, circa 3000 Euro; e una famiglia di 4 persone che guadagna 118mila dollari all’anno ha un basso reddito, per non parlare dei single che arrivano a 82mila dollari all’anno”.

Vogliamo poi aggiungere Los Angeles? E vai…

Il record aspetta alla sua contea, con 70mila senza tetto: la mortalità, tra loro, è raddoppiata negli ultimi 5 anni (1.047 morti in un solo anno) e la vita media è scesa a 51 anni. Tra questi disperati, troviamo anche famiglie “normali”, gente che ha un lavoro a tempio pieno ma che dorme in macchina o in tenda. Anche qui i salari non coprono gli affitti che costano il triplo della media nazionale, 600mila contro 200mila dollari.

Non possiamo concludere che con una “chicca”, sempre in tema di spiegazione e giustificazione di queste situazioni miserevoli (ancora da “La Repubblica”  del 6 ottobre): “Una battaglia, quella contro queste forme di indigenza estrema, comunque difficile da vincere, soprattutto per la resistenza di alcolizzati, malati di mente e drogati che non vogliono andare in residenze dove verrebbero controllati…”.

Ah, siamo salvi!… La società marcia e decrepita riesuma eserciti della salvezza, dame di carità, ecc.. E magari organizza un bel tavolo rotondo dove dialogare (va di moda)  con ben pasciuti economisti, sociologhi, giornalisti, pseudoterapeuti… sui comportamenti di tali “disgraziati”! Mah!

 

Note

  1. “… si sviluppa il proletariato, la classe degli operai moderni, che vivono solo finché trovano lavoro, solo fino a che il loro lavoro aumenta il capitale. Questi operai, che sono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolo commerciale, e sono quindi esposti, come le altre merci, a tutte le alterne vicende della concorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato […] Quindi le spese che causa l’operaio si limitano quasi esclusivamente ai mezzi di sussistenza dei quali egli ha bisogno per il proprio mantenimento e per la riproduzione della propria specie. Ma il prezzo di una merce, quindi anche quella del lavoro, è uguale ai suoi costi di produzione”. (Marx-Engels, Manifesto del Partito Comunista, ed, Laterza, 1966).
  2. “Quando lo sfruttamento dell’operaio da parte del padrone di fabbrica è terminato, in quanto all’operaio viene pagato il suo salario in contanti, si gettano su di lui le altre parti della borghesia, il padrone di casa, il bottegaio, il prestatore a pegno” (idem).

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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