DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

25. Primi passi incerti del Partito e vigorose reazioni della sinistra

La Direzione dovrebbe convocare il partito, e da solo; ma brancola nel vuoto, e indice per il 22 e 23 dicembre un altro dei tanti convegni ibridi, in cui si lascia attaccare a fondo dai destri, non sa reagire, e accetta una proposta… oscena sulla famosa costituente del proletariato!

Riporteremo la mozione votata, e, dopo di essa, per stabilire che le nostre critiche non nascono soltanto oggi, un deciso articolo di commento del "Soviet" di Napoli del 29 dicembre 1918. Abbiamo così un quadro esatto della situazione in Italia alla fine dell'ultimo anno di guerra.

L'Avanti! del 22-23 dicembre 1918 informa del convegno socialista indetto a Bologna con la presenza della Direzione, della C.G.d.L., del Sindacato Ferrovieri, della Lega dei Comuni Socialisti e del Gruppo parlamentare. I punti all'ordine del giorno tono i 4 del programma immediato - sui quali non vi è disaccordo - e un primo studio dei mezzi per la realizzazione del programma massimo o, come qui si dice, "massimalistico", secondo un ordine del giorno di cui parte si leggerà nella mozione Turati-Prampolini del 14 gennaio 1919. Orbene, nella mozione finale si legge che gli organi convocati: "mentre riconoscono la necessità di un'immediata agitazione per gli scopi indicati dal comma 1, 2, 3 e 4 dell'ordine del giorno [il programma minimo] della Direzione, ritengono che il decidere sulla possibilità e sui mezzi di agitazione per le finalità massimalistiche indicate nello stesso ordine del giorno e meglio specificate in altro ordine del giorno della Direzione, e da questa prospettate come immediatamente realizzabili, è di spettanza del proletariato organizzato politicamente ed economicamente, e, invocando quindi la convocazione, con le modalità dei relativi statuti, del congresso delle organizzazioni intervenute alla presente riunione, passano a discutere i mezzi per effettuare l'agitazione per il raggiungimento degli scopi accennati ai comma 1, 2, 3 e 4 [il programma minimo] del citato ordine del giorno".

Seguiranno convegni e congressi delle varie organizzazioni, politiche ed economiche, in merito al programma massimo.

Ed ecco, dal "Soviet" del 29 dicembre 1918, la tempestiva vigorosa protesta della sinistra: "Domenica 22 dicembre a Bologna si sono riunite le rappresentanze della Direzione del Partito Socialista, del Gruppo Parlamentare Socialista, della Confederazione Generale del Lavoro, della Lega dei Comuni Socialisti e del Sindacato Ferrovieri Italiani allo scopo di discutere i mezzi di attuazione del programma di rivendicazioni immediate formulato dalla Direzione stessa nella riunione del 7-11 c. a. e comprendente i seguenti punti:

1. - Immediata smobilitazione dell'esercito.

2. - Il ritiro immediato dei soldati dalla Russia rivoluzionaria.

3. - Il diritto delle libertà fondamentali della vita civile.

4. - Amnistia per tutti i condannati politici.

Dal resoconto apparso sull'Avanti! del 25 u. s. risulta che i convenuti vollero però mettere in discussione anche il deliberato della Direzione sul programma massimo d'azione, il quale dice che il Partito si propone l'istituzione della repubblica socialista e la dittatura del proletariato.

Non ci perdiamo a contraddire le affermazioni antirivoluzionarie dei deputati e organizzatori riformisti, che non ci sono riuscite nuove.

Protestiamo, però, contro la ingerenza dei vari organismi, che hanno il proprio compito ben delineato, in quello che è invece compito del Partito socialista, di tracciare cioè le grandi direttive dell'azione politica del proletariato.

Più volte nei tempi che precedettero l'ultimo Congresso fu criticato che la Direzione sottoponesse i suoi deliberati al consenso del Gruppo Parlamentare e della Confederazione. Noi estremisti fummo sempre avversissimi ad una proposta Treves per un Comitato di questi tre organismi, che avrebbe dovuto assumere fin dall'inizio della guerra la direzione della politica operaia.

La proposta ebbe poi varie altre edizioni, e ci pare vederla ricomparire nell'o.d.g. votato al convegno di Bologna, per una specie di Costituente del Proletariato.

Queste assisi operaie dovrebbero essere elette dai singoli Congressi Nazionali degli organismi convenuti a Bologna (per evitare una possibile confusione di termini, avvertiamo i lettori di non confondere questa proposta Costituente del Proletariato con l'Assemblea Nazionale Costituente, di cui si parla e di cui ci occuperemo nell'articolo di fondo del prossimo numero).

Siamo nettamente contrari a questo deliberato ed a questa proposta. Anzitutto non sapremmo dire da quali Congressi pretenderebbero un mandato il Gruppo Parlamentare Socialista e la Lega dei Comuni, organi del Partito Socialista, il cui congresso si esprime nella Direzione eletta dalla maggioranza.

Quello che collegialmente pensi la maggioranza dei Deputati o dei Sindaci socialisti messi assieme dal caso elettorale, ha valore NULLO nel determinare la politica socialista.

Quanto alle organizzazioni sindacali, esse possono riunire i loro Congressi, ma questi non hanno il valore di consultazione dei Congressi di Partito per i quali ogni Sezione discute e nomina i suoi delegati; poiché le leghe di mestiere non sono convocate quasi mai a discutere, e la rappresentanza di esse viene assunta pure dall'organizzatore, che non rispecchia per definizione il pensiero delle masse.

Abbia la Direzione il coraggio di dichiarare esplicitamente che il Partito Socialista Italiano, organismo politico di Classe, rappresenta assai meglio dei Convegni di Deputati, di Sindaci e di Organizzatori di professione, la volontà del Proletariato Italiano, che lo confortò della sua adesione e della sua simpatia nelle ore tristi in cui sembrava alla sopraffazione avversaria di poter cantare vittoria, e tanto più si stringe attorno ad esso oggi che l'ora della riscossa e della vittoria è vicina".

Più significativo ancora l'ordine del giorno votato al già citato convegno meridionale del 29 dicembre 1918, emanante dalla sezione di Napoli: "I rappresentanti delle sezioni socialiste riunite a convegno a Napoli, salutano i lavoratori di tutto il mondo in lotta contro la dominazione capitalistica che, abbattuta in Russia, precipita già in Germania e cadrà successivamente in tutti gli altri paesi;

dichiarano che la dottrina marxista e le esperienze socialiste contemporanee convergono successivamente nel determinare lo svolgimento storico verso il socialismo: lotta del proletariato organizzato in partito di classe contro la borghesia; conquista rivoluzionaria del potere politico; organizzazione del proletariato in classe dominante; intervento del governo socialista in tutti i rapporti dell'economia per attuare la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, con la finalità di sopprimere le classi e instaurare il regime della solidarietà e dell'uguaglianza sociale;

ritengono che all'infuori di tale specifico compito storico il P. S. non debba adoperarsi a minime realizzazioni tendenti a rendere più sopportabile e quindi più duraturo il regime borghese;

affermano essere urgente dovere del P. S, intensificare il lavoro di propaganda e di organizzazione interna per trovarsi in grado di guidare il proletariato nelle conquiste della rivoluzione;

pensano che le organizzazioni sindacali parteciperanno tanto più ai grandiosi avvenimenti che si preparano, quanto più, ripudiato ogni compromesso con le classi borghesi e riconoscendo il valore politico della lotta di classe, daranno alla loro opera carattere socialista e spingeranno l'avanguardia dei lavoratori organizzati nelle file del Partito;

respingono la proposta di Assise proletarie o Costituente operaia votata a Bologna il giorno 22 dicembre, contestando che il Gruppo Parlamentare e la Lega dei Comuni possano deliberare e seguire un indirizzo diverso da quello sancito dal Congresso del Partito, del quale sono semplici organi esecutivi;

sono sicuri che la Direzione saprà rivendicare al Partito il compito di segnare le vie dell'azione politica rivoluzionaria del proletariato; e che questo risponderà all'appello del Partito, con cui divise fremendo le ore dell'avversità e della persecuzione, quando sarà l'ora del supremo cimento che i propositi e l'opera dei socialisti debbono con ogni sforzo e sacrificio affrettare".

Anche in un convegno interprovinciale di Milano dello stesso 29 dicembre prevale la direttiva di sinistra, e Interlenghi presenta una mozione, approvata, che conclude per gli obbiettivi della repubblica socialista e della dittatura del proletariato.

Mentre quindi in tutte le regioni d'Italia le organizzazioni di base dei Partito e la sua vivace stampa settimanale si orientano verso le tesi di sinistra, dall'opposta banda si agitano i riformisti prevalenti nel Gruppo parlamentare, che si riunisce a convegno a Milano il 12 e 13 gennaio 1919 in seguito ai deliberati di Bologna che gli avevano conferito poteri non regolari.

Anche presenti sono rappresentanze della Lega dei Comuni socialisti e della Confederazione Generale del Lavoro. Si dichiara che la riunione deriva dal convegno di dicembre e dalle decisioni della Direzione del partito rivolte ad ottenere i mezzi di lotta per i quattro capisaldi del programma immediato, e si riferisce la mozione politica della Direzione, per fame poi una decisa critica. A merito della Direzione va riportata la frase che dai testi precedenti non si deduce: "la pace internazionale non è realizzabile se non dopo la demolizione del regime borghese capitalista".

Dopo alcune osservazioni dei rappresentanti la Direzione, questa assemblea riconosce di aver solo voto consultivo per la politica del partito. Quando si viene alla votazione delle mozioni, votano i soli deputati che alla fine si schierano così: 9 per la mozione Turati-Prampolini, 7 per una di Bussi, poco meno destra, e 4 astenuti perché di tendenza più sinistra: Caroti, Maffi, Morgari e Basaglia.

Sulla politica internazionale si vota all'unanimità un ordine del giorno Treves, abile di redazione, ma di tono del tutto riformista. Sono deplorati gli appetiti imperialistici delle vittoriose potenze della Intesa, e anche gli eccessi delle minoranze nazionaliste in fermento per tutta l'Europa fra scontri sanguinosi; si invoca l'azione del più che putrefatto Bureau International per una difesa socialista, ma si finisce con l'elogio dell'"idealismo wilsoniano" (Treves, che critica l'idealismo dei sinistri, lo esalta poi nel viscido e quacquero presidente americano!) con una formula pessima: convergenza di un altro sistema di interessi politico-capitalistici in armonia con le più immediate finalità del Proletariato... (!!). Si precorreva fin da allora, sollevando le contemporanee invettive di Lenin, la coesistenza carognesca del 1960 e anni seguenti.

Ma vi é anche di peggio nella mozione Turati-Prampoiini. Riportato il programma massimo della Direzione con i suoi deformi quattro punti, si ha buon gioco nel farne strame osservando "che a prescindere dalla strana mescolanza di socialismo massimalista astratto e di concreto sindacalismo corporativista, e quindi antisocialista, contenuta nelle surriferite enunciazioni - la formulazione di tale complesso programma, inscindibile nelle sue parti come nel suo spirito, rivela una insanabile contraddizione, teorica, tattica e pratica, tra i singoli scopi che esso prospetta, e implicherebbe l'abdicazione dell'azione socialista proletaria, tanto per rispetto alle sue finalità immediatamente o più prossimamente realizzabili, quanto - e per conseguenza necessaria - di fronte alle sue finalità più remote...";

e via via si condanna l'asserita impossibilità della pace prima della caduta del capitalismo, per esaltare un democratico pacifismo; si deplora la illusione che il socialismo possa vincere per un atto di volontà istantaneo e prodigioso da parte di esigue minoranze; si esorcizza il ricorso a "tentativi di violenza"; si condanna la "imprecisa ed equivoca allusione ad una dittatura del proletariato sulla maggioranza nazionale" come destinata a provocare una reazione da destra; si squalifica la prova dello sciopero generale come provocatoria di disastri proletari; si sviolina sulla graduale conquista dei poteri e sull'educazione ad esercirli delle grandi masse (e quando mai queste non stanno a riempire la bocca dei controrivoluzionari e dei traditori del socialismo??): si rinnova la filastrocca delle eterne rivendicazioni minime; e via via via; finalmente si invitano i lavoratori a fiancheggiare non il partito socialista, ma gli sforzi delle sue rappresentanze parlamentari, sindacali e amministrative.

Questa mozione fu un vero audace Manifesto delle forze controrivoluzionarie ben insediate nel partito, e convinse noi della sinistra che per sperare in un esito delle lotte del dopoguerra favorevole alla classe operaia e al socialismo queste forze dovevano essere battute ed estromesse.

Da notare che lo stesso d'Aragona, nel presentare i punti programmatici prima riferiti della Confederazione, disse fra l'altro di approvare "le affermazioni massimali [sic!] della direzione del Partito, in quanto esplicano l'aspirazione ad una conclusione definitiva del processo storico che la guerra ha accelerato".

Più audaci dunque, nel senso di destra, i deputati socialisti che gli stessi famigerati bonzi sindacali...

Il 30 gennaio, in questa vera mobilitazione delle forze della destra, si riunisce ancora a Bologna il consiglio nazionale della Confederazione, che sviluppa il programma di novembre. Il 2 febbraio l'Avanti! riporta la mozione finale e vari discorsi.

Il quotidiano del partito, se protesta contro il sabotaggio poliziesco ai suoi servizi, ne rende però troppi alla destra: il convegno parlamentare era sotto il titolone: "I deputati socialisti contro la dittatura imperialista" - il Convegno Confederale è presentato addirittura come: "Le direttive politiche della Confederazione del Lavoro fissate dal convegno nazionale".

Più che nella riunione dei deputati, troviamo qui traccia di reazioni della sinistra. Il deputato Cagnoni muove serie obiezioni agli oratori di destra; Polano, che rappresenta la Federazione giovanile, dichiara di non votare l'ordine del giorno per la sua stesura equivoca tra rivendicazioni massime e minime. La prima mozione vara otto dei punti di dettaglio delle rivendicazioni immediate. Si passa poi ai quattro di natura politica. Giustamente Cagnoni ancora interviene perché si lasci il tema al partito. Il riformista Bianchi (Giuseppe) difende a fondo l'indirizzo confederale. L'abile polemista, di cui in molte occasioni rimproverammo la duplicità, pretende di citare Marx contro la dittatura del proletariato. Secondo questo tipo (peccato che sia morto e non si può più sfidarlo a provare), sarebbero parole di Marx le seguenti: "Ciò che importa al proletariato è di prepararsi con lo sviluppo della sua organizzazione economica e politica - qualunque cosa possa accadere - all'altezza degli avvenimenti. Più questa organizzazione autonoma della classe operaia si svilupperà, più la concezione primitiva e semplicista della dittatura del proletariato dovrà subire delle profonde modificazioni. Con un proletariato potentemente organizzato si può ammettere che non si tratterà di utilizzare ad altri fini lo Stato borghese, quanto di sostituirgli il nuovo Stato, che fin da ora è in formazione nelle vaste federazioni sindacali e cooperative" (!!??).

Si trattò di un falso brutale, e forse qualche compagno diligente saprà trovare nella stampa del tempo come lo si ricacciò in gola al superdestro oratore. Egli presentò concludendo la mozione confederale, che fu vivamente discussa. Un potente discorso contro la parte riguardante la trasformazione corporativa del parlamento lo fece il noto riformista on. Nino Mazzoni, uomo tuttavia di fede e di coraggio a tutta prova. Egli mostrò che questa tendenza neocorporativa e di ritorno al medioevo è forte in molte sfere capitalistiche e deprecò le degenerazioni del laburismo e dell'operaismo volgare. Anche come socialdemocratico Mazzoni afferma qui che "la designazione della sovranità della massa non può farsi che traverso la grande competizione degli interessi sotto la bandiera delle idealità politiche".

Non è una formula dottrinale da marxisti rivoluzionari, ma la segnalazione del grave pericolo deviazionista che negli anni che seguirono potemmo chiamare coi nomi tanto lontani di Mussolini, di Gramsci, di Krusciov.

Si votò per divisione. Il punto osteggiato da Mazzoni ebbe solo scarsa prevalenza: 88.481 contro 75.773. Ma i rappresentati non ne sapevano nulla! Il blocco del carrozzone ignobile passò dunque per approvato all'unanimità. Il vero partito politico e la compagine dei socialisti italiani vagavano in una perniciosa incertezza.

Il 9 febbraio si riunì a Berna una conferenza socialista internazionale. Saggiamente gli inviati italiani, Morgari e Casalini, si ritirarono dopo aver constatato che non si trattava di ridare vita alla Internazionale sulla base della lotta di classe, ma di fare un nuovo tentativo di riunione dei socialisti dei soli paesi vittoriosi. Altre sezioni dall'indirizzo classista se ne ritrassero egualmente.

Frattanto i compagni bolscevichi russi lavoravano alla fondazione della terza Internazionale Comunista. Finalmente tra il 18 e il 22 marzo del 1919 la Direzione del partito si riunisce a Milano, in un più vigoroso spirito, e con 10 voti contro 3 decide l'adesione alla Internazionale rivoluzionaria.

L'estrema sinistra del partito aveva da tempo manifestato la richiesta dell'adesione a Mosca e fatto capire che questo era tema da risolversi dalla Direzione e dal Congresso nazionale, senza chiedere pareri alle organizzazioni economiche o al gruppo parlamentare. La sezione socialista di Napoli si era pronunziata in tal senso come dal seguente estratto del n. 14 del "Soviet" (13): "La III Internazionale sta per essere un fatto compiuto finalmente. Vi è per essa una proposta formale del governo dei Soviet di Russia. [Censura] ...A questo proposito la Sezione Socialista di Napoli ha votato il seguente ordine del giorno: "La Sezione Socialista di Napoli invita la Direzione del Partito ad accettare integralmente la proposta del Partito Comunista Russo per la costituzione della nuova Internazionale, e a troncare ogni rapporto con il B. S. I. di Bruxelles".

La Direzione del partito a Milano accetta formalmente la proposta russa col voto del deliberato seguente, che - scrive il "Soviet" - "ha il nostro plauso incondizionato": "La Direzione del PSI, preso atto che il "Bureau Socialiste International" é ormai un istrumento della politica di guerra della borghesia pseudo-democratica, tendente alla mistificazione del proletariato, e riesce solo di impaccio alla ripresa dell'attività dell'Internazionale socialista rivoluzionaria; constatato che sono tornati vani tutti gli sforzi tendenti a ridare vita alle energie del proletariato socialista mediante l'azione del B.S.I., costituitosi ostaggio della borghesia imperialistica dell'Intesa; che l'alleanza costituitasi a Berna fra le tendenze socialpatriottiche dell'imperialismo intesista e le tendenze socialpatriottiche dell'imperialismo degli Imperi Centrali, mette in più chiara luce il carattere reazionario di tutte le frazioni che sono venute meno agli impegni dell'Internazionale contro la borghesia capitalista che ha lanciato i popoli alla guerra; - constatato che è perciò inconcepibile la permanenza in un unico organismo di coloro che tennero fede ai principi dell'Internazionale a fianco di quelli che la tradirono e che tuttora si oppongono al realizzarsi del socialismo; - tenuto presente che il Bureau anziché provvedere, appena cessato il conflitto mondiale, alla immediata convocazione dei Partiti ed Organizzazioni ad esso aderenti, si prestò alla riuscita della conferenza di Berna che fu null'altro che una mascheratura di Conferenza internazionale socialista; - delibera il proprio distacco dal B.S.I, e aderisce e dà l'opera propria per la costituzione dell'Internazionale socialista rivoluzionaria sulla base e sui principi posti dai compagni russi, per la riunione di una Conferenza internazionale socialista contro i traditori del proletariato;

- delibera inoltre di compiere opera attiva per ottenere che i socialisti di tutti i paesi rimasti fedeli all'Internazionale socialista aderiscano a tale concetto, sia convocandoli, a dispetto di qualsiasi proibizione, in convegno preliminare, sia compiendo quella qualunque azione atta a raggiungere la realizzazione del fine deliberato".

 

26. Avvisaglie pre-elettorali

 

La riunione della Direzione a Milano ebbe luogo dal 18 al 22 marzo 1919. Il riportato ordine del giorno, leggermente diverso nel testo del "Soviet" e in quello dell'Avanti! (si pensi alla censura) reca le firme di Gennari, Serrati e Bombacci. Ottenne dieci voti contro tre; non sappiamo dire chi furono i tre contrari, e se Lazzari fu tra essi.

La Direzione non poteva ignorare le proteste che le erano giunte da ogni parte del partito dopo i non soddisfacenti convegni del Gruppo parlamentare e della Confederazione del Lavoro, che abbiamo sopra illustrati.

Tra gli altri settimanali del partito il "Soviet" ha un vigoroso articolo contro l'atteggiamento del gruppo parlamentare fin dal numero del 2 febbraio, e critica aspramente il consiglio nazionale della Confederazione del 31 gennaio nel numero del 9 febbraio con un articolo dal titolo "Il parto chirurgico del laburismo italiano" sottolineando il consenso del fascismo mussoliniano a tale pernicioso indirizzo, che insensibilmente, e senza trovare resistenze continue se non nelle forze della battagliera sinistra comunista italiana, serpeggerà per decenni verso l'ordinovismo e il krusciovismo. Vi si legge: "La Confederazione opera così contro il partito e contro la Rivoluzione in un sintomatico accordo colla classe industriale, che si rileva da vari indizi sui quali porteremo la nostra attenzione, e prepara tra il consenso dei Mussolini quel Partito del Lavoro che, facendo una sua politica corporativista e riformista, farà da scudo alla borghesia italiana contro il bolscevismo del Partito.

Di fronte a ciò noi pensiamo che si debbano organizzare manifestazioni delle masse confederate contro i dirigenti e di consenso con la politica del partito, al quale piuttosto che ai pochi segretari e funzionari propri le organizzazioni sindacali devono rimettere la direzione della lotta politica. Ma intanto che fa la Direzione del Partito? E come mai l'Avanti! pubblica i prolissi resoconti confederali senza i commenti necessari a proteggere il proletariato dall'insidia che gli viene tesa?

Si verrà nella determinazione di andare risolutamente incontro alla selezione che i riformisti per conto loro accelerano con un contegno di aperta indisciplina, e si porrà termine allo spettacolo di incertezza e di contraddizione, che recide i nervi e prostra le energie del proletariato socialista?"

La Direzione, dunque, nella seduta di cui trattiamo torna sulla questione. Era all'ordine del giorno l'argomento dell'azione per i "quattro punti immediati" (smobilitazione; libertà, ritiro truppe dalla Russia e Ungheria, amnistia generale e completa): la Direzione conferma il proposito di organizzare uno sciopero in loro appoggio, sciopero "la cui proclamazione sarà fatta appena il lavoro per la organizzazione e coesione delle forze proletarie e socialiste darà affidamento per il suo pieno e completo successo".

Nel corso della riunione, vivaci critiche sono rivolte al Gruppo parlamentare e alla Conf. del Lavoro, per avere il primo introdotto a scapito del suddetto programma minimo "la diversione della riforma elettorale" e la seconda quella della proposta di Costituente. Perciò viene votato questo o.d.g.: "La Direzione… constata ancora una volta che l'attività in genere dei rappresentanti politici in Parlamento e fuori non può soddisfare l'azione richiesta dalla gravità del momento presente e dalle esigenze del Partito [su questa parte Repossi si astiene "perché ritiene debbasi dare una più precisa condanna all'opera del Gruppo, specie per la riunione dei deputati avvenuta a Milano e relativa deliberazione, e per la condotta tenuta in occasione della presentazione del progetto di legge per la proporzionale"] e reclama dalle sezioni interessate un'attenta vigilanza sulla funzione politica compiuta da singoli deputati allo scopo di ottenere da essi un maggior affiatamento con gli organi direttivi del Partito per la esplicazione del loro mandato secondo la espressa volontà dell'ultimo Congresso Nazionale, ed ora principalmente per il dovere di solidarietà socialista internazionale che il Partito ha sempre affermato, onde assicurare la libertà e il trionfo della Repubblica Socialista di Russia".

Va qui ricordato che i partiti parlamentari di sinistra borghese avevano varata la riforma per cui dal collegio uninominale (il suffragio universale lo aveva già dato Giolitti in relazione alla "pillola" guerra di Tripoli) si passava allo scrutinio di lista per collegi provinciali con rappresentanza proporzionale. Giolittiani, nittiani e cattolici se ne facevano belli nella loro ostentata qualità di ex neutralisti, facendo il chiaro gioco dei responsabili della guerra con l'offrire quell'offa al proletariato. Dal campo socialista si doveva affermare ben altro: la fine della democrazia elettiva e la dittatura rivoluzionaria. Ma i nostri signori deputati si dettero a indorare la nuova amara pillola e a magnificare la conquista democratica: di qui la giusta ira di Luigi Repossi. La situazione tornerà dopo l'altra guerra mondiale 1939-45, e si elargirà il suffragio anche alle donne, malgrado gli annosi tremori che fosse sfruttato dai preti. Noi a gridare con Marx da un secolo: Basta con la democrazia! - e di contro le generazioni in tutto simili di carognoni a piatire: Più democrazia!, reggendo gli zebedei alla controrivoluzione.

Ciò che trascinava il partito non era la visione radiosa della Europa rossa, ma quella oscena di una grande orgia di vittorie elettorali.

La Direzione del partito fu presto costretta ad occuparsi di questo argomento che era in discussione in tutto il partito. La sezione di Napoli era stata la prima a pronunziarsi per l'astensione dalle non lontane elezioni politiche generali, ed il "Soviet" organo della federazione napoletana già evolveva verso la sua seconda fase di organo di un movimento nazionale, la Frazione Comunista Astensionista del PSI Da molte parti d'Italia giungevano al "Soviet" adesioni non di compagni isolati ma di gruppi e di intere sezioni del partito. La polemica cominciava ad accendersi e l'allarme si spargeva nella destra del partito. Occorre appena dire che il primo mezzo ovvio di questa polemica degli inveterati "elezionisti" fu di dire che si trattava di estremisti arrabbiati, di elementi anarchici che ritornavano alle posizioni di prima del 1892, e addirittura di bakuninisti. Nel seguito si vedrà come la corrente del "Soviet" non solo nulla avesse di anarchismo o di sindacalismo, ma fosse caratterizzata dalla più rigida condanna su basi marxiste dell'anarchia e del sindacalismo alla Sorel, e parimenti lontana da un insurrezionismo cieco e barricadiero.

Nessun componente della Direzione si fece portavoce della proposta astensionista, e, salvo una generica preoccupazione di Gennari, di cui diremo, l'ordine del giorno sulla partecipazione alle elezioni ebbe voto unanime.

La presa di posizione degli astensionisti, oltre che nei primi convegni meridionali e campani e nelle assemblee di sezione a Napoli, si ha fin dagli articoli: "Illusione elezionista", del 9-2-l9; "Contro l'intervento alla battaglia elettorale", del 16-2; "Elezioni o conquista rivoluzionaria del potere. Contro il pregiudizio elezionista", del 23-2, e via via in tutti i numeri. Val la pena di dire che è falso che il "Soviet" si occupasse solo della questione della tattica elettorale. Nello stesso numero ora citato si tratta di: "Il bolscevismo pianta di ogni clima" che é già risposta preventiva ai tradimenti stalinisti di molti anni dopo, e per non citare troppo largamente basti il titolo del 27-4: "L'utopia della pace borghese"; in cui si prende posizione contro un altro futuro cancro della politica rivoluzionaria, l'infame pacifismo.

Ecco il testo del voto della Direzione, nel quale segnaliamo la timida iniziale riserva che la rivoluzione politica possa precedere la convocazione dei comizi elettorali! Quella che noi invece chiedevamo era la salvezza del proletariato e del partito dal naufragare ed affogare nell'orgia legalitaria, in cui la borghesia aveva interesse ad attirarlo. Quando il "Soviet" scriveva: o elezioni o rivoluzione, intendeva dire che non ci si doveva gettare nelle elezioni per dedicarsi invece alla preparazione dell'azione illegalitaria per la presa del potere, cui non si pretendeva, e lo vedremo, di prefiggere una data come si può farlo per la giornata della corsa folle alle urne. "La Direzione, confermando per tutte le Sezioni e tutti gli organi del Partito il dovere di rendere più intensa ed estesa la agitazione per quell'azione immediata e quell'obiettivo che formano l'indirizzo della politica attuale del Partito, - di fronte alla possibile convocazione dei comizi elettorali prima che lo sforzo liberatore del proletariato abbia portato anche in Italia la classe lavoratrice al possesso del potere esecutivo: - ricorda che il metodo elettorale per la conquista dei poteri pubblici forma parte integrante del programma fondamentale e della storia del Partito, il quale non può rinunziarvi senza perdere il suo vero carattere; - ritenuto che le deliberazioni degli ultimi Congressi Nazionali indicano chiaramente e a sufficienza la tattica elettorale che il Partito deve seguire per mantenere anche nel campo parlamentare l'indipendenza e la separazione dell'azione socialista da tutte le correnti politiche della classe dominante, - delibera di impegnare tutte le Sezioni del Partito a preparare il lavoro elettorale, adottando per la scelta dei candidati il metodo di scrutinio per larghe circoscrizioni regionali che saranno determinate dalla Direzione del Partito, con rappresentanza proporzionale - metodo che il Partito reclama energicamente dallo Stato per le proprie elezioni - e il criterio di iscrizione al Partito per un periodo non inferiore ai cinque anni e di accettazione della disciplina del Partito entro e fuori del Parlamento, - e stabilisce fin d'ora che in caso di votazioni di ballottaggio nessun appoggio sarà dato alle candidature estranee al Partito e saranno ritirate le candidature socialiste risultate in evidente inferiorità numerica; - determinando nelle seguenti linee principali il programma elettorale che deve servire di base e di agitazione nella presente lotta politica: - sostenere di fronte al sistema legislativo parlamentare della borghesia il sistema di rappresentanza politica per mezzo dei Consigli dei Lavoratori;

- smascherare le menzogne della democrazia borghese condannando i responsabili della guerra, per opporre alla dittatura degli sfruttatori quella degli sfruttati; - dimostrare la necessità che alla conquista del potere politico il proletariato deve aggiungere quella del potere economico per creare i nuovi congegni adatti alla gestione collettiva per la produzione e la distribuzione della ricchezza".

È da notare che Gennari aveva proposto d'inserire una pregiudiziale nel senso che si sarebbe partecipato alle elezioni solo nel caso che "non scoppino nuovi avvenimenti che consentano la attuazione del nostro programma d'azione" e alla condizione che fossero assicurate la libertà massima di propaganda e voto, la smobilitazione generale e l'amnistia completa: "Se tali condizioni non saranno assicurate e rispettate, le elezioni dovranno essere impedite con qualunque mezzo".

La proposta non ebbe seguito.

Nel commentare questo voto il "Soviet" del 30-3-1919 esprime la sua delusione perché la Direzione "massimalista" ha deciso l'intervento del partito alle elezioni. Conferma la disciplina al deliberato della Direzione, ma rileva che "mentre la Direzione è per l'azione massimalista ed accetta le elezioni, vi sono nel partito altri elementi che vogliono le elezioni, ma negano l'azione rivoluzionaria. Con costoro non si può né si deve volere la collaborazione, né da noi astensionisti, né dai compagni massimalisti favorevoli alle elezioni".

E conclude che è necessario convocare il Congresso Nazionale Socialista per giungere all'irrevocabile "taglio" dalla destra opportunista - quel taglio che in autunno, al congresso di Bologna, la estrema sinistra riproporrà, pronta a sacrificare per esso la pregiudiziale astensionista; ma che gli esponenti del vacuo massimalismo respingeranno.

Tra queste evidenti incertezze degli organi di lotte della classe operaia, a cui manca una chiara visione delle direttive da seguire, e mentre si scontrano indirizzi contrastanti e incompatibili fra loro, si iniziano irresistibili i primi moti proletari, di cui non possiamo che dare un cenno a grandi tratti.

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