DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(Riunione Generale di Partito – Milano, 24-25/10/2015)

Nella prima parte pubblicata nel n. 1/2016 di questo giornale, due sono le domande a cui il testo si propone di rispondere in merito al problema dell’automazione. La prima è: “Come faranno milioni di esseri umani a sopravvivere senza un lavoro in conseguenza dell’aumento della produttività e della sua estensione?” Posta così la domanda, la risposta porta direttamente verso le illusorie soluzioni borghesi e piccolo-borghesi. La vera domanda è: “Come farà il capitale a sopravvivere senza sfruttare il lavoro di milioni di esseri umani?”. La seconda domanda è: “Perché il capitale rivoluziona costantemente le condizioni di produzione?”. L’incremento della produttività in regime capitalistico non nasce dalla necessità di produrre con meno sforzo di lavoro, ma di incrementare il plusvalore estorto alla forza lavoro occupata. La crescita della produttività è in funzione della crescita dello sfruttamento, e solo in conseguenza di questo risultato si determina l’aumento del prodotto. Le due tabelle inserite nel testo chiarivano le questioni della crescita e ristagno della produttività dalla precedente crisi degli anni ’70 a oggi: la prima proponeva i dati della Produzione oraria, della Produzione e ore lavorate nella manifattura con i Tassi d’incremento annuo dal 1979 al 2007 (ciclo lungo) e dal 2007 al 2011 (ciclo post-crisi) per i principali otto paesi del mondo, la seconda i dati del Prodotto per ora lavorata e Prodotto per addetto nell’industria manifatturiera dal 2007 al 2011, per gli stessi paesi. La conclusione tratta da questi dati era la seguente: “Il dato significativo che esce da questa pur parziale disamina è che nella maggior parte dei capitalismi maturi la risposta alla crisi non si avvale di investimenti in innovazione alla ricerca di produttività crescente. Ne deriva un ristagno dell’accumulazione, la cui dinamica procede più grazie agli investimenti diretti esteri che a quelli interni”. E inoltre: “D’altra parte, il generale ritardo degli investimenti anche nella fase post-crisi, quando dovrebbero ripartire alla grande, è frutto di un capitalismo ultramaturo che deve affidarsi anche all’estrazione di plusvalore assoluto per ottenere saggi di profitto più elevati rispetto a quelli – evidentemente insostenibili – consentiti della composizione organica media data”. Continuiamo ora con il testo.

 

IV- Produttività e plusvalore

L'andamento storico degli incrementi di produttività rimanda alla loro relazione con l'incremento del plusvalore che rappresenta lo scopo della produzione capitalistica. Nel riassumere la questione, Marx rileva in primo luogo che "l'aumento della produttività del lavoro vivo aumenta il valore del capitale (o diminuisce il valore dell'operaio) non perché essa aumenti la quantità di prodotti o valori d'uso creati col medesimo lavoro – la forza produttiva del lavoro è la sua forza naturale – ma perché riduce il lavoro necessario. Ossia, nella stessa proporzione in cui riduce quest'ultimo, essa crea pluslavoro, o che è lo stesso, plusvalore (1).

Quale che sia la produttività, quale che sia la quantità di merci prodotte, a parità di capitale variabile una giornata lavorativa di otto ore produce lo stesso valore. Ciò che cambia al variare della produttività è il rapporto tra la parte della giornata lavorativa spesa per la riproduzione della forza lavoro e la parte spesa per il capitale.

Al crescere della produttività cresce il plusvalore in rapporto al valore della forza lavoro vivente (il saggio del plusvalore, Pv/v). Esiste dunque una diretta correlazione fra crescita della produttività e crescita del plusvalore, ma l'aumento del plusvalore, precisa Marx, non sta al passo con l'aumento della produttività: essa porta incrementi diversi in tempi diversi per il lavoro necessario e il plusvalore; mentre il valore assoluto dell’incremento è uguale tanto in v (che diminuisce) quanto nel plusvalore (che aumenta), il decremento relativo di v è diverso dall’incremento relativo di pv e dipende dalla situazione di partenza. Gli incrementi relativi successivi di pv sono maggiori quando il plusvalore è piccolo, sono minori quando il plusvalore è grande. Così, “il plusvalore del capitale non aumenta in ragione del moltiplicatore della produttività, ossia del numero di volte in cui aumenta la produttività (posta come unità, come moltiplicando), bensì in ragione del surplus della frazione di giornata di lavoro vivo, che originariamente rappresenta il lavoro necessario, su questa frazione medesima, diviso per il moltiplicatore della produttività” (Marx) (2).

Da una situazione di partenza (½, ½), raddoppiando la produttività si ha: per v, ½-(1/2 x ½)=1/4; per pv, ½+(1/2 x ½)=3/4; da cui, se raddoppio ancora, si ha: per v, 1/4-(1/4 x ½)=1/8; per pv, 3/4+(1/4 x ½)=7/8; e, raddoppiando ancora, si ha: per v, 1/8-(1/8 x ½)=1/16; per pv, 7/8+(1/8 x ½)= 15/16. Se dunque la produttività raddoppia, il plusvalore (inteso come massa=N x Pv/v) aumenta ma a ritmi decrescenti, in ragione della diminuzione della frazione di lavoro necessario. Tanto più questa è ridotta, tanto più ridotto l'incremento del plusvalore generato dalla crescente produttività. Quanto più la produttività è elevata, tanto più la valorizzazione del capitale si fa problematica(3). Si passa dunque da valori di v decrescenti (1/2, ¼, 1/8, 1/16…) a valori di pv crescenti ( ½, ¾, 7/8, 15/16…)., ma con incrementi decrescenti (3/4-1/2=1/4; 7/8-3/4=1/8; 15/16-7/8=1/16; ..)

Ne consegue che il capitale, se da un lato ha necessità di sviluppare costantemente la produttività per ottenere incrementi di plusvalore, dall'altro deve contrastare la tendenza – generata dallo stesso sviluppo della produttività – alla diminuzione assoluta e relativa della forza lavoro, sola fonte di valorizzazione, con maggiori investimenti in capitale variabile e in capitale costante e fisso. Con i maggiori investimenti aumenta la massa totale del plusvalore e si riducono proporzionalmente i costi in virtù delle economie di scala. Se si prescinde dalla funzione del credito – il cui sviluppo è a sua volta connesso allo sviluppo della produttività (cfr. più avanti) – , i capitali necessari per i nuovi investimenti hanno origine dallo stesso incremento della produttività del lavoro.

 

V- Produttività e accumulazione

Con l'aumento della produttività, varia la distribuzione delle due parti che costituiscono la giornata lavorativa (lavoro necessario e pluslavoro). E' questa variazione, l'aumento di lavoro non pagato, che fa crescere il plusvalore a disposizione del capitalista. Il plusvalore aggiuntivo è nuovo capitale monetario liberato, che nella situazione precedente il capitalista era obbligato a reinvestire nell'acquisto di forza lavoro per riavviare il ciclo di produzione allo stesso livello. Ora può decidere se consumarlo come reddito o reinvestirlo come capitale in tutto o in parte (4). L'incremento della produttività, in quanto determina la creazione di capitale eccedente, è il motore, il presupposto dell'accumulazione: “Una volta date le basi generali del sistema capitalistico, nel corso dell'accumulazione si giunge ogni volta a un punto in cui lo sviluppo della produttività del lavoro sociale diventa la leva più potente dell'accumulazione” (5). Ne deriva che a un'elevata produttività, nonostante un basso saggio del profitto, corrisponde una rapida accumulazione, e viceversa.

Al crescere della produttività, scrive Marx (6), cresce la sovrappopolazione relativa, aumentano gli elementi materiali del capitale, si moltiplicano i rami della produzione, si sviluppano il sistema creditizio e le società per azioni (l'investimento non è demandato all'iniziativa dei singoli capitalisti, ma si trasforma in un fatto sociale), aumentano i bisogni e le prospettive di ricchezza, si fanno forti investimenti di capitale fisso che diventano via via una parte crescente degli investimenti totali (7). Poiché l'aumento del capitale fisso non è finalizzato all'incremento della produzione, ma alla valorizzazione del capitale, “alla produzione di mezzi per la creazione del valore [...], nella produzione del capitale fisso si ha che il capitale si pone come fine a se stesso, e manifesta la sua efficacia come capitale, ad una potenza superiore a quella che ha nella produzione di capitale circolante. In questo senso, perciò [la sua dimensione] costituisce il parametro dello sviluppo della ricchezza basata sul modo capitalistico di produzione(8).

Il capitale fisso è capitale produttivo per eccellenza e misura del grado di sviluppo raggiunto dal modo di produzione capitalistico. Il suo lavorìo, l'azione attraverso la quale il capitale fisso interviene nel processo di valorizzazione, non può subire interruzioni senza compromettere la sua natura di capitale: “Perciò è soltanto con lo sviluppo del capitale fisso che la continuità del processo produttivo corrispondente al concetto del capitale si pone come conditio sine qua non per la sua conservazione; il che comporta altresì la continuità e lo sviluppo costante del consumo” (9).

In quanto la sua potenzialità produttiva “impegna la produzione degli anni successivi” (10) e in qualche modo la anticipa, il capitale fisso è anche a fondamento del sistema degli anticipi del debito pubblico e del credito. Il macchinario ha una potenzialità produttiva in base alla quale si può anticipare la produzione futura di plusvalore, le azioni societarie promettono una anticipazione dei profitti a venire, ecc. Tutto il sistema che ruota attorno all'interesse creditizio e che tende ad autonomizzarsi, a moltiplicarsi in forme fittizie, prive di valore intrinseco, si fonda sul plusvalore che nasce dallo sfruttamento del lavoro vivo e sulla potenzialità delle macchine, degli impianti, di esercitare questo sfruttamento nel tempo.

Il logorìo del capitale fisso trasferisce nel tempo e in proporzioni crescenti il suo valore al prodotto, e quanto più dura nel tempo, quanto più si svalorizza (in seguito ad una crisi o per obsolescenza dovuta ai continui progressi tecnici), quanto più rapidamente si logora per l'intensificazione del suo utilizzo o il prolungamento della giornata lavorativa, tanto più il capitale fisso, opera da fattore di valorizzazione. Tuttavia, ciò si verifica soltanto per tramite dello sfruttamento del lavoro vivo, che con lo sviluppo dell'accumulazione cresce in estensione ed intensità.

La tendenza ad aumentare il peso relativo del capitale fisso nella produzione non riduce la pena lavorativa, ma la accresce; aumenta la sottomissione dell'operaio, il lavoro si intensifica, non di rado si prolunga perché il capitale ha interesse a sfruttare al massimo la capacità delle macchine di utilizzare il lavoro vivente, di intensificare tanto il logorio della macchina quanto quello dell'uomo. Per questa stessa ragione il capitale tende a utilizzare oltre ogni limite vecchi impianti ormai obsoleti, così da prolungare la loro capacità di sfruttare il lavoro operaio (Thyssen Krupp e Ilva insegnano, solo per fare alcuni esempi tra i più noti e recenti) (11). Nella fase attuale alcuni tra i capitalismi ultramaturi (Giappone, Germania) privilegiano questa soluzione piuttosto di investire in innovazione, i cui costi evidentemente, a questo livello di sviluppo delle forze produttive, superano i vantaggi del risparmio di lavoro umano. La creazione di valore dipende dalla capacità del capitale fisso di mettere in movimento lavoro vivente. Ma quando lo sviluppo delle forze produttive raggiunge un certo limite, questa capacità viene meno, perché l'incremento di plusvalore non è sufficiente ad alimentare l'enorme macchina produttiva in un nuovo ciclo di accumulazione.

 

VI - Produttività e dinamica storica del capitale

Nel passaggio dalla sottomissione formale alla sottomissione reale, il capitale diviene pienamente se stesso, assume il pieno controllo sul processo produttivo, che all'operaio appare come la personificazione del capitale, "ostile e antagonistico". La sottomissione dell'operaio diventa un fatto obiettivo. Questo continuo rivoluzionamento delle condizioni tecniche di produzione si realizza attraverso un processo inarrestabile di concentrazione, con impiego crescente di capitale, di mezzi di lavoro e di forza lavoro, aumento della scala della produzione, e di centralizzazione, di unione di aziende più piccole sotto un unico capitale. L'aumentata produttività si lega direttamente alla crescente dimensione delle aziende e all'incremento esponenziale della massa del prodotto, da cui consegue la necessità di espandere indefinitamente lo spazio di mercato dove sia possibile realizzare il plusvalore (12).

Con la crescita dimensionale e lo sviluppo tecnico, si rende necessaria una massa sempre maggiore di capitale per l'investimento e per la rimessa in moto del processo di accumulazione. A un certo livello di sviluppo delle forze produttive, la stessa accresciuta produttività del lavoro libera capitale aggiuntivo da destinare a nuovi investimenti. Si sviluppa così un'accumulazione crescente, una massa sempre più ampia di valore è destinata ad essere reinvestita nella produzione e non al consumo del capitalista (anch'egli ridotto al ruolo parassitario di "tagliatore di cedole", percettore di interessi). Le imprese superano la dimensione individuale del capitalista privato, la funzione del credito diviene sempre più determinante, sorgono le società per azioni che – pur mantenendosi nell'ambito della proprietà privata – riflettono il raggiunto carattere sociale della produzione, decretano il superamento della funzione storica della borghesia ridotta ad un ruolo parassitario e anticipano le condizioni di produzione della società futura.

Giunto alla sua fase estrema, imperialista, il capitale subordina completamente lo Stato ai suoi interessi e lo utilizza nella guerra con le nazioni capitalistiche concorrenti, ora in forma di lotta per la conquista “pacifica” dei mercati esteri, ora in forma di guerra guerreggiata per la definizione di nuovi rapporti di forza internazionali.

Tutta la dinamica che conduce all'imperialismo (concentrazione capitalistica, dominio del capitale finanziario, intervento dello Stato nell'economia, tendenza alla guerra), alla sovrapproduzione di merci e capitali e alla sovrappopolazione operaia ha il suo motore nella crescente produttività del lavoro, nelle trasformazioni del rapporto capitale-lavoro entro il processo produttivo sociale. Il giganteggiare del capitale, il suo dominio apparentemente assoluto sull'umanità si fonda in realtà sullo sfruttamento crescente di masse crescenti di esseri umani.

Il capitale può autonomizzarsi dalla politica con forme di comando sovranazionali (Euroarea, trattati commerciali internazionali), può autonomizzarsi in una certa misura perfino dalla produzione (finanziarizzazione) – tutti processi comunque contraddittori e potenzialmente dirompenti – ma non può liberarsi dalla dipendenza dalla forza lavoro vivente, dal proletariato, che quanto più viene espulso dalla produzione tanto più si deve rendere disponibile in cifre assolute: "Accumulazione del capitale è [...] aumento del proletariato". Per contro, sebbene i gran dottori della scienza borghese si affannino a convincere del contrario, l'umanità non ha alcun bisogno del capitale per rispondere alle necessità di specie. Ha piuttosto urgenza di liberarsene per la propria stessa sopravvivenza.

 

VII - Produttività e saggio del profitto

Nel trattare le leggi fondamentali che emergono dall'analisi della trasformazione del plusvalore in profitto, Marx rileva che "nella misura in cui la produttività del lavoro aumenta, diminuisce il saggio del profitto [...] In altri termini, la seconda legge esprime la tendenza del saggio del profitto a cadere parallelamente allo sviluppo del capitale, tanto della sua capacità produttiva quanto del volume in cui esso si è già posto come valore oggettivato; ossia del volume in cui sia il lavoro che la produttività sono diventati capitale” (13). Crescita del capitale fisso equivale a crescita della produttività sia in termini di massa di prodotto sia di plusvalore (relativo e come massa), ma contemporaneamente l'aumentata proporzione del capitale costante (fisso e circolante) sul capitale variabile provoca la tendenza alla caduta del saggio del profitto. Come forma mistificata del plusvalore, il profitto presuppone che il neovalore che esce dal processo produttivo sia generato dal capitale totale, non solo dalla sua componente vivente, dal lavoro umano. In realtà, il capitale fisso, come del resto tutto il capitale costante, “non dà alcun apporto in termini di produttività” (Marx) (14), se non in quanto permette la riduzione del lavoro necessario. Per se stesso, costituisce esclusivamente un costo per il capitale, che deve essere ammortizzato nel tempo. Per questa ragione la tendenza del capitale ad aumentare il valore del capitale fisso con l'introduzione di nuovi macchinari si accompagna a quella “di ridurre il valore di ciascuna parte aliquota di essa”, di produrlo a costi sempre più bassi e di economizzarne al massimo l' utilizzo. D'altra parte gli stessi incrementi di produttività nel settore che produce mezzi di produzione e materie prime fanno sì che la crescita del capitale fisso come composizione tecnica superi quella in termini di valore, agendo in controtendenza alla caduta del saggio del profitto (15). Il valore del capitale costante è un fattore che determina in rapporto al plusvalore, il saggio del profitto, ma la sua riduzione , come le economie nel suo utilizzo, hanno solo l'effetto di ritardare la caduta del saggio del profitto e della massa del profitto per ogni singola merce.

Con l'incremento della produttività, accanto a una diminuzione del valore delle materie prime e ausiliarie si ha un forte aumento del capitale fisso e della parte di valore trasmessa dal logorio. Ma lo scopo di un incremento di produttività è la diminuzione del valore unitario della merce, perciò alla riduzione del valore della forza lavoro (v) deve corrispondere un incremento complessivo del valore della componente costante (c) inferiore al valore del capitale variabile espulso dalla produzione, altrimenti per il capitalista la sostituzione di capitale variabile con capitale fisso perderebbe di senso. Abbiamo già detto che al capitale non interessa che la produzione avvenga con meno operai, con risparmio di lavoro umano. Una società – dice Marx – che regolasse la produzione secondo un piano valuterebbe come un vantaggio la riduzione del prezzo di produzione dovuta a risparmio di lavoro umano, così come è espressa nel seguente calcolo:

Dati iniziali a sinistra eproduttività doppia ( x 2) a destra

Logorio capitale fisso: (½) (1 + ½)

Materie prime: (17+ ½) (17 + ½)

Capitale variabile: (2) (1)

Plusvalore: (2) (1)

prezzo di produzione: (22) (21)

1) Logorio capitale fisso (1/2)+ Materie prime (17+1/2)+ Capitale variabile (2)+plusvalore (2)=

(½+17+1/2)+2+2= 18+2+2= prezzo di produzione (22) ---> saggio del profitto: 2/20= 10%

2) Logorio capitale fisso (1+1/2) + Materie prime (17+1/2) + Capitale variabile (1) + plusvalore (1)= (1+1/2+17+1/2)+1+1= 19+1+1= prezzo di produzione(21) ---> da cui saggio del profitto 1/20= 5%

Per il capitalista, invece, in questo caso non vi sarebbe alcun interesse ad introdurre la macchina in previsione di un plusvalore calante. Se si esclude il plusvalore, che è diminuito, il prezzo di produzione è rimasto lo stesso. Poiché la nuova macchina non modifica immediatamente il saggio medio del profitto, il capitalista conserva il saggio del profitto precedente (2 su 20, il 10%) mantenendo il vecchio prezzo di produzione, ma superiore di 1 rispetto al valore uscito dalla produzione.

Sulla differenza tra questo sovraprofitto e il reale prezzo di produzione egli stabilisce il prezzo di mercato che rende la sua merce più competitiva, nella convinzione di rinunciare autonomamente ad una frazione di profitto, in realtà vendendo la sua merce comunque al di sopra del suo valore. “Per una società che produce nelle condizioni capitalistiche, la merce non è diminuita di prezzo, la nuova macchina non rappresenta un progresso. Il capitalista non ha perciò alcun interesse a introdurre la nuova macchina”. Andrebbe addirittura in perdita se possedesse altre macchine funzionanti che si trasformerebbero in rottami con l'introduzione della macchina nuova. “La legge della produttività crescente del lavoro, non ha dunque per il capitale un valore assoluto. Non è il risparmio di lavoro vivo a interessare il capitale, ma che “il risparmio della parte di lavoro vivo pagata [sia] superiore all'aumento del lavoro passato(16). Nell'esempio riportato sopra, la sostituzione tra lavoro vivo e passato (capitale fisso) avveniva alla pari, e l'accresciuta produttività risultava improduttiva dal punto di vista del capitale.

Poiché l'introduzione di nuove macchine fa calare il saggio del profitto, non sarebbe interesse del capitalista adottarle se non per il fatto che la riduzione del prezzo di produzione gli consente di vendere le proprie merci al di sopra del loro valore, ricavandone un sovraprofitto. Questa condizione di vantaggio può verificarsi per un certo periodo, fin tanto che il tempo di lavoro necessario richiesto per la produzione si mantiene inferiore a quello sociale. Nel momento in cui quelle innovazioni si generalizzano, a livello di capitale complessivo, ne risulta un calo dei prezzi e la caduta del saggio generale del profitto. Attraverso i meccanismi della concorrenza, l'interesse del singolo capitalista entra in contraddizione con gli interessi generali della sua classe.

D'altra parte, nello sviluppo reale, il capitale e l'accumulazione procedono secondo i vecchi metodi (per le ragioni cui si è accennato sopra, per la convenienza a sfruttare il più a lungo possibile i vecchi macchinari, ecc.); ragion per cui il saggio medio del profitto non diminuisce “nella stessa proporzione in cui si accresce il capitale complessivo sociale” (17). Questo finché il livello del saggio medio consente anche ai vecchi metodi di realizzare un margine di profitto (attraverso una aumentata pressione sul lavoro vivo, la riduzione dei salari) che permetta di continuare l'accumulazione.

 

VII - Riflessi della produttività su occupazione e popolazione

Nonostante lo sviluppo del macchinismo e della produttività, in una fase di espansione gli occupati aumentano (18); cala l'occupazione industriale nei paesi avanzati, percentualmente e in assoluto, ma aumenta la massa mondiale dei salariati della manifattura.

La Gran Bretagna è passata dal 45% di occupati nell'industria prima del 1914 al 30 % all'inizio degli anni '70 e a meno del 10% oggi; in trent'anni negli USA, ad una produzione industriale aumentata del 250% è corrisposto il dimezzamento del peso occupazionale del manifatturiero; tutti i paesi di vecchia industrializzazione hanno percorso il cammino dalla nascita dell'industria al drastico ridimensionamento occupazionale nell'arco di circa cento anni. I paesi di recente industrializzazione lo hanno compiuto in pochi decenni: la Corea del Sud, che negli anni '50 aveva una bassissima percentuale di occupati nell'industria, ha raggiunto il 28% nel 1980 e oggi è scesa al 18; il Brasile ha toccato un massimo del 18% nel 1980 per poi declinare; l'India ha raggiunto il 13% nel 2002 e da allora ha iniziato la discesa. Man mano che nuovi paesi si aggiungono al novero degli industrializzati, la percentuale massima di addetti alla manifattura si abbassa e i tempi del passaggio dalla fase di industrializzazione, con crescita degli occupati, a quella della riduzione della loro quota sul totale della forza lavoro si accorciano. La stessa Cina, prendendo per buone le statistiche ufficiali, ha raggiunto un massimo del 15% di occupazione manifatturiera a metà degli anni '90 e poi si è stabilizzata sotto quel livello (19).

Tab.3 - Andamento dell'occupazione per settori (in %)

Agricolture

Industry

Manifacturing

Services

1980

2011

1980

2011

1980

2011

1980

2011

US

3.4

1.6

29.3

17.3

22.1

10.2

67.3

81.1

FRA

10.7

3.0

36.1

20.9

26.3

13.4

53.2

76.1

GER

5.2

1.6

42.9

27.0

34.0

20.0

51.9

71.4

ITA

14.

3.7

37.0

27.3

26.9

19.0

48.8

69

JAP

10.1

3.8

35.1

24.9

25.0

16.8

54.8

71.3

KOR

34.0

6.4

28.7

24.2

21.6

16.9

37.3

69.4

UK

2.6

1.2

36.2

17.7

28.3

9.8

61.2

81.1

TUR

n.d

24.3

nd

26.0

Nd

18.4

Nd

49.7

L'industria include la manifattura, le miniere e le costruzioni. Fonte: US Bureau of Labor Statistics (marzo 2013)

 

Negli USA, il calo dell'occupazione manifatturiera non è solo in percentuale sul totale della forza lavoro (da 22,1% a 10,2%) (tab. 3), ma è anche assoluto (da 16.902.000 a 14.686.000) (tab.4). Dal 2003 al 2011, nello stesso periodo in cui la forza lavoro d'industria calava del 13% =(16.902-14.686)/16.902; vale a dire, 2.200.000 di addetti in meno), la produzione industriale cresceva del 20%, la produttività oraria di quasi il 40%.

Tab.4 - Occupati nell'industria in USA (in migliaia)

Manifacturing

Durable (sezione I di Marx)

Nondurable (sez. II di Marx)

2003

16.902 (11% della FL)

10.520 (62%)

6.382

2004

16.484

10.329

6.155

2005

16.253

10.333

5.919

2006

16.377 +

10.499 + (64%)

5.877

2007

16.302

10.363

5.938 +

2008

15.904

10.273

5.631

2009

14.202 (9,2% della FL)

8.927 (62%)

5.275

2010

14.081

8.789

5.293

2011

14.336 +

9.007 +

5.329 +

2012

14.686 + (9,5% della FL)

9.244 + (62%)

5.443 +

Occupati nell'industria (manifacturing) in migliaia. Fonte: US Bureau of Labour Statistics (marzo 2013)

 

All'attuale livello di concentrazione, uno sviluppo industriale contenuto entro i confini nazionali porterebbe rapidamente ad una sovrapproduzione catastrofica, causa una popolazione troppo ristretta in relazione alla crescita enorme della forza produttiva.

Gli investimenti diretti esteri sono la valvola di sfogo della sovrapproduzione di capitali e favoriscono lo sviluppo (20) dei paesi di nuova industrializzazione, dove l'esercito industriale si ingrossa rapidamente, ma che altrettanto rapidamente raggiungono la maturità produttiva. Ovunque cresce la forza produttiva del lavoro, cala la quota di lavoro vivo e il lavoro necessario si riduce a una parte aliquota sempre più piccola della giornata lavorativa.

Poiché questa parte aliquota non è comprimibile oltre un certo livello senza compromettere la valorizzazione del capitale, la soluzione capitalistica è l'espansione della produzione, sia entro l'azienda sia in altre imprese, in nuovi settori produttivi e all'estero.

L'aumento della produttività rende da un lato la forza lavoro una merce sempre più economica; dall'altro la necessità del capitale di valorizzarsi lo spinge a moltiplicare le giornate lavorative per compensare la riduzione dell'incremento del plusvalore derivante dallo stesso incremento di produttività in senso capitalistico, dalla riduzione del lavoro necessario: “D'altra parte il nuovo capitale eccedente creato può essere valorizzato in quanto tale solo scambiandolo di nuovo col lavoro vivo. Donde la tendenza del capitale, sia ad aumentare la popolazione operaia, sia a diminuire incessantemente la parte necessaria di essa (ossia a porne incessantemente una parte come riserva). L'aumento della popolazione è così anche il mezzo principale per la sua diminuzione”(21).

Nei paesi dove l'occupazione industriale si riduce, le file del proletariato tuttavia si ingrossano nella quota comprendente le varie forme di disoccupazione, sottoccupazione, lavoro nero, ritiro dal mercato del lavoro, oltre che nel terziario più o meno direttamente collegato all'industria (trasporti, immagazzinamento, servizi alle imprese, manutenzione).

Aumenta dunque numericamente la forza lavoro mondiale occupata e non occupata, così come aumenta la popolazione mondiale sulla spinta dell'incremento del prodotto complessivo (22), ma giunge un momento in cui anche questa base allargata al massimo grado, quando tutta o quasi la popolazione mondiale è coinvolta nel sistema produttivo e mercantile capitalistico, diventa troppo angusta per le necessità di valorizzazione di questo capitale crescente e si ripropone il contrasto fra la sua accumulazione accelerata e la crescita della popolazione.

La produttività che i capitalisti invocano come fattore salvifico e di superamento delle crisi mina dunque il fondamento e lo scopo della produzione capitalistica, l'estrazione di plusvalore dal lavoro vivo. Una massa minore di operai produce una massa enormemente maggiore di prodotti in virtù di un'aumentata produttività per ora lavorata. L'intensificazione dello sfruttamento, sia come estrazione di plusvalore assoluto sia di plusvalore relativo, e l'espansione della produzione incrementano la massa dei profitti, ma contemporaneamente questa cala in rapporto al capitale totale impiegato. I profitti esteri, che assumono un peso crescente sui profitti totali, agiscono da controtendenza alla caduta del saggio grazie al minor costo della forza lavoro nei paesi di più recente industrializzazione (vantaggio destinato a venir meno nel tempo, come dimostra la tendenza alla ri-localizzazione), ma contemporaneamente spingono alla saturazione i mercati mondiali, portando la sovrapproduzione ad un livello sempre più alto.

(II. Continua)

 

 

Note

1- Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, I, La Nuova Italia, 1974, p. 336.

2- Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, I, cit, p. 337.

3-. "L'aumento del capitale derivante dall’ aumento della produttività varierà nei diversi paesi e nelle diverse industrie a seconda della diversa proporzione esistente tra lavoro necessario e giornata lavorativa totale e [...] questo aumento si riduce quanto più ridotta è già la frazione di lavoro necessario dell'operaio. L'aumento del plusvalore è sempre più piccolo in proporzione all'aumento della produttività. Perciò sempre più capitale deve continuare a sviluppare la produttività per continuare a valorizzarsi. L'ossessione diventa incubo del capitalismo parassitario: per aumentare di molto poco il plusvalore occorrono aumenti di produttività sempre crescenti." (“Crisi economica e corso dell'imperialismo”, Rapporto alla riunione interregionale di Bologna del Partito comunista internazionale (27/4/1997).

4- Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, I, cit, p. 342-344.

5- Il Capitale, Libro I, editori riuniti. p. 680.

6- Il Capitale. Libro III, cit. p. 320.

7- “Dipende dunque dal grado già raggiunto di produttività – dal fatto cioè che una parte del tempo di produzione è sufficiente alla produzione immediata – che una parte sempre più grande venga impiegata nella produzione di mezzi di produzione” (Lineamenti fondamentali..., II, cit. p. 403, in corsivo nel testo). La produzione destinata al soddisfacimento dei bisogni umani (“al godimento immediato”) deve avere già raggiunto una capacità che supera ampiamente il fabbisogno perché una parte sempre più grande del capitale sia destinata alla produzione di capitale fisso.Come la grandezza del pluslavoro relativo dipende dalla produttività del lavoro necessario, così la grandezza del tempo di lavoro – sia vivo, sia oggettivato – impiegato nella produzione del capitale fisso, dipende dalla produttività del tempo di lavoro destinato alla produzione diretta di prodotti” (Idem, p. 404). Più precisamente: “Entro il processo di produzione del capitale, il tempo di lavoro impiegato nella produzione di capitale fisso sta a quello impiegato nella produzione di capitale circolante come il tempo di lavoro supplementare sta a quello necessario” (Idem, p. 407). Dunque, la potenza del dominio del capitale sulla forza lavoro, la sua capacità di estorcere plusvalore dal lavoro vivente si misura nel rapporto esistente tra produzione di capitale fisso e produzione di capitale circolante.

8- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p. 407-408.

9- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p. 420.

10- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p. 437 (in corsivo nel testo).

11- La durata reale media del capitale fisso, corrispondente alla rotazione complessiva del capitale, viene supposta da Marx in 10 anni, nei quali si compiono altrettanti cicli industriali e si completa il consumo produttivo di una “generazione” di macchine. Il ritorno del loro valore completo consente la riproduzione di nuovo capitale fisso.La maggior durata nel tempo è uno degli aspetti che distinguono il capitale fisso dal capitale circolante, i cui cicli di rotazione sono più brevi e devono necessariamente comprendere la fase della realizzazione del valore nella circolazione (cosa che non accade nel capitale fisso in quanto strumento, nella sua specifica funzione produttiva). Più durevole il capitale fisso, maggiori i cicli di rotazione (di produzione e realizzazione del plusvalore) del capitale circolante, maggiore la quantità di merci sulla quale si distribuisce il logorìo del macchinario.

12- “Se ci rappresentiamo questa agitazione febbrile contemporaneamente su tutto il mercato mondiale, comprenderemo come l'aumento, l'accumulazione e la concentrazione del capitale hanno come conseguenza una divisione del lavoro ininterrotta, che travolge se stessa e viene introdotta sopra una scala sempre più gigantesca, un ininterrotto impiego di nuovo macchinario e di perfezionamento del vecchio” (Marx, Lavoro salariato e capitale, Newton Compton, 1978, p. 74).

13- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p.475.

14- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p.482. (in corsivo nel testo)

15- Lineamenti fondamentali..., II, cit. p. 484. (in corsivo nel testo); Il Capitale. Libro III, cit. p.114-115; p. 120.La controtendenza alla caduta del saggio del profitto si manifesta anche in questo, che “con la crescente produttività del lavoro non solo aumenta il volume dei mezzi di produzione in essi consumati, ma il valore di questi ultimi diminuisce a paragone del loro volume. L'aumento della differenza tra capitale costante e variabile è quindi molto minore dell'aumento della differenza fra la massa dei mezzi di produzione in cui si converte il capitale costante e la massa di forza lavoro in cui si converte il capitale variabile. La prima delle due differenze aumenta insieme con la seconda, ma in grado minore” (Il Capitale, Libro I, cit. p. 683). In altri termini, nel progredire della composizione organica, la composizione tecnica cresce più rapidamente della composizione di valore.

16- Il Capitale, Libro III*, cit. p.314-316.

17- Il Capitale, Libro III*, cit. p.317.

18- “l'aumento generale della produttività del lavoro consente ottenimento di prodotti e sussistenze a più buon mercato, disponibilità di maggiore plusvalore e quindi nuovi investimenti di capitali. In conclusione la tendenza generale è l'aumento del numero dei salariati in conseguenza del progresso dell'accumulazione, e strati sempre più larghi della popolazione vengono ad ingrossare la classe operaia industriale.” (Elementi di economia marxista, cit., p.70).

19- I dati sono presi da D. Rodrik, “Il futuro a portata di manifattura”, il Sole24Ore, 16/10/2013.

20- Vedi la “Tabella su investimenti esteri” degli Stati Uniti in Corso del capitalismo mondiale, Il programma comunista, n.5, 2014. Sull'aumento della massa mondiale dei salariati d'industria basti considerare che dal 2002 al 2008 gli occupati nella manifattura in Cina sono saliti da 86 a 98,5 milioni, al ritmo di oltre due milioni all'anno (U.S. Bureau of Labor Statistics).

21- Lineamenti fondamentali..., I, cit. p. 416-417.

22-La vera legge di popolazione di epoca capitalista è ... solo questa: che l'accumulazione del capitale producendo un'eccedenza di popolazione operaia o un esercito industriale di riserva crea una ulteriore condizione di esistenza e di sviluppo del capitalismo stesso. Questa riserva viene successivamente utilizzata nei periodi di produzione crescente, quindi allo scoppio della crisi viene buttata fuori (Elementi di economia marxista, cit., p.70). Marx pone la creazione del mercato mondiale come una delle tre caratteristiche fondamentali della produzione capitalistica (cfr. Il Capitale, cit. Libro III*, p.320-321). Le altre due caratteristiche fondamentali sono la concentrazione e all'applicazione della scienza alla produzione.

 

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