DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

                                                                                    

 

 

 

Questo é stato soprattutto il caso delle due guerre mondiali e della grande crisi verificatasi intorno al 1930, avvenimenti che spesso hanno contribuito ad arricchire la classe borghese, o delle cui conseguenze questa ha potuto rapidamente rifarsi, mentre le classi inferiori ne hanno risentito in modo duraturo. Dell'effettivo depauperamento verificatosi nel periodo intercorso fra lo scoppio della prima guerra mondiale e quello della seconda, fanno fede anche talune statistiche ufficiali sui consumi in genere e, più particolarmente, sui consumi alimentari. Uno studio di F. Magri su “L'Ingegnere”. n. 4 - 9/1944 (“Salari e tenore di vita a Milano tra le due guerre”) offre i seguenti dati, che integralmente riproduciamo:   

 

Consumi alimentari a Milano per abitante
 19141918191919201923192619341939
 Carni    bovineKg.38.823.19.137.740.345.035.028.3
         suine     12.75.910.010.514.513.78.56.2
         ovine0.6361.21.80.863--0.90.470.49
         equine1.8523.75.03.11.52.71.50.67
         conservate0,188--2.31.10.646----4.1
Selvaggina0.06--0.1200.060--0.048----
Pollame6.98--6.36.77.87.87.5--
Pesce        1.7071.85.17.10.8031.5----
Vinolt.134110125133.5127.1157.6--115.2
Alcolici0.2221.5662.54.03.3793.62.61.0
Birra6.93.57.111.012.38.04.0--
Frutta26.0--64.064.077.068.0----
Verdura21.0--52.040.057.055.0----

 

 

 

Per quanto nelle statistiche attuali siano completamente ignorate le distinzioni per classi, e le cifre surriportate comprendano dunque gli eventuali aumenti verificatisi nel consumo dei ceti abbienti e le contemporanee riduzioni avvenute in quello dei ceti proletari, la tabella dimostra in modo evidente la riduzione pura di consumi alimentari dal 1914 al 1939, riduzione che nella seconda guerra mondiale ha seguito un ritmo addirittura vertiginoso. Risulta inoltre evidente da queste cifre che anche in un periodo di pace la diminuzione dei consumi in una città pur così ricca e industriale come Milano presenta un decorso costante, seppur leggermente variato dai brevi periodi di rialzo corrispondenti agli anni di massima floridezza capitalistica, nei quali tuttavia non si é in media superato il livello anteguerra 1914.

 

 

 

Nell'opera che citiamo più oltre, il Barberi ha potuto dimostrare come le calorie disponibili a testa in Italia, dopo aver subito un lieve aumento nel primo dopoguerra, siano andate diminuendo nel decennio 1930-39, per precipitare paurosamente nel corso del secondo conflitto mondiale: le disponibilità pro-capite di calorie di origine vegetale scendono da un massimo di 2.522 nel 1926-30 a 2,178 nel 1940 per ridursi nel '42 a 1970, mentre quelle di origine animale scendono da un massimo di 399 nel 1940 ad appena 268 nel 1942. Orbene alla fine del conflitto, secondo una inchiesta eseguita dall'UNRRA, le disponibilità alimentai di un consumatore agricolo produttore in proprio, e perciò nelle migliori condizioni per approvvigionarsi, erano in media di 1860 calorie vegetali e poco più di 100 calorie animali. Guai poi a calcolare le disponibilità alimentari dei non-produttori agricoli sulla base dei generi messi a disposizione: il totale delle calorie ottenibili in questo modo risultava di 760, di cui circa 450 vegetali e poco più di 50 animali. L'Italia é la nazione in cui più di qualsiasi altra si é provveduto a far fronte ai sovraconsumi di guerra non sulla base di un effettivo razionamento, ma mettendo masse sempre più vaste nell'impossibilità di acquistare sia pure il minimo necessario per vivere e mantenersi in salute. La riduzione dei consumi é stata accompagnata da uno spaventoso peggioramento della composizione media dell'alimentazione e, oltre a queste, dall'incidenza sempre più forte delle spese per l'alimentazione sulle spese generali familiari. Mentre anche prima del conflitto in Italia si aveva una sovraeccedenza di consumo di cereali per compensare la scarsità di consumi di grassi e alimenti carnei, nel 1945-46 la percentuale di alimenti vegetali sul totale della dieta è arrivata all'85%. (Una dieta vegetariana può essere una condizione di buona salute, a patto però che vi abbondino i condimenti e i grassi, fatto ben lungi dall'avverarsi qui). L'aumento dell'incidenza che una tale pessima alimentazione aveva sul bilancio complessivo appare evidente anche dalle cifre generali sul reddito nazionale degli ultimi anni.

 

 

Prendendo come base i dati raccolti nel 1938 dal Vinci, il Rossi-Ragazzi (Reddito e consumi della popolazione italiana negli anni 1944-45, in “Congiuntura Economica”, n. 1-2, marzo-aprile 1946) ha potuto comporre la seguente tabella:

   

Consumi complessivi delle popolazione italiana in milioni di lire 1938
 
 193819441945
    
Alimentazione61.50047.90048.100
Vestiario, Arredamento15.200  4.600  5.100
Abitazione, luce, riscaldamento10.600  9.100  9.400
Trasporti e comunicazioni7.400  2.900  3.700
Spese varie e oneri fiscali14.400  7.200  7.500
Totale109.10071.70073.800

 

In altri termini, i consumi complessivi sono diminuiti, rispetto al 1938, del 34.3% nel 1944 e del 32.4% nel 1945. Particolarmente forte é stata la diminuzione dei consumi nell'abbigliamento e arredamento (69,8 e 64.5%); nei trasporti e comunicazioni (60,8 e 50%), nelle varie ed oneri fiscali (50 e 47,9%), mentre é stata meno sensibile nel ramo alimentare (22,1 e 24.5%) e in quello abitazione, luce, riscaldamento (14,2 e 11,4%).

 

 

 

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