DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Abbiamo più volte ricordato che i nostri testi sono di pubblico dominio: non abbiamo nulla in contrario se circolano al di fuori della cerchia della nostra stampa e non rivendichiamo alcun copyright! Naturalmente, ci aspettiamo che ne sia indicata la fonte e soprattutto che non vengano manipolati in alcun modo (tagli, modifiche, interventi vari). Sappiamo però fin troppo bene che la tentazione di “dire la propria al riguardo” è molto forte e diffusa: e dunque ci troviamo spesso a dover mettere i puntini sulle i di fronte a introduzioni, commenti, note a piè di pagina, che, nello stravolgere il senso dei nostri testi, tradiscono proprio l'ottuso protagonismo (e non diciamo altro!) che regna sovrano nel mondo del Capitale.

Questa volta dobbiamo occuparci di una pubblicazione datata maggio 2021 e curata da Calusca City Lights e radiocane.info per le Edizioni Colibrì: Riot! George Floyd Rebellion 2020. Fatti, testimonianze, riflessioni. Nella Terza Parte, che raccoglie interventi di varia origine e vario orientamento, i curatori hanno ripubblicato un nostro testo del 1965, scritto a caldo dopo i disordini scoppiati nell’estate di quell’anno nei ghetti afroamericani della California e intitolato “La collera 'negra' ha fatto tremare i fradici pilastri della 'civiltà' borghese e democratica” (il programma comunista, n.15, 10 settembre 1965) – un testo che abbiamo ripubblicato nel 2020 dopo i disordini scoppiati a seguito dell'assassinio dell’afroamericano George Floyd da parte degli sbirri USA (vedi il programma comunista, n.4, luglio-settembre 2020). Come si diceva sopra, ben venga la ripubblicazione di un testo così importante, anche al di fuori della cerchia della nostra stampa. Ma...

Ma i curatori hanno pensato bene di anteporvi una lunga nota che è un gran pastrocchio. La riportiamo qui di seguito perché sarà più agevole a chi ci legge seguire la nostra critica:

“Come ha giustamente sottolineato Philippe Bourrinet nei suoi Commentaires sur l’article de Bordiga (1965) à propos de l’insurrection noire aux USA, questo articolo <<riflette una notevole evoluzione del capo del cosiddetto movimento ‘bordighista’>>. Infatti, Bordiga – prosegue Bourrinet – <<ha sempre fatto riferimento alle ‘tesi di Baku’ del Comintern (settembre 1920) propugnando l’indispensabile lotta dei popoli di colore contro l’imperialismo ‘bianco’ anglosassone, francese, italiano, ecc. Ciò lo avrebbe portato nel 1953 a proclamare l’apertura di un nuovo ciclo di ‘lotta di libertà, indipendenza e patriottismo’, esattamente come nel XIX secolo in Europa, insomma un ciclo di lotte palesemente borghesi, intese non ad abolire il dominio del capitalismo sulla Terra ma a rafforzarlo, con l’aggiunta di nuovi battaglioni del Capitale, di ‘razza’ non bianca. Il che conduceva ad abbandonare i confini di classe, confini che prescindono dal colore della pelle e dalla ‘razza’>>. Viceversa, Bordiga in quest’articolo <<colloca le rivolte nere nell’Impero del capitale in un contesto di ripresa delle lotte operaie che preannunciano una nuova èra di combattimento (quale sarà il Sessantotto). Watts è un ‘fiammeggiante episodio di collera non solo vagamente popolare, ma proletaria’. L’ex capo del Partito Comunista d’Italia va ancora oltre: vede nei rivoltosi i degni successori degli uomini (all’epoca ‘bianchi’!) ‘che scalarono il cielo nelle Comuni di Parigi e di Pietrogrado, distruttori dei miti dell’ordine, dell’interesse nazionale, delle guerre civilizzatrici, e annunziatori di una civiltà finalmente umana’>> (pantopolis.over-blog.com/2020/07/commentaires-sur-l-article-de-bordiga-1965-a-propos-de-l-insurrection-noire-aux-usa.html). Successivamente, Bordiga non riprenderà esplicitamente questa intuizione, che del resto sarà completamente abbandonata dagli organi di stampa delle organizzazioni richiamantisi alla tradizione della Sinistra Italiana”.

Cominciamo allora a mettere un po’ di puntini sulle i.

Le “tesi di Baku del Comintern (settembre 1920)”? Esistono le “Tesi sulla questione nazionale e coloniale”, discusse e approvate dal Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista (Pietrogrado e Mosca, luglio 1920). A Baku, tra l’1 e l’8 settembre 1920, si tenne, sempre organizzato dall’IC, il Primo Congresso dei Popoli d’Oriente, con l’obiettivo di diffondere e propagandare quelle Tesi in paesi attraversati da moti di rivolta contro il dominio coloniale, e organizzare intorno a esse la risposta proletaria di classe: ci furono discorsi, discussioni, proclami, interventi, decisioni operative, e le stesse “Tesi sulla questione agraria”, poi approvate, non facevano che riprendere per l’appunto quelle del Secondo Congresso dell’IC [1]. Questioni di lana caprina? Può darsi. Ma il pressapochismo lasciamolo alla storiografia borghese!

Che cosa si proponevano, in sintesi, quelle Tesi? Si proponevano “il gigantesco compito storico di integrare i movimenti rivoluzionari di liberazione nazionale soprattutto nelle colonie – i cui obiettivi non possono non essere democratico-borghesi, ma che vedono alla loro avanguardia le masse contadine affamate di terra e in molti casi un esile ma battagliero proletariato locale – nella strategia mondiale della rivoluzione proletaria indirizzata al cuore delle metropoli imperialistiche; la fusione e integrazione, in altre parole, delle incipienti rivoluzioni doppie come nella grandiosa prospettiva marxista del 1848 e del 1850 (Manifesto e Indirizzo della Lega dei Comunisti) con la divampante rivoluzione unica a finalità puramente proletaria” [2]. Si trattava cioè di applicare in quei paesi la strategia della “rivoluzione in permanenza”, teorizzata per l’appunto da Marx ed Engels e praticata dai bolscevichi tra il febbraio e l’ottobre 1917: appoggio indipendente dei comunisti alle rivoluzioni borghesi contro i regimi feudali e/o coloniali, con l’obiettivo di strangolarle nel più breve tempo possibile, nel contesto di una generale offensiva mondiale di classe, guidata dall’avanguardia proletaria delle metropoli e diretta dal Partito rivoluzionario.

Nel 1952 (e non nel 1953), proprio l’aver riconfermato la validità di quelle Tesi in anni di vigorosi tentativi di rottura con il colonialismo (Algeria e Indocina: tanto per fare due esempi), all’interno del ciclo storico dei moti anti-coloniali che si sarebbe chiuso a metà degli anni ‘70, rappresentò, per esempio, uno dei punti di contrasto che portarono alla scissione da “Battaglia comunista”. Altro che rafforzare “il dominio del Capitalismo sulla Terra”! Altro che “abbandono dei confini di classe”! C’è davvero da chiedersi che cosa stesse fumando l’autore mentre vergava questi pomposi Commentaires...

Poi, sempre secondo quanto afferma (“giustamente”, chiosano i curatori del volume!) il Bourrinet, con l’articolo del 1965 noi ci saremmo allontanati da quelle “Tesi”, compiendo così una “notevole evoluzione”... Ora, la condizione del proletariato afroamericano (come quella di altri settori proletari di origine “etnica”: per esempio, chicanos o portoricani, o più in generale latino-americano) non ha nulla a che vedere con quella dei “popoli d’Oriente” che si battevano per la propria indipendenza dal colonialismo: si tratta di un settore del proletariato USA – il più sfruttato, il più oppresso, il più perseguitato – le cui lotte (che si manifestino sotto forma di battaglie “sindacali” o di esplosioni e rivolte nei ghetti metropolitani in giro per gli USA) noi sosteniamo con entusiasmo. Fu solo la mistificazione staliniana a teorizzare, negli anni ’30, l’obiettivo della “nazione nera separata”, stravolgendo del tutto la strategia classista e aprendo la strada a un’infinita varietà di nazionalismi, purtroppo anche dentro al proletariato afro-americano. L’articolo 1965 celebrava dunque un episodio, clamoroso perché scoppiato “nel cuore della bestia”, di rottura della pace sociale e indicava, materialisticamente, nel proletariato afro-americano una possibile avanguardia di lotta, cui i comunisti guardavano (e continuano a guardare) con appassionato interesse, ribadendo altresì l’urgente necessità della riorganizzazione del partito rivoluzionario. Altro che “evoluzione”, altro che “intuizione”!

Seguono poi due altre perle.

La prima nasce dal fatto che ogni volta questi “bordigologi d’assalto” si dimostrano incapaci di concepire un lavoro collettivo di partito. Per loro, individualisti fino al coccige su cui sono eternamente assisi, esiste solo l’individuo Bordiga. Il partito? E chi se ne fotte! Esiste solo Lui, perché così con Lui si possono incrociare le spade, e infine misurare, su di Lui, la propria incommensurabile altezza. E allora: Bordiga di qua, Bordiga di là! Che ci sia un lavoro collettivo di partito che poi si traduce in testi e articoli anonimi, di cui l’estensore finale può essere Tizio o Caio e non importa chi, be’, questo proprio non entra nelle loro zucche. E così, di volta in volta, il “settario”, il “dogmatico”, può diventare l’“evolutivo” Bordiga o viceversa o che altro, a seconda di quel che mangiano o fumano: sempre però l’Individuo, sempre però l’Autore. Salvo poi incorrere in gustosi equivoci: perché, se proprio vogliamo fare i filologi, sappiano questi “bordigologi d’assalto”, di varia natura e provenienza, che l’estensore finale dell’articolo in questione, frutto di un lavoro collettivo di partito, non fu Bordiga, ma... Sempronio (o fu Notburga?)!

La seconda perla è di responsabilità dei curatori: secondo loro, quell’“intuizione” (!) non ebbe seguito nella stampa “bordighista”. Eh, no, carissimi! Qui l’ignoranza va a braccetto con l’arroganza, galoppando nelle praterie senza fine della disinformazione di stampo borghese! Alle lotte del proletariato afro-americano (e di altri settori “etnici” del proletariato USA), abbiamo dedicato, prima e dopo il fatidico 1965, un bel po’ di attenzione, salutando con entusiasmo quando c’era da entusiasmarsi, criticando quando c’era da criticare: lo si può ben vedere nello specchietto allegato. Inoltre, proprio in quel 2020 dell’assassinio di George Floyd (e dunque prima dell’uscita del libro in questione), non solo abbiamo ripubblicato l’ormai famoso articolo del 1965, ma anche quello analogo uscito in occasione di successive rivolte (“Gloria ai proletari negri in rivolta”, 1967) e un lungo stralcio da un lavoro più generale (“Carattere sociale della ‘rivolta negra’”, sempre 1967), insieme a un articolo scritto invece a caldo: “USA: Razzismo, lotte di classe e necessità del partito rivoluzionario” (il programma comunista, nn.5-5/2020)...

Tant’è: il pastrocchio non poteva che finire in un... pastrocchio. Ignoranza? Malafede? Superficialità? Pressapochismo? Lasciamo il giudizio a chi legge. Noi aggiungiamo soltanto: “Provateci pure di nuovo, se volete: ma provateci meglio!”.

 

[1] Cfr. “Le tesi sulla questione agraria nei paesi d’Oriente approvate al Congresso di Baku (settembre 1020)”, in Il programma comunista, n.20/1966. Nella premessa, leggiamo “Esse riprendono, concentrandosi sulla vitale questione agraria, i concetti delle tesi sulle questioni nazionale e coloniale”.

[2] Storia della Sinistra Comunista, Vol. II: 1919-1920 (Cap. IX: Il II Congresso dell’Internazionale Comunista, un culmine e un bivio), Edizioni Il programma Comunista, Milano 1972, p.629. Le “Tesi sulla questione nazionale e coloniale” sono riprodotte integralmente alle pp. 714-719 del medesimo volume, precedute da un ampio commento alle pp.629-642. Vogliamo anche ricordare che nel 1924 un convento esteso a queste Tesi fu riportato nella rivista della Sinistra, Prometeo, proprio mentre la degenerazione dell’ internazionale cominciava a tradirle.

 

Bibliografia parziale sulle condizioni e sulle lotte dei neri negli USA

(per motivi di spazio e di tempo, ci limitiamo a quanto è apparso sulle pagine de “il programma comunista” nel corso degli anni '60 del '900. Al tema, nel corso dei decenni successivi, abbiamo poi dedicato molti altri articoli sulla nostra stampa internazionale, trattando per esempio delle Pantere Nere, di altri settori “non bianchi” del proletariato USA come i chicanos, delle rivolte nei ghetti, di altri episodi di rottura della “pace sociale”, e soprattutto dell'urgenza della riconquista di una necessaria prospettiva di classe, attraverso un lavoro di partito)

“'Sei nero? Resta indietro'”, n.13/1964

“Crollano i miti della democrazia americana”, n.15/1964

“L'alternativa dei negri d'America [l'assassinio di Malcolm X]”, n.6/1965

““La collera 'negra' ha fatto tremare i fradici pilastri della 'civiltà' borghese e democratica”, n.15/1965

“Gloria ai proletari negri in rivolta”, n.14/1967

“Necessità della teoria rivoluzionaria e del partito di classe in America. Carattere sociale della ‘rivolta negra’, nn.15 e 16/1967

“La vera via per il proletariato negro”, nn.10 e 11/1968

“Brevi cenni sulle condizioni di ripresa del movimento proletario USA”, n.20/1970

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