DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L’Ordine Nuovo, 1 luglio 1922

 

Nella sua riunione del 29 giugno la Centrale del PCd’I ha avuto relazione completa delle discussioni svolte a Mosca tra la delegazione del Partito e il CE dell’Internazionale Comunista e delle decisioni concordate.

Mentre provvede alla pubblicazione della risoluzione votata per mandato del CE allargato dal Praesidium della IC nella seduta del 12 giugno, e di un rendiconto sommario dell’andamento delle discussioni, la Centrale del PCd’I prende atto del complesso delle decisioni e degli accordi, e pienamente ne ratifica l’accettazione da parte della delegazione del Partito.

Constatando con soddisfazione come sia risultato che i rapporti tra il Partito e l’Internazionale dal punto di vista dell’organizzazione e della disciplina non hanno mai dato luogo a conflitti di sorta, mente nell’indirizzo politico e tattico mai hanno avuto o avranno altro valore che quello del più intimo collegamento e della completa identità di fini e di metodi nella lotta per la rivoluzione comunista; la centrale dà piena garanzia all’Internazionale e a tutti i compagni che il Partito, anche al di sopra di particolari opinioni elaborate ed elaborantesi attraverso le proprie esperienze, si atterrà incondizionatamente nella sua azione alle recenti decisioni di Mosca e a tutte le ulteriori disposizioni della Internazionale, secondo l’unanime solenne impegno del congresso di Mosca.

Richiamando a tutti i compagni la grave situazione presente della lotta proletaria in Italia ed i delicati compiti del Partito di fronte ad essa, la Centrale avverte che le decisioni di Mosca pel loro valore esecutivo non danno luogo all’inizio di discussioni interne; e la Centrale, come risponde sotto la sua responsabilità della loro fedele ed immediata applicazione, così ricorda a tutti i militanti del Partito il dovere della più stretta disciplina, ed esprime la certezza che il Partito procederà negli sviluppi della sua tattica e nei cimenti della sua azione rivoluzionaria con quella perfetta compattezza ed unione di movimenti di cui ha sempre saputo dar prova ed esempio.

 

Lo svolgimento della discussione

Le brevi notizie date dalla stampa comunista sulla discussione del C.E. allargato e degli organi della Internazionale comunista sulle cose italiane, è bene siano completate con questo breve rapporto della Centrale del Partito, nel quale d’altronde non si potrà accennare che a quelle quistioni che non hanno carattere riservato.

 

La Delegazione italiana

Subito dopo il Congresso di Roma del nostro Partito (fine marzo 1922) il nuovo CC deliberava l’invio a Mosca di una delegazione del Partito per quella discussione sulla tattica da applicare in Italia che era stata decisa prima dal Comitato Esecutivo allargato riunito a Mosca in febbraio-marzo, e poi dal congresso medesimo del nostro Partito. Varie circostanze ritardarono la partenza della delegazione, e tra esse, oltre al lavoro del Partito, la partecipazione del compagno Bordiga alla Conferenza di Berlino delle tre Internazionali in Aprile. Ai primi di giugno si trovava a Mosca la delegazione italiana così composta: Bordiga, Gramsci, Ambrogi per la centrale del Partito, Graziadei per la minoranza del Congresso di Roma. Al suo arrivo la delegazione apprese che si sarebbe immediatamente tenuta una nuova sessione del C.E. Allargato della Internazionale Comunista.

Nelle sedute del Presidium del 5 e 6 giugno, a cui assistette la nostra delegazione, fu deciso di comprendere nell’ordine del giorno delle sedute plenarie anche un punto riguardante il Partito Comunista d’Italia e i suoi problemi. I nostri compagni chiesero che una tale discussione si svolgesse tra la delegazione e il Presidium, ed infine si concordò che si sarebbe nominata una commissione, e solo dopo i lavori di questa si sarebbe portato l’argomento dinanzi al C.E. Allargato.

 

Il discorso di Zinoviev

La prima seduta di questo ebbe luogo il 7 giugno. Zinoviev vi pronunziò il discorso sulla tattica del fronte unico e le sue esperienze che i nostri quotidiani hanno già riportato nel testo integrale, occupandosi anche brevemente delle cose italiane. Le osservazioni del comp. Zinoviev provocarono una interruzione di Bordiga che osservò come l’andamento dei fatti nella questione dell’Alleanza del Lavoro dev’essere meglio chiarito, ma il comp. Zinoviev giustamente dichiarò che se ne sarebbe riparlato in tema della questione italiana, in cui la nostra delegazione avrebbe avuto agio di dare le maggiori spiegazioni sull’attitudine del Partito italiano.

Non vi fu d’altra parte né in quella né in altra seduta un dibattito sul tema generale del fronte unico che si limitò ai rapporti di Radek e Zinoviev ed a un voto con cui questi vennero ulteriormente approvati senza discussione.

 

La Commissione per la quistione italiana

Venne nominata la Commissione per la questione italiana nelle persone dei compagni: Zinoviev, Radek, Souvarine (Francia), Jordanof (Bulgaria), Kreibic (Cecoslovacchia).

La Commissione tenne due sedute, il 9 e l’11 giugno. La delegazione italiana propose di dividere gli argomenti in due parti: quella riguardante l’opera del Partito fino allora e quella riflettente la tattica da adottare per l’avvenire. Sulla prima parte i delegati della maggioranza sostennero e dimostrarono con argomenti di fatto che nessun conflitto d’organizzazione e di disciplina si era verificato tra il nostro partito e l’Internazionale. Soprattutto si discusse del Congresso [di Roma] e della nostra tattica nel fronte unico. Fu facile chiarire quale portata dava al voto sulle tesi tattiche la nota unanime mozione pregiudiziale, che salvava completamente, e in modo non solo formale ma sostanziale, la disciplina internazionale.

 

I comunisti e l’Alleanza del Lavoro

Per la quistione dell’Alleanza del Lavoro venne dimostrato come la riunione del febbraio tra i partiti politici, a cui noi non partecipammo, ma aderimmo con lettera, non aveva l’obiettivo di costituire una alleanza di partiti, ma solo di provocare da ciascun partito politico proletario l’adesione al progetto della Alleanza tra i sindacati. Se i comunisti vi fossero intervenuti, non per questo si sarebbe estesa agli organi politici la base dell’Alleanza, e gli eventi avrebbero potuto essere spostati solo nel senso di rendere meno facile la costituzione dell’Alleanza sindacale, e più agevole il suo sfruttamento a fini opportunistici. Quindi con quel contegno il Partito Comunista non si precluse nessuna maggiore possibilità di parlare al proletariato, che invece si assicurò negli organi locali e nei comizi proletari della Alleanza, pur essendo sabotata la nostra richiesta di rappresentanze più larghe, e proporzionali alle frazioni degli organismi aderenti nel Comitato nazionale dell’Alleanza. La dimostrazione che la data della riunione era anteriore alla risoluzione del CE Allargato sul fronte unico, fece poi eliminare ogni considerazione di infrazioni disciplinari da parte del Partito Comunista Italiano in questa quistione.

 

Nessuna infrazione alla disciplina

Fu anche chiarito come nessuna opposizione alla esecuzione di disposizioni internazionali si fosse mai verificata da parte nostra. La stampa del Partito ha sempre sostenuta la direttiva ufficiale del Comintern nella questione del fronte unico internazionale e il Partito ha fatto il possibile per applicare contro il sabotaggio socialista le decisioni della Conferenza di Berlino. Se vi è stato un dibattito sul fronte unico, questo si è svolto internamente e nella rubrica di preparazione al congresso, e non solo mai non si è fatta con scritti editoriali una critica della tattica del Comintern, ma anche nel nostro dibattito interno abbiamo sempre sostenuto come fosse assurdo giudicare questa tattica criticandola superficialmente come una deviazione in senso opportunistico, mentre si trattava della ricerca delle migliori vie per il comune scopo rivoluzionario.

La discussione dimostrò che non era possibile affermare che vi fossero stati, da parte del Partito Comunista Italiano, atti di indisciplina o intralcio del funzionamento dei legami organizzativi internazionali, cosa giustamente indicata come pericolosissima nel discorso del compagno Zinoviev.

 

La tattica per l’avvenire

Passando a discutere sulla tattica da svolgere ulteriormente, venne stabilito che anche in caso di disaccordo dei pareri, le disposizioni dell’Internazionale sarebbero state eseguite senza alcuna resistenza da parte del Partito italiano e della sua maggioranza.

La maggioranza della nostra delegazione fece un rapporto contenente quelle che sono le nostre prospettive di azione e le nostre proposte tattiche in rapporto alla possibilità della situazione, ed un rapporto fu svolto anche dal comp. Graziadei. Si avviò la discussione su questi punti e alla fine della seconda seduta, pur essendovi ancora delle divergenze nel punto di vista dei convenuti, il comp. Zinoviev di sua iniziativa propose che, dato l’esito soddisfacente di queste discussioni, da cui era emersa l’indiscutibile buona volontà dei compagni italiani di uniformarsi alla disciplina internazionale, si rinunziasse a portare la questione nell’Esecutivo allargato.

Infatti nella seduta dell’11 il comp. Zinoviev prese la parola per una dichiarazione sulla questione italiana, e fece la proposta di rinviare la definizione di essa, che già appariva assicurata, al Praesidium dell’Internazionale, aggiungendo poi un sommario esposto sulla situazione oggettiva e le necessità della tattica comunista in Italia. Nessuno quindi prese la parola sull’argomento, e la proposta di Zinoviev fu accettata unanimemente.

 

Le risoluzioni del Presidium

Si svolse quindi, dopo altri scambi di idee fra Zinoviev e la delegazione, un breve dibattito nella seduta del Praesidium del 12 giugno. Zinoviev propose un breve testo pubblico sulla questione del congresso italiano, che fu approvato dopo averne concordato il testo con la nostra delegazione, che d’intesa tra maggioranza e minoranza aveva proposto lievi emendamenti. Zinoviev propose poi un testo di risoluzione interna, da comunicarsi al C.C. del PCd’I La delegazione italiana dichiarò di accettare integralmente tale testo, impegnandosi alla sua applicazione, pur segnando talune sue osservazioni in una dichiarazione della maggioranza depositata al processo verbale, mentre il comp. Graziadei faceva a sua volta una dichiarazione che poneva anche in rilievo la unanimità del Partito nella decisione di osservare incondizionatamente la disciplina internazionale.

La maggior cordialità regnò in ogni momento della discussione tra i compagni italiani di tutta la delegazione, e tutti gli altri compagni, che fraternamente e serenamente collaboravano ad un fine comune e si scambiavano il contributo delle rispettive esperienze e l’impegno al reciproco appoggio nel legame indissolubile di una solidarietà internazionale tangibile, concreta ed effettiva.

I rapporti fra la Internazionale rivoluzionaria e la sua Sezione italiana non potevano essere meglio confermati e risuggellati, secondo il sentimento profondo e unanime di tutti i comunisti d’Italia.

 

 

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