DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Altri insegnamenti per il proletariato

B) 1815/1832.

Con la sconfitta di Napoleone e la creazione della Santa Alleanza nel continente europeo, l'aristocrazia terriera si sentì più forte e con la legge sul grano fatta varare nel 1815 volle assicurarsi la rendita fondiaria al più alto livello possibile. Ma questo protezionismo urtava contro gli interessi del profitto degli industriali, la cui reazione non poteva mancare. Ma come - ragionavano essi -: dopo i servigi che vi abbiamo resi per tenere a bada il proletariato interno dal 1789 al 1814, voi proprietari terrieri ci pagate con questa moneta? Ora la situazione è mutata: ora possiamo tornare a fare i rivoluzionari riprendendo le vecchie rivendiczioni democratiche e le lotte per vederle soddisfatte ed al solito bagaglio ideologico aggiungeremo un nuovo "ideale", quello del "libero-scambismo", che ha un senso pratico non solo per noi, ma per il proletariato e per tutto il popolo. Con questa nuova religione gli industriali iniziarono la lunga lotta nella quale "gli operai avrebbero dovuto togliere le castagne dal fuoco e bruciarsi le dita per il bene della borghesia" (*). Gli obbiettivi fondamentali a base di essa erano dunque il Reform Bill (cioè il disegno di legge per la riforma parlamentare) e l'abrogazione della Corn Law (cioè la legge sul grano). Ma come fare dei passi avanti senza prima aver abrogati i Combination Acts del 1799 che proibivano soprattutto le associazioni operaie. Questo terzo obbiettivo venne quindi messo avanti agli altri due, e mobilitò la classe operaia direttamente interessata ad ottenerlo perché, con il suo raggiungimento, avrebbe potuto difendere anche i suoi interessi immediati come il salario e le condizioni di vita nelle fabbriche. Così, in questo intrecciarsi di interessi, tra la parte della borghesia ancora esclusa dal potere e gli operai si riapre un periodo di lotta che vede schierati in campo i migliori elementi della borghesia radicale come Cobbet ed i più attivi organizzatori operai come J. Gast, Daherty, ecc.. Ma al nuovo fervore di propaganda e di lotta (comizi, marce per presentare petizioni, per soccorsi ai poveri e per la riforma, per la riforma, manifestazioni varie spesso sfocianti in tumulti violenti) il governo rispose con altre repressioni sanguinose, con altre leggi liberticide ( i "Six Acts") e con la sospensione nel 1817 dell'Habeas Corpus ossia di ogni garanzia di libertà personale e della inviolabilità del domicilio privato.

Con l’anno 1819 l'atteggiamento reazionario del governo tory raggiunse il suo culmine: a Peterloo, presso Manchester, una folla di 60.000 persone presenti ad un comizio viene caricata dalla cavalleria che causa 14 morti e molte centinaia di feriti e di arrestati (il radicale Hunt, fra questi). Ma, dopo queste leggi eccezionali e questi atti di aperta violenza, la situazione si inasprisce tanto che il governo è costretto a mutar rotta e ad iniziare una politica più "illuminata". Un nuovo indirizzo politico doveva quindi essere inaugurate anche nel campo della politica estera.

Nella continua corsa verso il dominio del mercato mondiale, l'Inghilterra fu costretta a dare il primo colpo al sistema della Santa Alleanza di cui faceva parte, quando si oppose ad intervenire in America Latina, dove le colonie spagnole e portoghesi si erano ribellate, e quando favori l'indipendenza della Grecia dall'Impero Ottomano. Come si vede, entrambe le lotte all'itferno e all'esterno, dal 1822 spingono gli elementi della stessa classe al potere, verso un indirizzo più liberale: e il frutto della violenza rivoluzionaria. Giungiamo così all'anno 1825 in cui matura un nuovo importante frutto di cui facciamo cenno con le parole di Marx (III vol. del Capitale - Libro I - pag. 199 - Editori Riuniti): "Le atroci leggi contro le coalizioni sono cadute nel 1825 di fronte all'atteggiamento minaccioso del proletariato".

Così raggiunto uno dei suoi tre obiettivi (a dire il vero nemmeno in modo completo, come Marx avverte), il proletariato inglese ed il movimento radicale borghese puntano ora verso la riforma parlamentare.

Con l'abrogazione delle leggi contro le coalizioni, il movimento sindacale e l'agitazione politica riprendono in modo quasi esplosivo e le idee socialiste di Owen e seguaci (Hedskin, Gray, ecc.) le quali, penetrando fra le masse, vanno perdendo il carattere utopistico ed astratto impresso loro dagli autori (filantropi di origine borghese in genere) per acquistare un contenuto pratico e sociale suscettibile di imprimere una nuova spinta al proletariato che si andava organizzando.                                                      .

"Si cercò di unire in una sola grande associazione per tutta l'Inghilterra gli operai di uno stesso mestiere e parecchie volte - per la prima nel 1830 - si tentò di fondare un'associazione generale degli operai di tutto il regno" (*).

L'associazione di cui parla Engels è la Associazione Nazionale per la Protezione del Lavoro (v. Dolleans, "Storia del movimento operaio" e "Storia del movimento operaio inglese", Einaudi) che raggruppa in breve tempo 1.500 Unioni di mestiere ed ha il suo giornale - La voce del popolo - che, sotto l'impulso dei suoi attivi organizzatori (Owen, Doherty, Fielden) si batte per la giornata di lavoro di 8 ore e, pertanto, è additata come pericolo pubblico dall'allora ministro agli interni Sir R.Peel.

Sempre nel 1830 nasce la Unione politica di Birmingham che presto si diffonde per l'intera nazione. Trattasi di un movimento politico democratico-borghese di cui i dirigenti della Unione nazionale delle classi lavoratrici (N.U.W.C.) creata nell'aprile 1831 - Lowett in testa - inviteranno gli operai a diffidare sul loro giornale II difensore del popolo. Ed era naturale che così fosse, quando si pensi che, per bocca del riformatore borghese F. Place, quel partito radicale manifestava apertamente la sua natura antiproletaria e la demagogia e illusorietà dei suoi scopi (si pretendeva di far :" funzionare in modo ideale la macchina statale del profitto senza suscitare lotte si classe, senza provocare miseria). II Place si augurava che il governo approvasse quella riforma elettorale che, prevedendo solo la sostituzione del censo monetario a quello terriero, assicurava l'entrata in parlamento dei soli industriali, garantendo l'esclusione dei rappresentanti della classe operaia, che si batteva invece per il suffragio universale; e soleva dire che il successo del Reform Bill avrebbe evitato la rivoluzione auspicata e propugnata dagli operai.

Pur riconoscendo nettamente che il Reform Bill proposto dalla ricca borghesia industriale e per loro una vera e propria burla, gli operai non hanno ancora la forza di reagire con vigore e di impostare una lotta conseguente ed autonoma. Occorreranno per questo ancora nuove delusioni e nuovi sacrifici. Per ora, influenzati come sono dai timidi elementi piccolo-borghesi che pullulano nelle loro organizzazioni, essi non possono che seguire le direttive dei vari Cobbett di "appoggio critico" alla riforma di Place. Così, ancora una volta, le lotte degli operai e dei "rotundisti" (gli organizzati nella N.U.W.C.), durante la violenta agitazione del marzo l832, fruttano solo alla borghesia: il 14/3/1832 il Reform Bill viene finalmente approvato.

Non è inutile ricordare qui che la Camera dei Lords non cedette solo per la minaccia diretta del proletariato inglese istruito dal Difensore del povero sulla tecnica di combattimento sui sistemi più pratici per allestire barricate. Questa minaccia ebbe il suo effetto perché l'aristocrazia era stata a sua volta istruita e messa in guardia da altri fatti come:

l) la violenta pressione delle masse irlandesi che già nel l829, guidate da D. O'Connell, erano riuscite a far abrogare quel Test Act che impediva agli irlandesi, in quanto cattolici, di accedere alla Camera dei Comuni e di esercitare qualunque ufficio pubblico; e la parigina Rivoluzione di Luigi del 1830; 3) l'insurrezione operaia di Lione del 1831 con il suo grido di "vivere lavorando o morire combattendo". Possiamo qui trarne la conclusione che la violenza, sotto forma potenziale o cinetica o di movimento o di azione, sia dall’inferno o dall'esterno, aveva condotto ad una tappa importante sul cammino dello sviluppo sociale e storico.

 

Evoluzione delle forze politiche e nuovi rapporti di classe dopo il 1832.

 

Infatti, dopo la nuova rivoluzione politica rappresentata dall'ingresso in parlamento della borghesia industriale di marca liberate, una nuova evoluzione si delinea dentro e fuori la stessa Inghilterra.

All'interno non si hanno più tories e whigs frazioni di una stessa classe (opposta ad industriali e proletari), ma conservatori e liberali, gli uni rappresentanti degli interessi dell'aristocrazia agraria proteziosta, gli altri espressione della ricca borghesia libero-scambista, entrambi opposti al proletariato. A caratterizzare questa svolta nei rapporti di classe valgano le parole di Engels: "Con il Reform Bill venne sanzionato per legge il contrasto fra borghesia e proletariato" (*).

Anche sul piano della politica statale e per il dominio economico del mercato mondiale e politico in Europa, il nuovo governo whig (tale resterà, salvo breve parentesi, per circa 50 anni) deve portare a compimento l'indirizzo già impresso dal governo dieci anni addietro. Strumento della fine della Restaurazione fu l'"entente cordiale" conclusa tra le borghesie d’Inghilterra e di Francia che avevano da poco preso nelle loro mani tutto il potere politico. Ha inizio così la divisione dell'Europa in due blocchi contrapposti: quello liberale franco-inglese, e quello reazionario con sede a Vienna, Berlino e Pietroburgo.

Questo, a grandi linee, il quadro della situazione quando in Inghilterra nasce il primo partito proletario: il Partito Cartista.

 

Verso l'autonomia del movimento operaio

 

Di che cosa sarà capace il nuovo potere statale borghese, in mano a capitalisti agrari e industriali, per dimostrare che il disinteresse e la filantropia troppe volte sbandierati quali doti della borghesia più progredita, non sono che una enorme ipocrisia ed un mostruoso inganno? La risposta fu subito data dai fatti.

L'indole del nostro lavoro non ci permette di soffermarci su di essi; dovremo quindi accontentarci di segnalarne qualcuno dei più tipici: per esempio quello che, per la borghesia inglese del tempo, costituì un vanto specifico: "l'assistenza" al popolo.

La "legge dei poveri" del 1834 ci da subito la misura dei "rapporti nei quali la borghesia si contrappone al proletariato come partito, anzi come potere statale" (*). Per comprendere bene il carattere sanguinario di quella legge e la reazione che essa suscitò fra le masse quando la si applicò, bisognerebbe risalire al tempo della regina Elisabetta quando, per la prima volta, "si fu costretti a riconoscere ufficialmente il pauperismo mediante l'introduzione della tassa dei poveri" ("II Capitale").

Occorrerebbe accennare alle vicende che in un primo tempo - dal suo sorgere e per 400 anni - vide la borghesia adoperare il potere statale per stabilire il valore massimo che il salario non doveva assolutamente raggiungere; e, in un secondo, nel 1796, la portarono a fissare un minimo al disotto del quale non si doveva scendere: "Alla fine del secolo 18°, e durante i primi decenni del 19°, i fittavoli ed i landlors inglesi imposero il salario minimo assoluto, pagando ai giornalieri agricoli meno del minimo nella forma salario ed il resto nella forma di sussidio parrocchiale" ("II Capitale"). II sistema dei sussidi, dopo il 1832, si era talmente diffuso che la stessa borghesia, che prima lo aveva voluto, ne lamentava ora gli "abusi" ed i "danni sociali", sostenendo ipocritamente di voler sollevare il lavoratore dalla posizione vergognosa di assistito permanente. In teoria, dunque, la giovane borghesia inglese predicava bene rispetto a quella di un secolo dopo, che, tornando alla tradizione, vanta ancora una volta il proprio stato come il "modello" di tutti gli stati, divenuti ormai, sulla sua scia, tutti assistenziali. In pratica, evidentemente, essa non poteva che illudersi di riuscire a qualcosa.

Secondo i commissari malthusiani, incaricati di cancellare la piaga cancerosa, "la povertà, o più esattamente la disoccupazione che va sotto il nome di eccedenza, è un delitto che la società deve punire con la morte per fame". Ma, continua Engels, "certamente i commissari non erano inumani a tal punto; la cruda diretta morte per fame ha qualcosa di orribile anche per un commissario per la legge dei poveri".

Ed allora essi riconobbero ai poveri "il diritto di esiste re, ma solo di esistere...; l'unico soccorso fu l'accettazione nelle case di lavoro che furono immediatamente costruite ovunque. L'istituzione di queste case di lavoro (workhouses) o, come le ha denominate il popolo, le Bastiglie della legge dei poveri, è pero tale da respingere chiunque abbia qualche speranza di cavarsela senza ricorrere a questa forma di beneficienza pubblica". Risparmiamo al lettore la descrizione di questi "ergastoli della miseria" (Marx) bastandoci dire con Engels "che perfino il vitto delle prigioni e generalmente migliore, così che di frequente i ricoverati intenzionalmente si rendono colpevoli di un qualsiasi delitto pur di entrare in prigione" (*). Certo, continua Engels, "i commissari per la legge sui poveri hanno raggiunto pienamente il loro scopo. Ma , nello stesso tempo le case di lavoro sono servite anche ad accrescere il risentimento della classe operaia contro quella possidente che, nella sua grande maggioranza, esalta la nuova legge sui poveri assai più di qualsiasi altra misura attuata dal partito che detiene il potere.

"Da Newcastle a Dover, unanime e lo sdegno degli operai contro questa nuova legge... Con tanta sincerità, con tanta franchezza non si era mai affermato che i nullatenenti esistono unicamente per farsi sfruttare dai possidenti, e per morire di fame quando i possidenti non sanno che farsene. Ma appunto per questo la legge sui poveri ha contribuito in modo essenziale ad affrettare lo sviluppo del movimento operaio, ed in particolare a diffondere il cartismo; ed essendo stata attuata soprattutto nelle campagne, facilita i progressi del movimento proletario che va sorgendo nei distretti rurali".

 

L'odio di classe, forma potenziale della violenza rivoluzionaria                   

 

Prima di questa legge dei poveri, mille altri fatti descritti da Engels nella sua opera giovanile e poi da Marx nel "Capitale" avevano contribuito a provocare e ad accrescere l'odio della classe operaia contro la borghesia. E, come Engels giustamente rileva, nella società capitalista l'odio non solo è l'unico sentimento in cui "l'operaio possa continuare ad essere uomo" e "ad apparire degno, nobile e umano al massimo grado", ma, ai fine della liberazione del suo sfruttamento economico e dalla schiavitù politica, è soprattutto necessario. "In Inghilterra esiste una guerra sociale aperta, e, se è interesse della borghesia condurre questa guerra ipocritamente, sotto il manto della pace e addirittura della filantropia, all’operaio può giovare che si mettano a nudo i rapporti reali, che questa ipocrisia venga distrutta".

E ancora, parlando dei pacifici socialisti di Owen, che "rigettano ogni altra via che non sia quella della persuasione pubblica", Engels dice che essi "comprendono sì perché l'operaio è indignato contro il borghese, ma ritengono infruttuoso questo risentimento, che pure è l'unico mezzo per far progredire gli operai, e predicano una filantropia ed un amore universale assai più sterile per la situazione inglese di oggi".

 

       Sulle forme di lotta proletaria

 

L'Inghilterra di questo periodo ci offre tutte le esperienze di lotta del proletariato di cui i futuri partiti comunisti erediteranno gli insegnamenti e che oggi sono acquisite alla coscienza proletaria. Non ne asamineremo qui le varie forme; ci basti dire che esse andarono perfezionandosi via via che i risultati delle lotte stesse maturavano la coscienza di classe degli operai. Dal delitto contro il singolo industriale o suoi servi - forma rozza ed infeconda - agli atti di sabotaggio della produzione ed alla rottura delle macchine, agli scioperi parziali e generali promossi da associazioni segrete o legali, da mestieri o da federazioni di mestieri, fino alle lotte politiche organizzate da veri e propri partiti politici, e tutto un'incessante sviluppo legato alle vicende della produzione e del mercato con le sue crisi ed i suoi paurosi alti e bassi.

Naturalmente la lotta si conduce in modo tanto più efficace quanto più se ne perfeziona lo strumento. E’ ben noto che le Unioni ed ogni tipo di associazione sindacale sorsero sul terreno della lotta economica. Ma i cartisti tentarono poi di servirsene per raggiungere le loro rivendicazioni politico-sociali. E’ anche noto come "la storia di queste associazioni sia una lunga serie di sconfitte degli operai, interrotta da qualche vittoria isolata". Ma proprio per questo, la perseveranza di questi operai nell'insistere a battersi chiude "entro determinati limiti la cupidigia della borghesia e mantiene viva l'opposizione degli operai contro l'onnipotenza sociale e politica della classe possidente, mentre li costringe ad ammettere che necessita qualcosa di più delle associazioni operaie e degli scioperi per spezzare il potere della borghesia". In quel periodo, com'è noto, le crisi si presentavano con un ciclo pressoché quinquennale, sicché gli scioperi erano molto frequenti. "L'incredibile frequenza di questi scioperi dimostra meglio di ogni altra cosa a qual punto era giunta in Inghilterra la guerra sociale... In generale questi scioperi sono pure scaramucce di avamposti; talvolta sono però già scontri di una qualche importanza; non decidono nulla, ma sono la prova migliore che la battaglia decisiva tra il proletariato e la borghesia si sta avvicinando. Essi sono la scuola di guerra degli operai, nella quale questi si preparano alla grande lotta ormai inevitabile".

 

       Sul coraggio rivoluzionario degli operai inglesi

 

Capita spesso ancor oggi di discutere su questo tema fra operai, e non di rado ci si caccia nel vicolo cieco di contrapposizioni astratte posizioni astratte sulla validità maggiore o minore del coraggio dimostrato dagli operai in questa o in quella forma di lotta. Per uscire da queste nebbie e utile citare Engels dove lo abbiamo interrotto: "E, quali scuole di guerra, queste lotte sono di un'efficacia insuperabile... Si dice sul continente che gli inglesi, e particolarmente gli operai inglesi, sono vili ed incapaci di fare una rivoluzione, perché non esplodono ogni momento in una rivolta come i francesi, perché sembrano adattarsi tranquillamente al regime borghese. Gli operai inglesi... sono irrequieti come i francesi, ma lottano in modo diverso. I francesi... lottano con mezzi politici anche contro i mali sociali; gli inglesi... anziché combattere contro il governo combattono contro la borghesia direttamente, e ciò per ora può essere fatto con qualche risultato soltanto per via pacifica. Il ristagno e la conseguente miseria del 1834 provocarono a Lione la rivolta in favore della Repubblica; a Manchester invece, nel 1842, condussero allo sciopero generale in favore della Carta e dell'aumento del salari. Ma è facile comprendere che in uno sciopero occorre anche coraggio e in misura notevole, anzi spesso occorre un coraggio assai maggiore, una decisione assai più audace e salda, che in una rivolta. In verità non è certo cosa da nulla per un operaio, che per esperienza conosce la miseria, andarle volontariamente incontro con moglie e figli, sopportare per mesi e mesi stenti e fame e tuttavia rimanere incrollabile. Che cosa è la morte, che cosa sono le galere che minacciano il rivoluzionario francese, di fronte al lento affamamento, di fronte alla vista quotidiana della famiglia affamata, di fronte alla certezza della successiva vendetta della borghesia, che l'operaio inglese sceglie piuttosto di sottomettersi al giogo della classe possidente?... Uomini che sopportano tante sofferenze per piegare un solo borghese, saranno in grado di spezzare anche la forza dell'intera borghesia".

Ma, a parte ciò, Engels mostra con esempi (insurrezione del Galles del ’39, ecc.) come anche quando deve prendere le armi, l'operaio inglese sa combattere con eroismo e "cede alla violenza solo quando ogni resistenza sarebbe inutile e insensata".

La fonte, il "segreto" del coraggio rivoluzionario di un popolo e di una classe operaia, non risiedono nelle qualità intrinseche, naturali degli individui, ma nelle circostanze obiettive e insieme soggettive che pongono davanti ai movimenti sociali mete chiare e lampanti. Ascoltiamo ancora Engels: "Quando masse inermi, che non sanno esse stesse ciò che vogliono, vengono bloccate in una piazza chiusa di mercato da pochi dragoni e poliziotti che hanno occupato le vie d'uscita, come avvenne nel 1842, non si tratta affatto di mancanza di coraggio. La verità è che la massa non si sarebbe mossa anche se non vi fossero stati presenti gli agenti del potere pubblico, cioè del potere della borghesia".

Dopo quanto accennato circa le "prove" date dalla borghesia industriale dopo la sua ascesa al potere (realizzata soprattutto grazie agli sforzi ed alle lotte delle masse proletarie), gli operai si spostano su posizioni più autonome e classiste, e cercano di organizzarsi meglio per far fronte a tutti gli sfruttatori rappresentati in parlamento da tutti i partiti conservatori e liberali. Però, prima di giungere ad una separazione totale dalla borghesia, essi sperimenteranno un'ultima alleanza con il partito della borghesia radicale e con i liberali quando questi, nella lotta accanita con i conservatori che nel 1841 riprenderanno il governo, chiederanno il loro aiuto promettendo in cambio di appoggiare la richiesta della giornata di 10 ore.

 

Nascita del cartismo: sua natura sociale.

 

Nel febbraio 1834 sorge quella Grande Unione Consolidata dei Mestieri che avrebbe dovuto promuovere e sostenere lo sciopero generale di cui da tempo si parlava nelle file della classe operaia (il socialista Benbow' ne aveva lanciata l'idea fin dal 1832). E' noto come contro questo "pericolo pubblico" la borghesia lanciò l'interdetto (cioè l'intimazione agli operai di cancellarsi da essa pena il licenziamento) e provocò quello scontro violento nel sud-est che vide, fra l'altro, l'arresto e la deportazione in Australia di sei giornalieri agricoli.

Nel 1836, Lovett fonda la Working Men's Association (WMA) con spiccato carattere politico e più rispondente alle esigenze del movimento operaio, e per coordinare le sue azioni con indirizzo più unitario in vista dei diversi obiettivi da raggiungere.

Nel 1837, 0'Connor fonda la Democratic Association in oppsizione alla W.M.A., che giudica troppo legata agli interessi piccola-borghesi e crea il Northern Star, che diventa l'organo del cartismo.

II programma generale che doveva unificare le varie spinte e ottenere i vari consensi fu chiaramente indicato dai famosi sei punti della Carta che, anticipata in un comizio nel 1837 dal Lovett, fu poi pubblicata nel '38 contemporaneamente dalla W.M.A. e dalla B.P.A., l'organizzazione borghese radicale capeggiata da Atwood di cui già facemmo cenno. I sei punti sono: 1) suffragio universale; 2) parlamento da rinnovare annualmente; 3) indennità ai deputati, affinché quelli sprovvisti di mezzi possano accettare il mandato; 4) voto segreto per evitare quanto più possibile corruzioni ed intimidazioni da parte della borghesia; 5) collegi elettorali eguali; 6) abolizione di ogni censo per fare in modo che ogni elettore sia eleggibile.

Oggi queste rivendicazioni potrebbero apparire di natura semplicemente politica e democratico-borghese. Innanzitutto è da rilevare che l’aver trasferito già la lotta operaia dal livello economico a quello politico è un merito grande del cartismo. In secondo luogo tali rivendicazioni non sono fini a se stesse: per i cartisti, sono semplici mezzi e nulla più, interessando loro la trasformazione sociale che ci si poteva attendere dalla loro stessa opera una volta giunti al potere. "II cartismo è di natura essenzialmente sociale" dice Engels. Oppure, più pedestremente "II cartismo è una questione di forchetta e coltello", come si esprimeva durante un comizio di 20.000 persone il metodista Stephens, che aggiungeva: "La Carta significa buone abitazioni, buon vitto e buone bevande, buone condizioni di vita e orario di lavoro ridotto". II motto elettorale dei cartisti, ci fa sapere Engels, è dunque: "il potere politico è il nostro mezzo, il potere sociale il nostro fine".

Ma quale mezzo quel predicatore consigliava agli operai per raggiungere quegli ed altri scopi (in particolare l'abrogazione dell'odiosa legge sui poveri)?

Ascoltiamolo: "Se il fucile e la pistola, se la spada e la picca non bastano, prendano le donne le loro forbici ed i fanciulli lo spillo o l'ago. Se tutto vien meno, allora il tizzone ardente, sì, il tizzone ardente (tuono di applausi), il tizzone ardente, lo ripeto; date i palazzi alle fiamme...". (Abbiamo citato dal Dolleans, ma avremmo potuto citare da Engels frasi più o meno identiche).

 

II cartismo e la violenza in questa tappa "pacifica"

 

Non abbiamo bisogno di spendere molte parole sulla realizzabilità degli scopi e sulle implicazioni della politica dei cartisti. Diamone solo un rapido cenno.

L'ipotesi storica della conquista pacifica del potere per mezzo del suffragio universale da parte del proletariato in questo periodo in Inghilterra, non aveva nulla di campato in aria, se si tiene conto del livello cui era giunto lo sviluppo capitalistico e della struttura dello Stato. E' ben noto che la composizione sociale in Inghilterra era inversa di quella esistente in Francia nello stesso periodo: due terzi di popolazione urbana e operaia contro un terzo di popolazione rurale. "Ciò spiega il carattere diametralmente opposto che la rivendicazione del suffragio universale ha rivestito in Francia ed in Inghilterra" (Marx: art. della N.O.Z. dello 8/6/1855). Com'é noto, il suffragio universale in Francia del 1848 sarà una formula di fraternizzazione generale e la maggioranza piccolo-borghese delle campagne darà la vittoria a Napoleone III; mentre in Inghilterra esso è un mezzo classista ed un grido di guerra per il proletariato. Ottenendo il suffragio universale, il proletariato, da quando la Camera Bassa "non esprimerà più soltanto il volere della borghesia", potrà far cadere l’ultima aureola dal capo del monarca e della aristocrazia e chiarire così ancor meglio il suo duello con la borghesia, ormai sola padrona effettiva del potere.

Ma non si creda, lo ripetiamo fino alla noia, che la conquista del suffragio universale si debba ottenere con mezzi esclusivamente legalitari e non anche e principalmente con l'uso di una certa violenza. Proprio sull'impiego di questi due mezzi il cartismo genuino, cioè quello veramente proletario e rivoluzionario, si dividerà e poi in ultimo si staccherà definitivamente dagli elementi piccolo-borghesi, dai politici "puri" per i quali - come in Francia - il contenuto immediato della rivoluzione era il suffragio universale, mentre per i rivoluzionari il contenuto immediato del suffragio universale era la rivoluzione.

Se si tiene dunque conto dei rapporti di forza che si potevano creare o favorire con l'azione di un partito ben organizzato ed agente non più in aiuto ed in coda ai partiti del la borghesia, ma separato e contro di essi, l'ipotesi della conquista pacifica del potere appare del tutto realistica in questo periodo storico. Tanto più che non esisteva una forte burocrazia statale ed un forte militarismo, cioè grandi eserciti: questi ultimi non erano così necessari all'Inghilterra come lo erano alla Francia ed agli altri paesi del continente europeo per far fronte alle facili guerre di invasione.

Se pure il socialismo dei cartisti è, specie all'inizio, "assai poco sviluppato" nel corso stesso della lotta per realizzare i suoi obiettivi, la storia avrebbe posto certamente la scelta fra la dittatura proletaria ed il ritorno alla situazione di prima. Ecco dunque che il significato della democrazia cartista doveva necessariamente essere diverse ed opposto a quello di tutte le forme di democrazia borghese. E la violenza da esercitare nel corpo dell’economia sarebbe stata identica nella sostanza alla violenza che il proletariato dovrà esercitare nei momenti successivi alla presa del potere (come per esempio nella rivoluzione russa) ma avrebbe assunto forme diverse, meno cruente appunto perché l’alto grado di industrializzazione dell'economia e di proletarizzazione avrebbe opposto meno ostacoli, primo fra tutti quello piccolo-borghese.          

 

Le prime lotte dei cartisti ed i loro frutti

 

Abbiamo visto come la Carta sia stata lanciata per la prima volta in comune con l'organizzazione radicale. Ciò basta a farci comprendere sia l'incertezza che la scarsa autonomia dei primi passi compiuti dai cartisti.

"Pur essendo, fin dai suoi inizi, nel 1835, un movimento essenzialmente operaio, il cartismo non era ancora nettamente separato dalla piccola-borghesia radicale. II radicalismo degli operai procedeva di pari passo con il radicalismo della borghesia: la Carta era lo scibbolet (parola d'ordine o contassegno) di entrambi, ogni anno essi tenevano insieme la loro "convenzione nazionale", e sembravano costituire un unico partito. In quel tempo, la piccola borghesia, delusa per i risultati del Reform Bill e per i cattivi affari degli anni l837/’39, era di umore molto bellicoso e sanguinario e accettò di buon grado la violenta agitazione dei cartisti ... II popolo venne esortato ad armarsi, spesso addirittura a sollevarsi; si fabbricavano picche, come già ai primi tempi della Rivoluzione francese...".          .        '

A parte questa politica di alleanza con la piccola borghesia che fa assaggiare agli operai le prime amare delusioni, la stessa Working Men's AssociatioM(W.M.A.), cioè l'organizzazione proletaria, era socialmente poco omogenea e perciò presto doveva accusare una confusione ideologica e dissensi interni che ne paralizzarono l'azione. Alla violenta agitazione condotta attraverso il Northern Star  e nei comizi tenuti nei maggiori centri industriali (200.000 presenti a Birmingham, 250.000 a Manchester) ai quali gli operai, al lume delle torce, partecipavano spesso armati, non corrispondeva una unità di intenti e di decisioni nell'organo direttivo, la Convenzione, ove vediamo lo stesso Lovett spostarsi a destra. A provare questa divisione fra cartisti moderati o di destra e cartisti radicali o di sinistra basta ricordare la discussione avvenuta fin dai 1837 intorno alle due opposte concezioni dello sciopero politico generale: per i moderati esso doveva costituire solo un mezzo di pressione, uno spauracchio per indurre il governo a trattare, per gli altri invece poteva e doveva costituire un mezzo di agitazione da far precedere eventualmente all'insurrezione armata.

I convenzionali erano dunque divisi non solo sul significato tattico dello sciopero generale ma anche sull'opportunità di metterlo in esecuzione. A nulla valse spostare la sede della convenzione da Londra a Birmingham, cuore del movimento. I fatti che seguirono sono in sintesi questi: il 3 luglio 1839, la Convenzione stabilisce che, se il 12 luglio la Camera dei Comuni respingerà la petizione per la Carta, il 13 luglio essa voterà lo sciopero generale. Tattica votata al fallimento in partenza, come si vede, e che riflette un ibrido compromesso fra le due tendenze dei dirigenti cartisti. Quello che accadde dopo, è noto: la Camera respinse con 247 voti contro 48 la petizione, lo sciopero fu dichiarato con votazione favorevole di 13 voti contro 12 (!) e poi... passati circa nove giorni, durante i quali erano scoppiate altre sommosse (dopo quella del 4 luglio a Birmingham) e le masse attendevano una guida più decisa delle loro azioni, quel parlamento operaio che era la Convenzione e nel quale, sotto la spinta delle masse, la minoranza era divenuta maggioranza, prese la incredibile decisione di sciogliersi. A questa ritirata della Convenzione era naturale che seguisse la repressione governativa, ed i cartisti furono costretti alla clandestinità, durante la quale una vera e propria rivolta armata organizzata e cosciente, sarà pure sconfitta con gravi perdite: l'eroica marcia di circa duemila minatori gallesi guidati da J.Forst che nel novembre del 1839 tentarono di attaccare di sorpresa e nottetempo Newport e che, a causa del ritardo causato dalla pioggia, furono attaccati dalle forze armate dell'esercito, che uccisero 15 persone, ne ferirono molte decine e altrettante ne arrestarono. Ma tutte queste sconfitte e quelle a cui non accenniamo portarono ad un primo risultato positivo: l'uscita dei radicali dal movimento e, con essa, un'accentuazione proletaria del cartismo, che nel luglio 1840 si dà una nuova organizzazione: la National Charter Association (N.C.A.). In questo che può considerarsi il primo vero partito della classe operaia inglese, primeggia ora la figura di 0'Connor, un energico agitatore ed infaticabile organizzatore cui però difetta la chiarezza teorica, ed il cui socialismo arretrato resta ancora legato alla piccola proprietà contadina (si veda il suo Land Scheme o Progetto della terra).

Prima di giungere alla sua completa autonomia, il cartismo deve affrontare un'ultima prova. Col 1842 la crisi economica, che dal '36 travaglia il paese e le masse operaie, raggiunge il suo culmine e l'agitazione sindacale e politica riprende come e con più slancio del 1839. Ma a promuoverla non sono solo i cartisti. L'iniziativa è anzi della ricca borghesia industriale che scende violentemente in lotta contro il partito conservatore dei Landlords che, come accennato avanti, aveva già ripreso le redini del governo nel 1841. I capitalisti industriali non erano ancora riusciti a far abrogare le leggi che tenevano alti i dazi d'importazione del grano.

 

La crisi del 1842: il proletariato si separa dalla borghesia

 

"II 15 febbraio 1842, a Manchester, in una riunione di liberali e cartisti, venne redatta una petizione nella quale si rivendicava sia l'abrogazione delle leggi sul grano che la promulgazione della carta" (*). Ma questa alleanza dei proletari coi grandi borghesi era logicamente destinata a non diventare mai operante. Infatti, quando nell'agosto 1842 scoppiò la grande ondata di scioperi e di manifestazioni insurrezionali, la borghesia, accortasi che gli operai "non intendevano diventare il suo strumento" (*), prima li abbandonò ritirandosi nel suo legalitarismo, poi addirittura si affiancò alla forza militare del governo per reprimere il movimento di rivolta da essa per prima voluta e promossa.

Parlando del coraggio degli operai inglesi, già accennammo allo sciopero generale del 1848 ed alla sua misera fine. Ancora influenzati dall'esterno e non ancora liberatisi di "tutti gli elementi riformisti all'interno, i cartisti erano ancora disorientati e divisi fra coloro che consideravano lo sciopero generale una pura e semplice lotta economica e coloro che lo ritenevano un mezzo da trasformare in rivolta generale. Vi erano poi altri indecisi e contrari allo sciopero, che lo boicottavano indicandolo come una macchinazione della Anti-Corn-Law-League, cioè dei libero-scambisti. In effetti, a base dello sciopero, iniziato il 5 agosto e protrattosi bene o male fino al 25, c'erano tutte e tre queste spinte e, senza una scelta precisa, l'adesione ad esso data dalla Convenzione cartista - com'è detto in una risoluzione - non poteva essere "una dichiarazione di guerra" e pertanto restava solo e "puramente simbolica".

Ecco come Engels riassume le cose: "Se il turnout del 1842 non ebbe seguito, ciò avvenne in parte perché gli operai vi furono spinti dalla borghesia, in parte perché essi stessi non avevano ancora una coscienza chiara e concorde dei loro scopi".

Anche tutte. le altre manifestazioni 'di lotta finirono male per le stesse ragioni".

"...Mentre tutti (gli operai) erano d'accordo sul fatto di non volersi far uccidere a vantaggio dei loro industriali, contrari alle leggi sul grano, alcuni volevano ottenere la Carta del popolo, altri invece ritenendo prematuro questo obiettivo volevano solo raggiungere il livello salariale del 1840. Perciò tutta l'insurrezione fallì" (*).

Non abbiamo bisogno di spendere molte parole per far comprendere al lettore quale tesoro di insegnamenti si trae da queste lezioni dei fatti, ed in particolare il ruolo che ha il programma e la sua definizione chiara e precisa per il partito del proletariato rivoluzionario. Senza la chiarezza degli obiettivi, nessun sforzo e nessuna lotta armata possono realizzare le aspirazioni del proletariato.

Per la seconda volta la petizione della Carta viene respinta. Ma, al solito, la lotta, sia pure finita con una sconfitta, porta sempre a qualcosa di positivo: "Frutto della rivolta fu la definitiva separazione del proletariato dalla borghesia" (*). (II corsivo è nostro). Essa fu sancita dalla rottura fra liberali e cartisti in una seconda riunione che si tenne a Birmingham il 27 dicembre del 1842.

Lo stesso partito cartista viene a scindersi in due partiti: uno che riunisce tutti gli elementi timidi e meno proletari, detto della "violenza morale" che avrà per capo Lovett, e l'altro della "violenza fisica" di O'Connor. "Da quel momento il cartismo divenne un movimento puramente operaio depurato di tutti gli elementi borghesi". E, mentre "la borghesia radicale si alleò ai liberali contro i cartisti", questi ultimi "parteciparono con forza raddoppiata a tutte le lotte del proletariato contro la borghesia" (*).

I fautori della violenza morale invece perderanno tempo e energia ad inseguire le chimere di marca oweniana, cioè i progetti di educazione popolare e di cultura: progetti quasi impossibili per il troppo lungo orario di lavoro e per mancanza di mezzi adeguati, progetti perfino nocivi quando imponevano di rivolgersi allo Stato (come fa oggi il PCI) per ottenere quella istruzione che - come dice Engels - "è addomesticata, priva di nerbo, servile verso la politica e la religione dominanti; così che per l’operaio essa in realtà non è altro che una predica permanente per indurlo alla quiete, alla obbedienza, alla remissività, alla rassegnazione al destino" (*).

 

Vertice e declino del cartismo

 

Abbiamo visto che per ben due volte, nel '39 e nel ‘42, il cartismo non seppe scegliere in modo autonomo la strada della lotta di classe e che dovette subire la influenza malefica dei partiti borghesi. Entrambe le volte lo sciopero generale e le altre manifestazioni di lotta abortirono, sminuzzandosi, esaurendosi e concludendosi con arresti degli stessi dirigenti.

Specialmente la crisi del 1842 poteva essere un'ottima occasione per imporre la Carta, ma la divisione interna, basata essenzialmente sulla questione "se la Carta doveva essere attuata con la violenza o con la legalità" (”), porto alla sconfitta. Conseguenza politica di questa, fu la rottura con le "classi medie" o borghesi e l'epurazione della destra cartista, portavoce degli elementi piccolo-borghesi e della prima aristocrazia operaia inglese. I cartisti autenticamente proletari, anche se non ancora veri e propri socialisti, si erano ridotti a poche migliaia, potevano però ben dire di formare una forza politica indipendente e più omogenea dal punto di vista di classe. Gli eventi degli anni successivi e specie nel ‘46 e '47 accentuarono questa caratterizzazione del cartismo. Nel '46, infatti, la legge sul grano era stata abrogata e gli operai si attendevano che i libero-scambisti, a cui avevano prestato il loro aiuto, mantenessero la promessa di appoggiare l'approvazione della legge delle 10 ore. Ma

 

 

gli stessi capitalisti. Engels dichiara, nel suo libro sulla situazione della classe operaia inglese (e solo in qualche punto verso la fine), che aveva dato "grande importanza alla affermazione secondo la quale il comunismo non è una pura e semplice dottrina di partito della classe operaia, ma una teoria il cui obbiettivo finale è la liberazione dell'intera so­cietà, compresi i capitalisti, dai rapporti odierni che la soffocano" (vedi prefazione 1892 al libro). E sempre Engels, ormai fondatore e maestro insieme a Marx, del socialismo scientifico, riconosce che "questo è giusto in senso astratto ma nella pratica è per lo più peggio che inutile" perché la classe operaia deve "compiere da sola la rivoluzione sociale".

I cartisti, con in testa Jones e Harney, avevano appunto finito per capire che dovevano rivolgersi unicamente "ai veri operai, agli uomini dalle giacche di fustagno, dal mento non raso e dalle mani callose, alle loro donne ed ai loro figli", come soleva dite 0'Connor.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(
il programma comunista, n. 14, 1964)

 

 

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