DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Giustamente riprendendo una frase celebre di Gramsci, che riassume tutto l’impianto nazionale e nazionalista di questo autentico “padre della patria” (“Voi fascisti avete portato l’Italia alla rovina, a noi comunisti [!!!] spetta il compito di salvarla”), Nichi Vendola ha delineato il programma di una sfrangiata aggregazione di forze a sinistra del PD, dopo aver debitamente ricevuto l’imbeccata dalla FIOM nella manifestazione di sabato 16 ottobre. Nulla di nuovo: è la vecchia minestra dell’opportunismo che si offre come “miglior garante”, come “unico vero salvatore della patria”, con un programma di… “riforme di struttura”, di… “nuovo modello di sviluppo” – cose fritte e rifritte dal PCI negli anni ’60 e ’70, ma che hanno le loro radici nella teoria e nella prassi dello stalinismo, da quando proclamò di voler “riprendere in mano le bandiere della borghesia, che la borghesia stessa aveva lasciato cadere nel fango”. Il boss della FIOM-CGIL Landini l’ha detto a chiare lettere nella manifestazione del 16 ottobre: noi avevamo la soluzione e non ci avete voluto coinvolgere; il candidato boss della “sinistra dispersa” traduce il tutto in politichese. Così, l’abbraccio sindacato-partito si fa stretto, sul modello (vecchio modello, questo!) del Labour Party inglese fondato sulle trade unions e da esse direttamente ispirato. Dietro a queste parole vuote, che possono far battere i cuori solo di vecchi marpioni come Bertinotti (o di poveri illusi come la “moltitudine” dei “soggetti” che vagano nel buio in cerca di un leader), sta il fatto reale: la crisi economica non è recuperabile, bisogna attrezzarsi a tempi duri e bui, e bisogna farlo rinverdendo quel nazionalismo orgoglioso che s’è come appannato sotto le zaffate d’alito fetido che viene da un ceto ormai putrefatto – forze nuove abbisognansi, ed ecco che FIOM da una parte e SEL (“Sinistra Ecologia e Libertà”) dall’altra si fanno avanti, sgomitano per farsi vedere, raccolgono consensi da aristocrazie operaie e piccolo-borghesi depressi. “Non sia mai che si debba morire berlusconiani! l’Italia si merita di più!”.

Non c’è dubbio: costoro si candidano al ruolo di controllori sociali, prima di svolgere quello necessario (e loro connaturato) di arruolatori di proletari nell’esercito patriottico, quando i venti di guerra soffieranno più forti. Allora sì che si proveranno a “salvare l’Italia” – dal nemico esterno (mandando i proletari a massacrarsi fra di loro su fronti opposti) ma soprattutto da quello interno (i proletari stufi marci della guerra e decisi a minacciare l’ordine borghese).

Resta da vedere se i proletari cascheranno nella trappola. Compito di noi comunisti è quello di impedirglielo e di indicargli un’altra via – quella anti-nazionale perché anti-capitalista.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2010)

 

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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