Il clima che cambia, il CO2 che cresce, la plastica onnipresente, i pesticidi ed erbicidi, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, la deforestazione e desertificazione di aree sempre più vaste, lo scioglimento dei ghiacciai, la cementificazione e mineralizzazione diffuse, le città intasate dal traffico, gli additivi e i veleni di ogni tipo in ciò che mangiamo… È giusto mobilitarsi, organizzarsi, scendere in piazza per contrastare la crescente distruzione dell’ambiente. Ed è giusto che i giovani, preoccupati per il domani, siano in prima linea. Ma metodi e obiettivi sono appropriati? E soprattutto: è davvero chiara, a chi si mobilita perché angosciato e soprattutto incazzato di fronte alle prospettive catastrofiche che ci vengono diffusamente presentate, l’origine di questa crescente distruzione?
Se non si comprende che alla radice di tutto ciò sta il modo di produzione capitalistico, dominato dalla legge del profitto e della competizione, della produzione per la produzione, dalla necessità di accumulare capitale per reinvestirlo nella produzione di altro capitale e così via all’infinito, se non si comprende questo meccanismo infernale che ci domina da almeno duecentocinquant’anni, allora si finisce per arrendersi alla disperazione impotente. Il capitalismo ha svolto un ruolo progressivo nel liberare l’umanità dal modo di produzione precedente, il feudalesimo, che, a fronte di un mercato ormai mondiale e di innovazioni tecnologiche epocali, era soltanto un intralcio allo sviluppo umano. Ma ora il capitalismo, che ha sottomesso tutto il mondo alle proprie leggi, è a sua volta diventato un intralcio, moltiplicando gli elementi distruttivi impliciti nelle sue stesse leggi di funzionamento (e non parliamo delle centinaia di guerre e guerricciole che, nel corso del ‘900, oltre ai due macelli mondiali, hanno massacrato intere popolazioni e devastato intere aree del pianeta, e continuano oggi a farlo con mezzi di distruzione sempre più sofisticati).
Che senso ha dunque rivolgersi, perché intervengano, agli Stati, ai governi e ai governanti, a istituzioni e organismi internazionali, che di questo modo di produzione sono gli strumenti, i rappresentanti, gli esecutori (e che sono ben felici che i giovani scendano in piazza, purché non mettano in discussione il loro regime e potere!)? Che senso ha immaginare piccole o grandi riforme che tuttavia lasciano intatti i fondamenti, gli ingranaggi, su cui si regge questo modo di produzione? Il pianeta non si salva così! Il modo di produzione capitalistico continuerà imperterrito a cercare di macinar profitti, a provocare crisi economiche e sociali paurose, a scatenare guerre sempre più sanguinose e distruttive, a distruggere le risorse del pianeta – non per la cattiveria di Tizio o Caio, ma perché così impongono le sue leggi e i suoi meccanismi di funzionamento.
Un attivista come Chico Mendes, che tutti gli ecologisti ricordano con ammirazione, scrisse (e quanti oggi se ne sono dimenticati!): “L’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio”. Più chiaro di così!
Ai giovani che scendono in piazza e dimostrano contro il disastro ambientale, noi comunisti diciamo: Lasciate perdere il giardinaggio! Orientatevi verso la lotta di classe! Individuate i veri nemici! Battetevi con noi, non per mettere qualche pezza a un sistema ormai marcio, velenoso e avvelenato, ma per abbatterlo e instaurare finalmente la società senza classi, che avrà finalmente a cuore la terra!
Solo una prospettiva e una preparazione rivoluzionarie, attraverso la pratica e il lavoro politico sviluppati dal nostro partito sull’arco di decenni e decenni di battaglia aperta contro tutte le illusioni e delusioni, gli inganni e i tradimenti (compreso il falso comunismo della Russia stalinista e della Cina maoista), sempre a fianco dei proletari di tutti il mondo e a sostegno delle loro lotte nonostante le nostre esigue forze, solo questo potrà salvare il pianeta e la specie umana! Compito non facile, ma molto più urgente e necessario – oltre che, sì, appassionante!
27 settembre 2019
Salvare il pianeta... Ma come?
Partito comunista internazionale
(il programma comunista)