DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

IERI

 

Nella tradizione dei marxisti rivoluzionari è ben solida l'opposizione al nazionalismo ed al militarismo, ad ogni guerraiolismo basato sulla solidarietà operaia con lo Stato borghese in guerra per i famosi tre motivi truffaldini: la difesa contro l'aggressore - la liberazione dei popoli governati da Stati di altra nazionalità - la difesa della civiltà liberale e democratica.

 

Ma una non meno solida tradizione della dottrina e della lotta marxista è la opposizione al pacifismo, idea e programma poco definibile, ma che, quando non è maschera ipocrita dei preparatori di guerra, si presenta come la sciocca illusione che pregiudizialmente al definirsi e allo svolgersi dei contrasti sociali e delle lotte di classe si debba da opposte sponde di opinioni e di schieramenti classisti intendersi per l'obiettivo della «abolizione della guerra» della «pace universale».

 

I socialisti hanno sempre sostenuto che il capitalismo determina le guerre, inevitabilmente tanto nella fase storica in cui la borghesia stabilisce il suo dominio costruendo gli Stati nazionali centralizzati, tanto in quella moderna imperialistica in cui si volge alla conquista dei continenti arretrati e i vari Stati storici gareggiano nel distribuirsene il dominio. Chi voglia abolire la guerra deve abolire il capitalismo e quindi se esistono dei pacifisti non socialisti bisogna considerarli come avversari, poiché siano essi in buona o mala fede (peggio in tutti questi problemi del nostro movimento e comportamento è il primo caso), ci indurrebbero a rallentare l'impianto classista della nostra azione e la lotta al capitalismo, senza arrivare all'obiettivo illusorio di un periodo capitalistico senza guerre, comunque obiettivo non nostro.

 

Ciò per dirla in breve: sarà tuttavia utile stabilire che l'analisi delle guerre tra gli Stati data dalla scuola marxista non si è mai ridotta (vedi Marx, Engels, Lenin) ad un semplicismo che dica che non vi sono sostanziali ripercussioni dell'andamento e dell'esito delle guerre sugli sviluppi e sulle possibilità del socialismo rivoluzionario, e se ci riferiamo alla modernissima fase attuale capitalistica l'analisi completa non ci conduce affatto a scartare la possibilità, dopo ulteriori svolgimenti, di un sistema capitalistico organizzato in tutto il mondo in un complesso unitario, stato soprastato o federazione che sia, capace di mantenere la pace dovunque. Questo appare sempre più oggi l'ideale dei gruppi superfilibustieri del capitale e dei loro mantenuti come i Truman i Churchill e giannizzeri minori. Non escludiamo questa eventualità della pace borghese che prima del 1914 era dipinta dai vari Norman Angel con colori di idillio, ma ammettendola la consideriamo una eventualità peggiore di quella del capitalismo generatore di guerre in serie fino al suo crollo finale; vediamo in essa l'espressione più controrivoluzionaria ed antiproletaria, quella, tutt'altro che sorprendente per la visione teoretica marxista, che maggiormente concentra al servizio della oppressione capitalistica, in una polizia mondiale di ferro a comando unico e col monopolio di tutti i mezzi di distruzione e di offesa, il mezzo di strozzare ogni ribellione degli sfruttati.

 

Il pacifismo, come rinunzia generica all'impiego dei mezzi violenti da stato a stato, da popolo a popolo e da uomo a uomo, è una delle tante vuote ideologie senza fondamento storico di cui il marxismo ha fatto giustizia. Le dottrine della non resistenza al male, oltre ad essere irreali e senza esempi storici, non possono servire che a distruggere nel seno della classe operaia la preparazione a insorgere con l'uso della forza per rovesciare il regime borghese, che i marxisti non ammettono possa altrimenti cadere; sono dunque dottrine antirivoluzionarie.

 

Lo stesso cristianesimo, oggi mezzo precipuo di addormentamento degli oppressi e di accettazione della ingiustizia sociale col suo orrore della violenza, che ipocritamente impedisce a preti di tutte le chiese di benedire le guerre e le repressioni di polizia, come fatto storico fu fatto di lotta e perfino Cristo disse di non essere venuto a portare la pace ma la guerra.

 

La tesi poi che la guerra fosse inevitabile nelle società antiche e medioevali ma che una volta affermata ovunque la rivoluzione borghese e liberale sarebbe stato possibile dirimere i conflitti fra gli Stati con mezzi incruenti, è stata sempre considerata dai fondatori del marxismo come una delle più sporche e stolte apologie del sistema capitalistico. Carlo Marx, che sempre dovette avere a che fare con questi ideologi sfiatati del civilismo borghese, non tacque il suo infinito fastidio e finì col brandire la sua infallibile sferza sulle loro divagazioni, e nella rottura col falso rivoluzionarismo anarchico bakuniniano una delle ragioni di principio fu il bazzicare dei libertari con questi ambienti svizzeroidi e quacquerizzanti.

 

Tutta la possente campagna contro i socialpatrioti del 1914, che non sarà mai abbastanza richiamata e illustrata nel duro lavoro per ricondurre sulla via giusta il movimento proletario, li bollò al tempo stesso come rinnegati in quanto servi del militarismo, e in quanto servi del correlativo indirizzo borghese di solidarismo giuridico internazionale e ginevrista, in cui consisteva per Lenin la vera Internazionale capitalistica per la controrivoluzione.

OGGI

 

Alla vigilia di ogni guerra il reclutamento delle milizie si fa oggi con mezzi più complessi che nei secoli scorsi. Nelle società greco-romane combattevano i cittadini liberi e gli schiavi stavano a casa. In tempo feudale l'aristocrazia aveva come sua funzione la guerra e completava i suoi esercizi con volontari: volontario e mercenario è la stessa cosa, chi decide di sua iniziativa di fare il soldato impara l'arte e cerca un posto. La borghesia capitalistica introdusse la guerra per forza; pretendendo di avere dato a tutti la libertà civica abolì quella di non andare a farsi ammazzare, volle anzi che lo si facesse gratis o per la sola zuppa. Un vecchio melodramma cantava in tempo assolutista: vendé la libertà, si fé soldato. Il censore si allarmò della terribile parola libertà e la volle cambiata in lealtà. Comunque il nuovo regime borghese considerò la libertà personale cosa troppo nobile per pagarla, e se la prese senza mercede.

 

Lo Stato dispone oggi dunque e di mercenari e di volontari e di soldati coscritti, ma la guerra è divenuta un fatto così vasto che tutto questo non è ancora sufficiente. Gli effetti della guerra possono suscitare il malcontento di tutta la popolazione, militare o meno, e per frenarlo oltre alle varie gendarmerie del fronte esterno ed interno va impancata tutta una mobilitazione di propaganda a favore della guerra medesima, la colossale imbonitura di menzogne a cui la storia degli ultimi decenni ci fa assistere ad ondate, e che ha riabilitato tutti i tipi di raccontaballe che registra la vita dei popoli, dallo stregone della tribù all'augure romano al prete cattolico al candidato al parlamento.

 

Ora in questa preparazione al massacro, in questa fabbrica di entusiasmi per la carneficina generale, una personaggia notissima sta alla testa di tutta la macabra carnevalata, la grande Idea, la nobile Causa della Pace, la candida colomba ridotta a spennacchiatissima segnorina.

 

Nella rigatteria dell'ideologismo borghese i capi traditori hanno condotto la classe operaia mondiale a tutto raccattare, e la hanno traviata dietro tutti questi fantocci consegnandola smarrita e passiva ai voleri dei suoi nemici di classe.

 

Le hanno data la parola di combattere per tutte le finalità proprie dei suoi oppressori, la hanno messa a disposizione per la patria per la nazione per la democrazia per il progresso per la civiltà per tutto fuorché per la rivoluzione socialista. Sono capaci di metterla a disposizione per tumulti per sommosse e per rivoluzioni, ma quando siano le rivoluzioni degli altri.

 

Allorché in Russia vi erano ancora da fare due rivoluzioni e secondo la veduta marxista non era possibile farne una sola, si dovettero combattere due tipi di opportunisti (gli stessi battuti da Marx nel '48 europeo): quelli che volevano innestare un economismo socialistoide al regime zarista e quelli che volevano servirsi degli operai per una rivoluzione borghese, sostenendo che occorreva lasciare poi lungamente vivere il regime capitalistico per una ulteriore evoluzione. Lenin scolpì la posizione rivoluzionaria in una frase semplicissima: la rivoluzione deve servire al proletariato non il proletariato alla rivoluzione. Cioè: noi non siamo qui per porre il movimento operaio che fa capo al nostro partito al servizio di richieste di rivendicazioni o anche di rivoluzioni di altre classi, ma vogliamo mandarlo alla lotta per gli obiettivi autonomi ed originali della nostra classe e di essa sola.

 

L'attuale movimento dei partiti detti comunisti non inquadra i lavoratori che per mandarli dietro tutti i fantocci della rigatteria borghese, per bruciarne le energie al servizio di tutti gli scopi non operai e non classisti.

 

Alla campagna per la democrazia e il liberalismo parlamentare e borghese minacciato dai fascismi, alla lotta per le vergognose parole del risorgimento nazionale, della nuova rivoluzione democratica, parole cento volte più insensate di quelle che si davano dagli antibolscevichi ai tempi dello Zar, segue ora una nuova e più ignobile fase di imbonimento mondiale: la battaglia colla parola del pacifismo.

 

Questo è un nuovo e maggiore capitolo del rinnegamento e della abiura del comunismo marxista. La crociata contro il capitalismo imperialista d'America e di Occidente sarebbe una parola proletaria, ma in tal caso - oltre a non potere essere data da chi gli ha steso i ponti di sbarco incassandone gli stipendi - si presenterebbe come una parola non di pace ma di guerra, guerra di classe, in tutti i paesi.

 

La campagna di pace e i congressi con invito a tutti i pensatori non comunisti, non solo sono maggior disfattismo della impostazione di classe del movimento operaio, che degnamente corona tutti gli altri, non solo sono un servizio di prim'ordine reso al capitalismo in generale, ma condurranno, come la grande crociata democratica svolta sconciamente dal 1941 al 1945, a rafforzare le grandi strutture statali atlantiche, che crolleranno solo quando il sistema borghese sarà preso di fronte svergognandone le menzognere bandiere di Libertà e di Pace per schiacciarlo dichiaratamente con la dittatura e la guerra di classe.

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