DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Si è scatenato l’ennesimo terremoto e questa volta, alle solite ormai trite e ritrite tiritere (sulle caratteristiche delle costruzioni crollate, sulla trascuratezza del recupero tecnico dei “centri storici”, sulla tempestività degli aiuti, sugli investimenti futuri, sugli sciacallaggi previsti e prevedibili... ), si sono aggiunte una gran caciara e due nuove polemiche tra le correnti dell’ideologia dominante, degne di una nostra seppur breve attenzione critica.

La prima a dire il vero non è una polemica: anzi. Ci riferiamo alla reazione immediata del “principale partito d’opposizione”, l’italianissimo P.D., che subito plaude all’azione del Governo e di fronte alla Calamità Naturale si allinea sulla necessaria Carità di Patria, abbassando la guardia della sua fin qui... inflessibile opposizione. Non facciamoci ingannare dal riflesso condizionato “catastrofe-aiuto-ricostruzione” né dal piccolo cabotaggio della ricerca di uno spazio per gestire i futuri (relativi) vantaggi della tradizionale gestione clientelare della futura e ovviamente necessaria ricostruzione – vantaggi che si restringerebbero comunque assai, vista la tracotanza con cui il berlusconiano PdL ha seppellito il sistema di mediazione proporzionale caro alla vecchia gestione democristiana della “cosa pubblica” (ma allora l’Opposizione di Sua Maestà, nel gioco delle parti, era “attenta e vigile”...). Il vero segnale che deve fare alzare le orecchie a ogni venditore di forza-lavoro (leggi: proletario) è l’anticipo della solidarietà nazionale: quella solidarietà nazionale che ci verrà richiesta quando il precipitare della crisi economica imporrà l’unità economica necessaria alla “ripresa” e che preparerà quell’altra (ancor più minacciosa) solidarietà nazionale – quella necessaria a sostenere lo sforzo bellico nell’inevitabile guerra interimperialista che si prepara.

La seconda è, invece, una bella polemica nel campo della ricerca scientifica, che l’ideologia corrente vuole al di sopra delle parti, tecnicamente “al servizio di tutti”. Ci riferiamo a quel ricercatore che, inascoltato, ha affermato di aver in qualche modo previsto il sisma. Da quel poco che abbiamo capito, egli sarebbe riuscito a interpretare i prodromi del disastro dall’andamento del cosiddetto “sciame sismico” e dall’innalzamento del livello del gas radon, che si libera dalle viscere della terra quando le pressioni del movimento della crosta del pianeta fanno scontrare le fasce tettoniche. O qualcosa del genere.

Che tutto ciò sia “vero”, “attendibile” o meno, non sta a noi dire: quel che la critica comunista vuole sottolineare è un’altra questione. Se anche la tecnologia borghese riuscisse a prevedere, con l’esattezza che gli antichi chiedevano agli oracoli, una catastrofe qualsiasi, sarebbe poi la politica borghese in grado di gestire le implicazioni successive di questa previsione? E’ facile dire: NO. Un po’ meno facile è capire il perché. Ma questo “perché” contiene anche la risposta alla ossessionante richiesta (appunto, da vero e proprio vaticinio) avanzata dalla “società contemporanea” relativamente alla certezza del “dove” e del “quando” (oltre che del “per quanto”). L’odierna organizzazione sociale ruota attorno ai ritmi che caratterizzano l’organizzazione industriale e la sua capacità di offrire “servizi” terziari (le baggianate sul post-moderno e sul post-industriale le lasciamo ai ben pasciuti gonzi delle moderne “scienze”sociali) e questi ritmi dettano la concentrazione degli esseri umani sul territorio. Per di più, e come aggravante, lo sviluppo bisecolare del capitalismo (in Europa in generale, ma nella nostra Bell’Italia in particolare) si è verificato in territori dove le precedenti fasi dell’organizzazione sociale avevano già preparato quelle “città” che costituiscono oggi il reticolo della “metropoli diffusa”. E questo ritmo e questa organizzazione territoriale, anche se tutta la fuffa dell’ideologia corrente tenta disperatamente di negarlo, ruotano intorno al ciclo della estorsione (pardon! produzione) del plusvalore: non si possono fermare! Per questo, allo “scienziato” è chiesta la massima precisione: “se proprio proprio mi dici che ci sarà un disastro, ammesso che tu abbia ragione, e se per evitarlo devo interrompere ogni attività e quindi perdere il mio amato guadagno, che almeno questa interruzione sia breve e solo in quel dato momento!”.

Non si ammette una previsione che non ricalchi la precisione di una macchina industriale. E, per di più, come si potrebbero gestire evacuazioni di popolazioni che coinvolgono, anche in zone come quella dell’Aquila e dintorni, considerate periferiche, decine di migliaia di persone (e gli animali domestici di interesse zootecnico o familiare?)? come custodire le amate “proprietà”?

Con buona probabilità, il tecnico in questione, per fortuna o per capacità di interpretare i dati, aveva individuato il “dove” e il “quando”: ma erano un “dove” troppo vasto e un “quando” troppo lungo, per la grettezza della società contemporanea, dominata dalle leggi del capitale.

 

 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2009)

 

 

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