DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Presentiamo insieme i due articoli (25 e 26), molto importanti perché stabiliscono la posizione dei socialisti contrari alla guerra nel momento in cui la guerra fu dichiarata dal governo italiano. Il primo é del giornale napoletano del Partito che notoriamente seguiva l’indirizzo estremo della Sinistra. Il se­condo é dell’«Avanti!», che non avendogli apposto premessa o commento mostra di farlo proprio a nome di tutto il Partito e della sua Direzione.

L’argomentazione é ben chiara ed è quella opposta alla prassi tradi­zionale di tutti gli opportunisti, secondo i quali, quando una «campagna» ha avuto esito sfavorevole, si pronunzia il famoso motto: «vista la bat­taglia perduta...» e si passa a cambiare colore a tutte le proprie affermazioni.

La Sinistra nell’ora decisiva stabili con estrema chiarezza che per noi nulla era mutato né nella nostra dottrina e nei nostri principi, né nella nostra azione e posizione politica. Niente concordia nazionale come ieri, nien­te difesa della patria come ieri, piena lotta di classe contro la classe bor­ghese e il suo Stato parlamentare-militaresco come ieri.

I due articoli gettano sulla faccia dei nostri avversari tutta la falsità e l'infamia delle loro posizioni. Nel secondo di essi si ribadisce ancora una volta il concetto che il neutralismo non era che un infelice vocabolo della politica pratica che si riferiva alla posizione del nostro eterno nemico: lo Stato.

La Stato ha invertito la sua posizione nel quadro dei rapporti tra gli Stati, la nostra non cambia contro tutti gli Stati capitalistici e, come Marx dettò, in primissima linea contro il nostro Stato interno, l’italiano.

 

FERMI AL NOSTRO POSTO

La guerra é decisa. Come più volte avevamo preveduto, si lancia a noi socialisti l’appello ipocrita alla solidarietà nazionale in nome della patria in pericolo.

Noi siamo di quei socialisti che nel loro convinto internazionalismo non lasciano posto per la superstizione della patria. E perciò, se anche credessi­mo sincero e leale l’appello che ci viene dai nostri nemici di ieri, se anche ritenessimo il governo nazionale innocente della guerra, se anche ammet­tessimo la buona fede e il disinteresse di tutti i fautori dell’intervento, nono­stante tutto ciò resteremmo, in nome dei nostri principi e della nostra fede, tenaci assertori della discordia di classe, che ponendo i servi contro l’op­pressione dei padroni é l’unica feconda opera diretta a un avvenire migliore.

Ma l’appello alla concordia nazionale provoca ancora di più il nostro sdegno per tutto il sistema di menzogne, di viltà e di sopraffazioni che ve­diamo impiegato allo scopo di creare un artificiale entusiasmo popolare per la causa della guerra.

Le manifestazioni della volontà proletaria indette dal nostro Partito sono state soffocate con la violenza, mentre si lasciava libero campo alle gazzarre interventiste. Mentre la borghesia aveva tutti i grandi quotidiani dediti a gonfiare le chiassate studentesche ed a celare e diffamare la pro­testa operaia, si sono perfino intercettate all’unico quotidiano nostro le notizie dei comizi socialisti. E noi dovremmo accettare l'invito di associarci all’inno per la guerra liberatrice e democratica?

Noi dovremmo mostrare di credere alle menzogne ufficiali, con cui si giustifica l'intervento a base di frasi retoriche, mentre la storia ci dimostra una volta di più che la politica degli stati borghesi ed in particolare dello Stato italiano é un tessuto di ipocrisia e di cinismo?

Le dichiarazioni di Salandra non ci hanno commosso più di quanto ci commuovessero a sua tempo quelle del governo del Kaiser.

Queste, anzi, avevano il pregio di una maggiore sincerità.

L'Italia scende in campo in difesa del diritto conculcato?

Ma allora dovevate marciare nell’agosto, quando volevate invece fare la guerra a favore degli austro-tedeschi. L’ultimatum austriaco alla Serbia danneggiava gli interessi italiani? Ma voi non avete denunziato che dieci mesi più tardi l’alleanza trentennale che vi ha reso dinanzi alla storia complici degli imperi tedeschi.

L’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina perché non ridestò la vostra protesta? Forse perché eravate impegnati alla vostra volta nel bri­gantaggio libico? Avete invece atteso di avere dinanzi un nemico avvi­lito e sfibrato per dar fiato alle tube della retorica. E, se oltre il con­fine orientale vi fossero terre non italiane di lingua e di razza, la mo­narchia e lo Stato italiano, pesato l’attivo e il passivo dell’affare, dareb­bero sfogo egualmente alle loro ingordigia di ampliamento territoriale, così come fanno per Valona e le isole del Dodecanneso, che spetterebbero a nazioni non belligeranti.

Non é il principio di nazionalità che dovete invocare, ma il diritto del più forte.

Non Garibaldi dovete rievocare, ma Ninco Nanco.

Ma spingete pure al massimo la tregenda delle menzogne! Noi non saremo giammai i complici vostri!

 

(Il Socialista» di Napoli, n. 35 del 22-5-1915)

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