DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

(Da "L’Avanti!" del 13 luglio 1913)

 

Nella prossima battaglia elettorale il nostro partito, che la affronta solo contro tutti, in nome di tutto il suo programma, non dovrà dimenticare di guardarsi e difendersi da un pericolo non meno serio di tutti gli altri, il pericolo astensionista. Per quanto il movimento anarchico e quello sindacalista non siano oggi tra noi in condizioni molto floride, pur tuttavia i socialisti, e i socialisti rivoluzionari soprattutto, non devono restare indifferenti al sabotaggio tentato dagli antielezionisti contro il Partito, e alla loro campagna denigratoria contro l'indirizzo sinceramente rivoluzionario assunto dal socialismo in Italia dopo gli ultimi avvenimenti. Tutta la campagna svolta dai rivoluzionari contro la degenerazione riformista del partito e della sua azione parlamentare, doveva restare ed è rimasta perfettamente immune da tenerezze verso un Riavvicinamento all'astensionismo anarchico o sindacalista. E sono proprio i rivoluzionari che devono confutare le comode argomentazioni astensionistiche basate sugli errori e sulle debolezze di una frazione del partito che aveva gravemente deviato e che è oggi quasi del tutto eliminata da esso.

I rivoluzionari hanno riaffermato il valore politico della lotta di classe rivoluzionaria, secondo le concezioni marxiste, di fronte a tutte le forme equivoche di apoliticismo e di neutralismo che avevano tolto al Partito la sua fisionomia sovvertitrice. Quindi essi debbono più che mai sostenere la necessità rivoluzionaria del partito politico di classe, la necessità di "colorire" politicamente tutta l'azione della classe lavoratrice per indirizzarla alle sue finalità comuniste. Questo concetto si contrappone al neutralismo opportunista degli organismi operai, caldeggiato dal riformismo nella sua gretta e volgare concezione che dimentica nel modo più completo ogni tendenza organica ed integrale ad uno scopo che non sia immediato e limitato. Sindacalismo e riformismo si sono ormai incontrati nel concetto dell'apoliticismo sindacale, il che è quanto dire che ci hanno dimostrato che il proletariato non potrà mai compiere la rivoluzione con la sola forza delle sue organizzazioni economiche. La rivoluzione sociale è un fatto politico e si prepara sul terreno politico. Nel concetto dell'azione generale politica del partito, la lotta elettorale entra come uno dei tanti lati dell'attività socialista. Non deve escludere tutte le altre forme di essa. Ma è secondo noi necessario che il partito esiga da tutti i suoi militi la recisa affermazione positiva della loro opinione e della loro decisione.

Si possono fare elegantissime discussioni sull'influenza dell'ambiente parlamentare e sulla quotidiana "corruzione" degli eletti socialisti. Noi non contestiamo tale influenza. Solo riteniamo che se tutti gli elettori, secondo il nostro punto di vista intransigente, fossero veri "socialisti", non dovrebbe avere alcun effetto su di essi l'errore commesso dal rappresentante. Ma se gli elettori sono racimolati dagli altri partiti, adescati con le promesse di tutta una serie di favoritismi riformistici e di vantaggi immediati, allora non è meraviglia che l'eletto diventi un rinnegato.

Questa che è appunto l'accusa da noi mossa al riformismo vuole essere adoperata dagli astensionisti come argomento contro la partecipazione alle elezioni.

Ora noi non ci nascondiamo la grave difficoltà di dare alla politica di classe del proletariato, svolta dal Partito Socialista, un carattere così profondamente diverso dal politicantismo borghese. Ma i veri rivoluzionari devono sforzarsi di lavorare in questo senso e non disertare la lotta. L'astensionismo non è un rimedio, anzi è la rinuncia all'unico metodo che può dare al proletariato una coscienza capace di difenderlo dal politicantismo opportunista dei partiti non socialisti. Il neutralismo elettorale diventa neutralismo di coscienza e di opinione di fronte ai grandi problemi sociali, che pur essendo costruiti, come noi marxisti sosteniamo, sulla ossatura economica, rivestono sempre un carattere politico.

Non è nostra pretesa svolgere in poche righe un problema così complesso. Vogliamo solo gettare un allarme contro i propagandisti dell'antielezionismo che verranno a sabotare la nostra opera di propaganda nei comizi elettorali. Noi intendiamo cimentare la coscienza politica del popolo d'Italia in una grande battaglia antiborghese. Il nostro è l'unico partito che scenderà in lotta contro la dittatura clerico-monarchico-democratica. Aspettiamo il periodo elettorale non perché feticisti del parlamento, ma per scuotere le coscienze proletarie addormentate da tutti i neutralismi di ogni scuola. Sentiamo di compiere opera profondamente sovversiva e ci proponiamo di schiaffeggiare ogni forma di collaborazione di classe.

I sindacalisti - che fanno un intruglio bloccardo per medagliettare De Ambris -, gli anarchici - che pure affogano nel lattemiele democratico della cultura, della scuola e della educazione popolare in buon accordo con gli "intellettuali" borghesi, - tenteranno di venire, atteggiandosi a monopolisti della rivoluzione, a incolparci di transazioni perché ricorriamo all'arma del voto.

Noi dobbiamo essere preparati a rispondere per non farci sottrarre il voto di qualche vero rivoluzionario, a cui teniamo più assai che a cento voti equivoci non-socialisti. Questi campioni dell'astensionismo aspettano ansiosi che Giolitti apra la campagna elettorale per venire a lanciare le loro scapigliate concioni, infarcite di luoghi comuni, principalmente contro di noi, che dicono loro "cugini". Ma il Partito Socialista non ha più parentele, né a destra, né a sinistra! Questi signori antiparlamentari danno in ultima analisi più importanza di noi all'azione del parlamento. Noi teniamo in fondo più alla piazza e all'aula della votazione che all'aula di Montecitorio. Essi invece sono i galoppini ferventi del candidato Nessuno. E questo signor Nessuno non è che l'esponente del "blocco" più informe: anarchici, sindacalisti, mazziniani e... cattolici intransigenti.

È il candidato dell'immenso partito dell'indifferenza. Tutta gente con cui noi non vogliamo avere a che fare. E aspettiamo i rivoluzionari non da burla alla prova delle urne. Come li aspetteremo domani a quella delle barricate!


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