DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 Il Soviet», anno II, nr. 39, del 21.IX.1919)

 

Due nostri articoli del numero precedente, l'uno dedicato all’analisi del si­stema di rappresentanza comunista, l'altro alla esposizione del compito attuale del nostro partito, concludevano convergendo nella questione se sia oggi possibile e conveniente la costituzione dei consigli degli operai e contadini mentre ancora in piedi è il potere della borghesia.

Il compagno Ettore Croce in un articolo dell’Avanti!, discutendo la nostra tesi astensionista, chiede che prima di sbarazzarsi dell’arma invecchiata dell’azio­ne parlamentare, si possa averne pronta una nuova, ed auspica la formazione dei Soviet.

Nel numero scorso noi chiarimmo la distinzione tra il compito tecnico-eco­nomico ed il compito politico della rappresentanza soviettista, dimostrando che i veri organi della dittatura proletaria sono i Soviet politici locali e centrali, nei quali gli operai non figurano come suddivisi per categorie di mestieri.

A fianco a questi organi la cui suprema autorità è il comitato centrale ese­cutivo, che nomina i Commissari del popolo, vi è tutto l'intreccio degli organi economici, basati sui consigli di fabbrica e sui sindacati professionali, e che fanno capo al Consiglio Centrale dell’Economia.

In Russia, mentre, ripetiamo, nel CCE e nel Soviet dei Soviet non vi sono rappresentanze professionali, ma solo di distretti territoriali, nel Consiglio dell’Economia, l'organo che attua tecnicamente le delibere di socializzazione dell’assemblea politica, figurano le federazioni di mestiere e i consigli economici locali.

L'Ordine Nuovo del 16 agosto aveva un articolo interessante sul meccani­smo soviettista di socializzazione.

In questo articolo era esposto come in una prima fase, definita anarco-sinda­calista, i consigli di fabbrica avessero assunto nelle loro mani la gestione della produzione, ma che quindi, nella fase successiva di centralizzazione, essi erano an­dati perdendo importanza fino a diventare semplici rappresentanze degli interessi del lavoro e società di mutuo aiuto e educazione fra gli operai di uno sta­bilimento.

Se passiamo al movimento comunista germanico, vediamo nel programma della Lega Spartacus che i COS (Consigli operai e soldati), organi che sostituiscono i parlamenti e i consigli comunali borghesi, sono ben altra cosa dei consigli di fabbrica, i quali (art. 7 del cap. III) d'accordo con i Consigli degli operai regolano le condizioni di lavoro, e controllano la produzione per assumere alla fine la di­rezione dell’esercizio.

La direzione delle fabbriche, nella pratica russa, è stata poi costituita solo per un terzo dalla rappresentanza del consiglio di fabbrica, per un terzo dalla rap­presentanza del Consiglio Supremo dell’Economia, e per un terzo dalla rappresen­tanza della Federazione centrale d'industria (interessi della maestranza - interessi ge­nerali della società - interessi della tecnica industriale del ramo).

Ancora in Germania, le elezioni dei COS hanno luogo con questo mecca­nismo: ogni 1000 elettori un membro del consiglio - solo le grandi fabbriche con più di 1000 operai fanno corpo elettorale a sé - per le piccole fabbriche e i disoccupati, si vota col metodo stabilito dalla commissione elettorale d'accordo colle varie organizzazioni professionali.

A noi pare ce ne sia abbastanza per dichiararsi fautori di un sistema di rappresentanza nettamente distinto in due reti: economica e politica.

Per le funzioni economiche, ogni fabbrica avrà il suo consiglio di fabbrica eletto dagli operai, che avrà ingerenza nella socializzazione e nella successiva di­rezione dello stabilimento secondo opportuni criteri.

Per la funzione politica, cioè per la formazione degli organi locali e centrali del potere, le elezioni di Consigli proletari saranno fatte con liste nelle quali - esclusi rigorosamente i borghesi, ossia coloro che in qualunque modo vivono del lavoro altrui - figurino tutti i proletari allo stesso titolo, qualunque ne sia la professione, ed anche se sono per giuste ragioni disoccupati o inabili al lavoro.

Ciò bene stabilito, si possono, si debbono formare i Soviet?

Se parliamo dei consigli di fabbrica, essi vanno già diffondendosi sotto for­ma di commissioni interne, del sistema inglese degli Shop Stewards; e siccome essi sono organismi che rappresentano gli interessi della maestranza, se ne può determinare la formazione anche mentre la fabbrica è ancora appartenente al ca­pitale privato, anzi sarà certamente utile incoraggiare la costituzione di questi con­sigli di fabbrica non facendosi però soverchie illusioni sulla intrinseca loro facol­tà rivoluzionaria.

Veniamo al problema più importante: quello dei Soviet politici.

Il Soviet politico rappresenta gli interessi collettivi della classe lavoratrice, in quanto essa non spartisce il potete colla classe borghese, ma è riuscita a rove­sciare questa escludendola dal potere.

Tutto il valore e la forza del Soviet sta dunque non in una speciale strut­tura, ma nel fatto che esso è l'organo di una classe che prende tutta per sé la direzione della gestione sociale. Ogni membro del Soviet è un proletario, consa­pevole di esercitare la dittatura insieme alla propria classe.

Se la classe borghese è ancora al potere, anche avendo la possibilità di convocare gli elettori proletari ad eleggere i loro delegati (poiché non è il caso di passare né per i sindacati, né per le commissioni interne esistenti), non si fa­rebbe che una imitazione formale di un istituto avvenire, ma questo mancherebbe del suo fondamentale carattere rivoluzionario.

Quelli che possono oggi rappresentare il proletariato che domani assumerà il potere sono gli operai coscienti di tale prospettiva storica, ossia gli operai iscritti al Partito Comunista.

Il proletariato che lotta contro il potere borghese è rappresentato dal suo partito di classe, anche se questo ne costituisce una audace minoranza.

I Soviet di domani devono avere la loro genesi nelle sezioni locali del Par­tito Comunista. Queste avranno pronti gli elementi che, subito dopo la vittoria rivoluzionaria, verranno proposti al voto della massa elettorale proletaria per co­stituire i Consigli dei delegati operai locali.

Ma per potere assumere queste funzioni il Partito Comunista deve abbando­nare le elezioni di rappresentanti negli organismi della democrazia borghese. Le ragioni di tale affermazione sono evidenti.

Il Partito deve essere composto solo di individui pronti alle responsabilità e ai pericoli della lotta nel periodo della insurrezione e in quello della riorganiz­zazione sociale. La conclusione:  abbandoneremo le elezioni solo quando avremo pronti i Soviet, è erronea. Un migliore esame della questione conduce invece a quest'altra conclusione: l'organo della rivoluzione finché esiste il potere borghese è il Partito di classe; dopo l'abbattimento di questo è la rete dei consigli operai.

Il partito di classe non può essere tale né mettersi in grado di dare l'as­salto al potere borghese per sostituire alla democrazia parlamentare il sistema so­viettista, senza rinunziare all’invio dei suoi rappresentanti negli organismi borghesi.

Questa rinunzia, che ha formalmente valore negativo, è la prima condizione per mobilitare le forze del proletariato comunista.

Non volerla fare vuol dire reputare inutile il mettersi in condizioni di pro­fittare della prima occasione conveniente per dichiarare la guerra di classe.

 

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