DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

(Da "Il Soviet" del 16 maggio 1920)

 

Non scriviamo per commentare la caduta di un altro ministero, minimo indizio della insanabile crisi borghese; né per impegolarci nella equivoca alchimia delle combinazioni montecitoriali. Ci preme solo segnare obiettivamente un'altra tappa degenerativa del massimalismo parlamentare.

Sostenemmo al Congresso di Bologna che la partecipazione dei socialisti al parlamento borghese nel periodo attuale in cui il regime si dissolve ed il proletariato affaccia audacemente il proposito di instaurare colla violenza rivoluzionaria i suoi nuovi istituti, seppellendo la carogna della democrazia parlamentare, equivale a collaborare colla borghesia e a fare il suo giuoco.

Se in periodo normale, quando ancora il capitalismo internazionale mostrava di avere vita storica dinanzi a sé, il metodo della intransigente lotta di classe poteva essere garantito dal rifiuto a collaborare politicamente coi partiti di sinistra della borghesia, nella odierna fase risolutiva, invece, non può comprendersi intransigenza che al di fuori del terreno delle istituzioni rappresentative borghesi.

I fatti vengono oggi a confermare questa nostra tesi. Già nel 1912 il Partito a cui ancora apparteniamo trovava la forza di condannare ed eliminare coloro che appoggiavano i ministeri borghesi.

Nel 1919, dopo la guerra mondiale, dopo l'affermazione trionfale del metodo rivoluzionario comunista, lo stesso Partito, mentre formalmente condanna l'illusione socialdemocratica che il parlamentarismo costituisca solo una via per la conquista del potere, conserva tutte le vecchie forme, i vecchi metodi, i vecchi uomini del parlamentarismo stesso.

Con ciò il Partito non solo si è rivelato impotente a passare dalla fase della critica intransigente a quella della demolizione rivoluzionaria, ma ha decampato dal terreno medesimo della intransigenza tradizionale.

Se ieri era colpa votare apertamente per un ministero, oggi non lo è votargli contro dopo aver gesuiticamente lavorato a procurargli la maggioranza, non è colpa né ragione di incompatibilità darsi alle più coccodrillesche contorsioni dopo aver dovuto, per rispettare il minimum della decenza, contribuire alla caduta di un governo Nitti.

Non è nostro proposito scendere nei disgustosi retroscena delle manovre del gruppo parlamentare, che lo stesso Avanti! ha dovuto denunziare e bollare.

Il gruppo... massimalista affonda fino alla gola nelle sabbie mobili del parlamento, che fu mandato a demolire.

Il sabotaggio della istituzione di cui si cianciò a Bologna e durante i saturnali demagogici della campagna elettorale, quest'assurda utopia, cede il posto alla realtà delle transazioni e dei compromessi.

Il parlamento italiano con i centocinquantasei socialisti serve mirabilmente al suo logico compito di maschera della dittatura borghese, di diversivo al diretto assalto proletario.

L'Avanti! non vede alcuna contraddizione col programma "antiparlamentare" di Bologna nel gonfiare i discorsi del democratico Modigliani per il funzionamento della Camera durante la crisi, intestandoli compiaciuto: "I Socialisti per la sovranità del Parlamento".

Ecco l'obiettivo dei socialisti: la sovranità del Parlamento! che equivale alla sovranità della guardia regia nelle piazze d'Italia, che è la condizione del potere e dell’arbitrio dello Stato borghese.

Il rivoluzionarismo del Partito socialista non supera ormai quello dello Statuto albertino del 1848.

In questo Partito che non trova la forza di reagire a tali degenerazioni vergognose non vi è assolutamente più, per i comunisti, nulla da fare.


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