DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

(Da il "Soviet" del 15 novembre 1920)

 

Nella Battaglia socialista del 24 gennaio il compagno Carlo in un chiaro e preciso articolo dal titolo: Dal comunismo di Marx al comunismo di Lenin dice molte sennate e importanti cose, che i comunisti tutti dovrebbero conoscere e meditare.

Ci consenta l'egregio compagno, il quale col nostro più vivo compiacimento scrive da comunista di comunismo, e si rivolge ai comunisti militanti non ai socialisti, che noi dissentiamo da lui circa l'affermazione che egli fa sulla dottrina di Marx, potente ma ristretta ed assai poco esplicita, che si è chiaramente sviluppata e definitivamente concretata con la costruzione dei Soviet.

Non è certo per assumere le difese di Marx che noi scriviamo - non sarebbe il caso - ma solo per stabilire secondo il nostro modo di vedere in quale rapporto sia la teoria di Marx con la grandiosa costituzione dello stato proletario secondo la geniale concezione di Lenin.

Se Marx è stato il grande teorico del Comunismo, Lenin ne è il grande realizzatore; l'uno è lo scopritore del principio scientifico, l'altro colui che genialmente trae da esso le pratiche applicazioni.

Ciò che in Marx è una breve formula diventa nella complessa azione di Lenin uno svolgersi ampio e particolareggiato di fatti positivi.

La genialità di Lenin rifulge nell’aver rilevato l'importanza suprema nella costruzione politica marxista della ristretta formula, quanto meravigliosamente precisa, della dittatura del proletariato, ed avere ad essa dato corpo, anima e sostanza, facendola divenire una realtà concreta ed operante.

Nella breve formula era detto tutto; nel periodo in cui il proletariato, impossessatosi del potere politico, procederà alla eliminazione della proprietà capitalistica ed alla sostituzione con quella comunista, esso eserciterà il potere in forma dittatoriale, ossia da solo, con unità di organizzazione, escludendo le altre classi, e con una energica forza di coazione. Mancavano, - a parte il fatto che il concetto della dittatura proletaria è sviluppato nello stesso Manifesto dei Comunisti, negli studi di Marx sulla Comune di Parigi, e in altri passi ancora di Marx e di Engels, citati largamente da Lenin medesimo, - le modalità pratiche, ma la formula marxistica non poteva essere più precisa e più chiara.

Di fatto essa non è se non una assai più vera e più vasta democrazia delle attuali democrazie borghesi, perché in confronto alla piccola minoranza (la borghesia) che esercita attualmente il potere sarà una grandissima maggioranza quella che eserciterà il potere politico e perciò avrà meno bisogno di quella del costante uso della coazione.

Ma fu bene che così sia nata la formula e così deve essere conservata, perché il proletariato, che ritrae la sua immensa forza morale dall’essere la grande maggioranza, può e deve affermare recisamente il suo volere. Esso non ha bisogno dei camouflages democratici ipocriti e fraudolenti, di cui si ammanta la borghesia avida per nascondere agli occhi del proletariato incosciente la sua quotidiana opera di sfruttamento.

La socialdemocrazia, la cui costante azione è stata un continuo abbandono del sano indirizzo marxistico, malgrado, con la più impudente irriverenza, continuasse a bruciare incensi al Maestro, aveva su questa formula della dittatura del proletariato gettato il velo dell’oblio.

Nell’ora in cui il proletariato russo sorgeva in piedi a spezzare le catene del secolare servaggio, il formulario equivoco e ingannatore della socialdemocrazia si dissolveva, di fronte alla granitica realizzazione della dittatura proletaria, che con la esclusione dal potere politico dei rappresentanti della borghesia fino a che questa classe non sia soppressa economicamente, si concretava nella costituzione dei Soviet degli operai e contadini.

Provvisoria la dittatura, sicuro, ma come sono provvisorie tutte le cose umane.

È un provvisorio che corrisponde a tutto un periodo storico, durante il quale più o meno successivamente tutti i proletari delle singole nazioni insorgeranno vittoriosamente per la loro liberazione, e procederanno alla eliminazione della borghesia.

La rivoluzione proletaria è essenzialmente internazionale. I compagni russi l'hanno soltanto gloriosamente iniziata e con la loro vittoria hanno aperto il periodo storico della dittatura del proletariato. Questo periodo, aperto internazionalmente, non potrà chiudersi che internazionalmente, ossia quando ovunque sia scomparsa definitivamente la borghesia per la soppressione della proprietà capitalistica e la sostituzione di quella comune.

Tale sostituzione, è evidente, non potrà verificarsi contemporaneamente nei vari aggruppamenti statali borghesi attuali, né nelle varie parti di essi, in quanto è in stretto rapporto col precedente sviluppo in essi della proprietà capitalistica.

Questa unità del periodo storico, che sarà contrassegnato dall’esercizio della dittatura del proletariato, sarà più evidente quando, in virtù delle successive insurrezioni liberatrici da parte del proletariato, il quale agisce sempre internazionalmente come parte del proletariato mondiale anche quando, come avviene oggi, agisce negli stretti confini delle singole nazioni borghesi, l'Internazionale proletaria oggi esistente solo in potenza sarà una realtà storica.


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