DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Già il 3 aprile di quest’anno, gli scioperi, questa volta non nel grande complesso tessile della Misr Spinning and Weaving Company (MSWC) di Mahalla al-Kubra, ma nella più piccola – per numero di lavoratori impiegati –Nile Cotton Ginning Company (NCGC)si erano accesi intorno alla “cancellazione dei bonus” pagati mensilmente e al pagamento di tre mensilità arretrate, negati dal Consiglio di amministrazione. (il salario base di 400 pound, 50 euro, ovviamente non basta al sostentamento della famiglia). Tra le rivendicazioni, c’era anche la richiesta di statalizzazione dell’azienda, la cui privatizzazione è avvenuta nel 1997.

 

La notizia dello sciopero si è diffusa fuori dai canali dei media ufficiali e, come in passato, l’area di Mahalla al-Kubra è ridiventata la protagonista delle lotte sindacali. Le proteste sono rimaste isolate, ma non è impossibile il loro allargamento: il malcontento potrebbe esplodere, proprio perché Mahalla continua a essere non solo un centro produttivo, ma anche il fondamento dell’intero sistema economico egiziano. All’inizio di maggio, poi, lo sciopero ha ripreso avvio, coinvolgendo 20 mila lavoratori. In questi mesi, fra l’altro, la Compagnia è stata oggetto di una lunga inchiesta sullo sviluppo delle malattie respiratorie, pubblicata dall’Egyptian Journal of Chest Diseases and Tubercolosis e letteralmente imposta dai lavoratori. La ricerca ha evidenziato un’alta incidenza, con punte nei reparti di filatura del 76%, di problemi respiratori nei soggetti a diretto contatto con i residui di lavorazione del cotone. Il “gruppo di controllo” ha confermato il rapporto causa-effetto fra attività lavorativa e malattie respiratorie. Il confronto fra le condizioni di lavoro in diverse aziende dello stesso settore a livello mondiale ha confermato che di quest’attività lavorativa ci si ammala spesso, e si muore. La tutela della salute è dunque anche al centro delle lotte operaie: la difesa delle condizioni di vita e di lavoro (di salute e salariali) non può scindersi in lotte separate. Alle rivendicazioni si è unita la lotta per gli assegni sociali, per l’aumento dell’indennità alimentare a causa della crescente inflazione e contro le misure di austerity varate dal governo.

La storia di questo comparto tessile industriale si lega al processo di sviluppo economico generale dell’Egitto, che ha “liberato” il paese dalla dipendenza coloniale britannica. La MSWC è stata fondata nel 1927 in una zona agricola, là dove in quegli anni, non esisteva alcuna forma organizzativa sindacale né tradizione di lotta e di resistenza operaia – in una zona non urbanizzata del Delta per la necessità di avere una manodopera docile e mansueta. La giovane classe operaia ben presto si è tuttavia dimostrata una delle più avanzate avanguardie nella lotta economica e di opposizione al regime di Faruk. Venti anni dopo, nel 1947, uno sciopero coinvolgeva 26mila lavoratori, innescando un processo che si sarebbe allargato a tutti i centri produttivi – anche a quello agricolo, nel quale la “lotta per il pane” dà una misura della dinamica sociale – , determinando così la destabilizzazione della monarchia e aprendo la strada al colpo di Stato dei giovani ufficiali riuniti intorno a Gamal Nasser nel 1952. Dopo la nazionalizzazione del canale di Suez nel 1956 e l’interventismo economico che si tradusse in capitalismo di Stato, dopo le espropriazioni delle multinazionali straniere, la MSWC fu la prima fabbrica tessile a essere nazionalizzata.

La lotta dei lavoratori di Mahalla ha poi avuto un ruolo straordinario anche nella più recente “primavera araba” egiziana, nelle rivendicazioni dei bonus annuali di 100 pound del marzo-dicembre 2006, quando, spinti dalle operaie in prima fila, i lavoratori occuparono lo stabilimento per 4 giorni e 3 notti. La lotta si risolse in un completo successo dei lavoratori, che ottennero 45 giorni lavorativi di bonus e assicurazioni che la fabbrica non sarebbe stata privatizzata. La vittoria produsse un effetto valanga: proteste scoppiarono ovunque nell’intero settore tessile e si ebbe la più duratura ondata di scioperi mai vista. Due anni dopo, lo sciopero generale del 6 aprile 2008, sebbene non abbia avuto successo, generò violente manifestazioni. Decisiva fu la partecipazione degli operai di Mahalla alle dimostrazioni di Piazza Tahrir del febbraio 2011, che per 18 giorni fu al centro delle manifestazioni e degli scontri violenti con la polizia. E furono proprio queste lotte a portare alla caduta di Mubarak. Ma la “primavera egiziana” non è stata spenta dalla repressione del generale al-Sisi: la MSWC continua a rimanere alla testa del movimento operaio.

Il gigante operaio, che dai 24 mila lavoratori è passato a 17 mila, non ha perso lo spirito di lotta. Nell’ottobre 2016, c’è stato ancora uno sciopero di 11 giorni con al centro ancora i bonus e l’adeguamento dei salari fissati a 1200 pound mensili, che continuano a rimanere fermi, al di là delle promesse, tra i 600 e gli 800 euro (circa 100 euro). Nello stesso mese, il movimento di lotta si è esteso a Kafr al-Dawwar, vicino ad Alessandria, il secondo complesso tessile dopo quello di Mahalla, dove 7 mila operai hanno scioperato per 6 giorni. Contemporaneamente, si sono avuti blocchi operai nel grande centro di produzione dell’acciaio e del ferro ad Helwan (periferia sud del Cairo) e alla Tanta Flax and Oils Company, sempre sul Delta.

***

Nei primi giorni di agosto 2017 (1), la lotta di difesa economica di Mahalla al-Kubra, riprende. I lavoratori scendono di nuovo in lotta. La direzione dell’azienda rifiuta ogni negoziato e la solidarietà degli altri lavoratori si estende subito.Gli oltre 16mila tessili della Misr Spinning and Weaving Company (MSWC), rimangono in sciopero fino alla metà di agosto. La rappresaglia non si fa attendere: negli ultimi giorni dello sciopero, l’azienda impone il distacco della corrente elettrica agli stabilimenti picchettati 24 ore su 24 dagli operai, minacciando che “non negozierà alcuna soluzione fino a quando non sarà ripresa la produzione”. Migliaia di operai escono più volte in corteo dalla fabbrica per protestare sotto gli edifici della direzione aziendale, raggiunti dai familiari e da molti lavoratori solidali di altre fabbriche. Numerosi gli slogan contro i dirigenti, che negano gli aumenti salariali con il pretesto di aver subito enormi perdite nei bilanci. Gli operai rivendicano il pagamento di un bonus equivalente al 10% del salario (stabilito precedentemente da un decreto presidenziale) e altri aumenti per far fronte all’inflazione, che ha raggiunto in gennaio il 28,1% e a marzo il 30,9%”. Affrontano di volta in volta le difficoltà, utilizzando strategie di mobilitazione sempre più diverse, tra cui quelle di nascondere i leader dello sciopero per evitare ripercussioni e di tenere forti legami personali e organizzativi in fabbrica per tutta la durata del turno.

Come già negli anni 2006-2011, dal punto di vista industriale Mahalla è uno dei cardini della moderna industrializzazione del paese e anche il punto focale delle lotte operaie più importanti nella storia dell’Egitto. Le grandi mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici di Mahalla hanno dato una forte spinta alle lotte nell’intero paese. E tuttavia questo sciopero, a differenza che in passato, ha subito una censura quasi totale nei giornali egiziani. L’imposizione del silenzio ha permesso di tacere sugli avvenimenti e di ritardare la diffusione delle notizie. Anche la polizia ha evitato finora provocazioni, tenendosi alla larga dagli scontri e temendo soprattutto le lotte nei quartieri operai che circondano le fabbriche. “La paura è che si ripeta quello che è successo nel 2006”, quando lo sciopero diede avvio a una lunga stagione di lotte sociali in tutto il paese. Il pericolo è “che gli operai capiscano che la loro unica arma è lo sciopero e che il contagio si possa diffondere come un virus”. Scrivono alcuni sindacalisti attivisti ma anche giornalisti che: “La vittoria dello sciopero potrebbe rappresentare un salto di qualità per l’estensione della lotta contro le politiche economiche repressive e divenire un catalizzatore per altra resistenza”.

Che questo sciopero sia considerato un importante punto di forza e di organizzazione dell’intera categoria è dimostrato dagli attestati di solidarietà giunti da diverse fabbriche tessili che ben conoscono la capacità di lotta e di resistenza dei lavoratori di Mahalla. Infatti, pochi giorni prima, la rivendicazione del bonus era stata fatta propria anche dai 3mila operai di un’altra azienda tessile di Mahalla, la Al-Nasr Dyeing and Processing, anch’essi in sciopero. La solidarietà è stata sostenuta non solo on line, ma anche raccogliendo firme all’interno della fabbrica con tutti i rischi di licenziamenti ma soprattutto interrompendo temporaneamente il lavoro e cercando di farlo pesare più a lungo possibile. Le notizie di questa solidarietà attiva giungono da ogni parte dell’Egitto e coinvolgono moltissimi lavoratori: Alessandria, Kafr al-Dawwar, Ameriya, Assiut, Sohag, Qena, Damietta… Scioperano nel frattempo anche i ferrovieri, che denunciano le gravissime condizioni tecniche dei treni dopo il terribile incidente di Alessandria.

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A fine agosto, lo sciopero di Mahalla al Kubra è stato momentaneamente sospeso: così almeno riportano le agenzie di stampa (2): pare che ci siano state rassicurazioni e qualche apertura da parte dell’azienda sulle richieste dei lavoratori. Ma, a un mese dalla fine della lotta, in settembre, il distretto tessile di Mahalla è entrato nuovamente nell’occhio del ciclone (3): non per la ripresa della lotta, ma per la dura repressione che si è abbattuta sui lavoratori e sui sindacati indipendenti, colpendo 30 stabilimenti industriali. Undici sindacalisti, tra cui alcuni leader di Mahalla, sono stati arrestati, prelevati dalle loro case il 16 settembre con le accuse più disparate: incitamento alla protesta, abuso dei social media e affiliazioni a gruppi illegali (il che significa “terroristi”); lo stesso giorno, quattro operai e due operaie sono stati sospesi dal posto di lavoro per istigazione allo sciopero; altri operai erano stati allontanati già in agosto e trasferiti in uno stabilimento di Alessandria, a 150 km di distanza, per aver aderito allo sciopero, mentre la crisi economica, l’inflazione e la miseria dilagavano. Per tutti, un duro colpo è stata soprattutto la decurtazione del 25% del salario di settembre. Le lotte di agosto non si erano limitate alla rivendicazione dei sussidi e dei pagamenti, perché alla lotta economica si era affiancata anche la lotta politica interna (quella stessa che aveva portato allo scontro tra la Fratellanza mussulmana di Morsi e il nuovo potere militare di Al-Sisi, dopo la destituzione di Mubarak).

***

La lotta operaia di Mahalla ha scosso per un decennio l’intera economia egiziana: attorno a essa ha ruotato l’intera storia politica. Il ciclo di scioperi sviluppatosi fin dal 2006 ha prodotto quel grande movimento che ha coinvolto non solo l’area nord-africana ma anche il Medioriente, Siria compresa. Lo stato di guerra in Medioriente è la conseguenza ultima delle lotte economiche scoppiate in tutta l’area nord-africana e, al contempo, quelle guerre costituiscono la causa prima della loro estensione: entrambe, guerra e lotta economica, si sono rafforzate e si rafforzano a vicenda. Già prima della fine della serrata, il presidente della grande azienda aveva additato i lavoratori come “terroristi” legati alla Fratellanza Mussulmana, alleati del “movimento del 6 aprile” e dei cosiddetti “socialisti rivoluzionari”. Inevitabile risulta dunque la sottolineatura, da parte dei media, del contesto di lotta sociale che potrebbe aprirsi da un giorno all’altro e del malcontento sempre più diffuso fra la popolazione che riporta alla memoria la situazione del 2011, preceduta da centinaia di proteste e di scioperi organizzati dal movimento operaio, dagli studenti e dalla cosiddetta società civile. I cinque partiti politici di opposizione che hanno firmato un accordo attorno a un unico candidato alla presidenza e la continua repressione statale non lasciano spazio a una coerente alternativa di classe in vista delle elezioni del 2018. Il riformismo tenterà ancora una volta di contenere il movimento di classe e di spezzarne le punte avanzate. Si aggiunga la proposta di un progetto di legge che intende imporre la rimozione di tutti i membri della Fratellanza mussulmana da ogni incarico pubblico, legge che si presume possa essere estesa al settore privato e che spingerà la lotta di classe verso un terreno politico da cui non c’è via d’uscita nell’attuale situazione storica.

 

  1. Da Il manifesto, 19 agosto 2017.

  2. Da Internazionale, 24 agosto 2017.

  3. Da Nena-News (Near East News Agensy), cit. in Il manifesto, 30 settembre 2017.

 

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