DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Il proletariato sud-africano sta dando un esempio di indomita combattività al proletariato mondiale. A quasi un anno dal massacro di Marikana, quando la polizia del regime post-segregazionista dell'African National Congress sparò sui minatori in sciopero, uccidendone una quarantina e facendo un centinaio di feriti, giungono notizie di un continuo stato di agitazione, con scioperi protratti e scontri con le forze dell'ordine.

Come allora, i minatori rivendicano migliori condizioni di vita e di lavoro. Chiusi in orribili bidonvilles, esposti quotidianamente al pericolo di incidenti invalidanti o mortali, pagati un'autentica miseria, ricattati dal “governo amico” (e, peggio ancora, “dello stesso colore della pelle”) e dal “sindacato istituzionale” (la National Union of Mineworkers, una delle colonne portanti dello Stato), i lavoratori delle principali miniere di platino, di oro, di carbone hanno imboccato, istintivamente, la via della lotta di classe aperta. L'1 maggio, dopo l'uccisione a colpi di pistola di un organizzatore che avrebbe dovuto testimoniare davanti a una commissione d'indagine sull'eccidio dell'agosto 2012, la stessa miniera di Lonmin, teatro di quegli scontri, è stata bloccata da uno sciopero selvaggio.

Sono poi scesi in lotta anche i braccianti occupati nelle aziende agricole del Western Cape, che si trovano a lavorare in condizioni aberranti, esposti senza protezione ai pesticidi nei campi, senza servizi igienici e senza acqua potabile, e con il divieto di formare organizzazioni sindacali indipendenti – e sono riusciti a strappare un aumento del salario minimo, da 69 rand (meno di 6 euro) al giorno a 105 (meno di 9).

Altre categorie (insegnanti, conducenti d'autobus, lavoratori dell'industria chimica e manifatturiera e dell'insieme del comparto minerario) sono poi in agitazione, con rivendicazioni salariali e di migliori condizioni di lavoro.

Come ricordavamo all'epoca del massacro di Marikana, il Sud Africa non è certo un “paese arretrato”: è anzi uno degli anelli fondamentali della catena imperialista mondiale, sia sul piano economico-finanziario sia sul piano strategico. Quello contro cui si battono i proletari sud-africani, non importa se ne siano coscienti o meno, è il regime del profitto, è il modo di produzione capitalistico. E attendono che i loro fratelli di altri paesi si uniscano a loro in questa battaglia.  

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2013)

 

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