DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

L'attenzione converge sul vespaio sollevato da Mussolini tra le sue schiere colle sue note dichiarazioni circa la non partecipazione fascista alla seduta reale, colla sua insistenza sul fatto che il fascismo, pur non avendo né la pregiudiziale repubblicana, né quella monarchica, è "tendenzialmente repubblicano".34Nulla vi è per noi di impreveduto nelle interviste e negli articoli di Mussolini di questi giorni. Anche lui, con tutte le sue pose, è salito di qualche gradino nella considerazione dei manipolatori della pubblica opinione, e perciò anche di sé stesso, colla investitura parlamentare. Quello che dice e scrive non merita molto di più della presa in giro, se non in quanto contiene indizi che valgono a sempre meglio formulare le spiegazioni e le valutazioni del "fascismo", a confermare quelle che noi ne abbiamo date, suscitando in taluno una meraviglia che i fatti si stanno incaricando di guarire.

Le tendenze repubblicane del fascismo non sono in tutti gli aderenti molto sicure, a giudicare da quello che avviene, anche se è vero che quelli che storcono il muso siano i nuovi venuti dell'organizzazione fascista, gli opportunisti del fascismo. Ma in ogni modo il solo fatto che siano così recisamente affermate dai dirigenti e dal giornale ufficiale, dimostra che il movimento fascista, se non è proprio repubblicano, è però certamente un movimento di sinistra nel quadro della politica borghese, un movimento democratico, non un movimento - lo abbiamo ripetuto tante volte alla asinità socialdemocratica - tendente alla soppressione delle garanzie costituzionali per proclamare la dittatura borghese; proprio perché per la dittatura borghese occorre l'ambiente del parlamentarismo e del liberalismo che con essa si conciliano, non si escludono, anche in epoche di strepitose vittorie elettorali "socialiste".

Nei programmi del fascismo si dovrebbe scrivere che esso è un movimento "tendenzialmente socialdemocratico". Le stesse dichiarazioni di Mussolini, anzi la parte di esse che non hanno trovato oppositori nelle sue file, lo conferma. Vi è ventilata la collaborazione coi socialisti, naturalmente se essi, desistendo definitivamente da ogni residuo di ostentazione rivoluzionaria, dimostreranno che il fascismo colla sua prima fase di azione ha raggiunto lo scopo di addomesticarli "pestandoli".35 Si trovano, in quella intervista, dichiarazioni non nuove affatto - ed infatti il Mussolini ha, a suffragio della sua tesi, riportato scritti vecchi di un anno del Popolo d'Italia - sulla parte sociale del programma fascista, che è nettamente riformista, e su quella politica che comprende quei concetti, così cari ai nostri socialdemocratici, specie confederali (è proprio a questi che il fascismo allunga la prima passerella) della Costituente professionale o sindacale di cui molte volte abbiamo mostrato lo spirito anticomunista. Si dirà dai socialisti che le riforme sociali politiche che il fascismo propugna sono dei tradimenti per il proletariato; ed è qui proprio un'altra prova che fascismo e socialdemocrazia si assomigliano; non è forse altrettanto per le riforme propugnate dal riformismo socialista tesserato?

Ma proprio il modo di vedere la questione: Monarchia o Repubblica? avvicina suggestivamente fascisti e socialdemocratici. Nemmeno questi sono pregiudizialmente monarchici od antimonarchici; contro la pregiudiziale repubblicana il riformismo italiano si è sempre battuto fin da quando era alla testa del partito. Il socialismo parlamentarista si prospetta i suoi sviluppi tanto in repubblica che in monarchia. Se gli conviene potrà fare l'agitazione repubblicana, ma quando dovrà andare al potere non sarà la regia livrea che lo tratterrà dalla decisione. La repubblica alla Modigliani può essere solo uno spauracchio nelle sue mani, ma non è una questione di principio. Non è la stessissima, quella valutazione del problema cui sono dedicati gli articoli del Popolo d'Italia?

La repubblica, in Italia, sarebbe accettata perfino dai nazionalisti e dai popolari. Popolari e nazionalisti possono essere e sono in Italia ministri del re, e magari, anche i repubblicani. Noi, se occorre dirlo, ce ne freghiamo della monarchia e della repubblica e di qualunque forma di Governo parlamentare; siamo per la dittatura rivoluzionaria delle masse lavoratrici.

Tratta dalle polemiche sulla "mossa" di Mussolini questa prima conclusione che conferma i nostri giudizi critici, si offre alle riflessioni lo scarso successo avuto dal "capo" nell'organizzare le prime attività politiche del "suo" gruppo parlamentare.

Se c'è una vanteria ridicola nei propositi fascisti, è quella di rinnovare i costumi parlamentari. Essi faranno la stessa fine di qualunque altro gruppo borghese. Non avranno dei contorni distinti e una continuità di azione parlamentare. Saranno, forse forse, un poco più compatti degli altri, mentre i socialdemocratici andranno stracciando le ultime legacce in dipendenza dai centri extra-parlamentari del loro partito, sempre a malincuore subite (ed anche in questo seguiranno gli uni e gli altri vie convergenti su un punto medio).

Ma non è possibile che si realizzi una disciplina politica del gruppo parlamentare fascista alla direzione del movimento fascista. Per questo occorrerebbe avere un partito organizzato. Ed il fascismo non è un partito. Qui sta il punto. Il fascismo è, forse, appena un metodo, che non ha niente di nuovo, e nessuna facoltà rinnovatrice, essendo un volgare espediente di conservazione borghese. I capi del fascismo sono naturalmente portati ad illudersi di essere un partito, ed in questo deve averli incoraggiati la cosiddetta disciplina manifestatasi nelle elezioni, al nobile scopo di fregare i compagni di lista. Ma, tra le altre cose, nessun partito nasce bloccardo. Le peggiori prostitute... nacquero oneste.

È da ridere la facilità con cui i capi fascisti ostentavano di essersi piazzati ottimi primi tra i partiti politici organizzati italiani. I nostri aderenti, essi dicevano, si contano colla unità delle centinaia di migliaia. C'era da fare allibire noi comunisti, che stiamo tanto a limare il nostro tanto più piccolo partito. Quanto a socialisti e popolari, anch'essi, sebbene di manica larga, restavano sorpassati.

Ma il preteso partito dalle centinaia di migliaia di inscritti si rivela un'accozzaglia in cui gli stessi capi non sono d'accordo nemmeno sulla mossa con la quale bisogna debuttare come partito sul palcoscenico parlamentare. Mussolini urla, si arrabbia, invoca la disciplina e l'autorità del "capo", ma è costretto a constatare che nel fascismo pochissimi sono coloro che sanno che esistono dei programmi, meno ancora quelli che si sono data la pena di leggerli. I fascisti, evidentemente, non leggono nemmeno tutti il Popolo d'Italia.

Che il fascismo fosse un partito, o fosse in via di diventarlo, lo potevano credere solo i gonzi. Non si sapeva che l'essere fascista non rendeva per conseguenza diretta incompatibile la iscrizione ad un partito politico qualsiasi? Ci sono "fascisti" iscritti al partito repubblicano come a quello popolare, ce n'è di nazionalisti e di radicali, ce ne potrebbero essere anche di iscritti al partito socialista.

Quali sono le formalità per diventare fascista? Che documenti si chiedono? Nemmeno, pare, la fedina criminale.

Cosicché, ai primi esperimenti di agire come partito parlamentare, di emanare una parola d'ordine di natura politica, le file del movimento si sono scompaginate, i militi si sono fregati della disciplina, i caporali hanno smentito gli ordini del generale. Finora la disciplina era perfetta. Nessuno s'arrischiava, ad esempio, di introdurre varianti al grido fatidico di eia eia alalà, o di mutare il motivo di "giovinezza, giovinezza". Ma appena si è trattato di indirizzare una manifestazione politica, coloro che dovevano eseguire si sono ribellati ed oggi la ingrata borghesia italiana ride alle spalle del fascismo. Accidenti alla disciplina e al rinnovamento dei costumi! Si ricorre ad espedienti che puzzano di rancido a mille miglia, come quello di dire che i deputati fascisti assisteranno al discorso reale: sarà il gruppo che resterà fuori. Il gruppo? Si annunzia di già che forse il gruppo non si costituirà nemmeno!

D'altra parte il fascismo, per assolvere il suo compito, non ha bisogno di essere un partito. E non può quindi avere un proprio gruppo parlamentare. Esso deve realizzare l'incontro di due metodi che l'arte infrollita della borghesia crede inconciliabili, logorando nelle logomachie elettorali la sua capacità difensiva di classe: il metodo della avanzata democrazia liberale, magari democrazia sociale, e quello della reazione armata contro le avanguardie rivoluzionarie del proletariato. Per questo non occorre un partito, ma un reagente che influisca sui partiti, addomesticando, come abbiam detto, la socialdemocrazia; spiegando, d'altra parte, alla borghesia arretrata politicamente che per combattere "l'idra bolscevica" occorre deporre certe fobie da Corriere della Sera contro il riformismo e l'estrema democrazia. Non occorre dunque al fascismo di essere un partito, per preparare le giornate sanguinose della reazione ma non gli è nemmeno possibile diventare un partito. Il desiderio di esserlo non è che la manifestazione di una precoce senilità.

I partiti non si organizzano, non si trovano, un giorno, belli e fatti, col solo disturbo di aver messo in voga delle canzonette ed esaltato la diffusione della piacevole moda di distribuire bastonature.

Il signor Mussolini imparerà che i partiti si sfruttano facilmente, ma è difficile improvvisarli. È la storia che li forma. È la storia che li vendica di chi li ha sfruttati.

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