DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Un lettore di lingua tedesca ci ha chiesto di spiegargli, “in maniera molto sintetica” quale la nostra posizione riguardo alle rivolte nel Nord Africa”. Ecco la nostra sintetica risposta” Ricordiamo che all'argomento abbiamo dedicato numerosi articoli nel corso dei due anni passati, di cui l'ultimo quello apparso nel n.6/2012 di questo stesso giornale (e riprodotto in italiano e inglese anche sul nostro sito www.internationalcommunistparty.org), dal titolo “Nord Africa. A proposito dei recenti avvenimenti nel mondo arabo”.

Riteniamo che la crisi economica abbia innescato i movimenti sociali del Nord Africa. La crisi economica non comparsa all'improvviso (infatti, negli anni scorsi, scioperi e rivolte si sono verificati in Tunisia ed Egitto), ed parte integrante della crisi generale che il capitalismo sta attraversando in tutto il mondo. Naturalmente, la crisi si manifesta in ogni segmento nazionale borghese, a seconda delle caratteristiche di ogni stato (una cosa è l'emergente Cina, un'altra cosa la “potente” America del Nord, un'altra cosa ancora la vecchia Francia, e così via...). Negli Stati dell'area che va dal Nord Africa al Medio Oriente, la crisi si manifestata in modo intollerabile, con l'aumento del costo della vita in generale, e soprattutto degli alimenti base. Riteniamo dunque che i primi protagonisti delle lotte siano stati i proletari e le masse proletarizzate (nella condizione di “classe in sé”), spinti dalle determinazioni economiche, dalla fame.

Le loro energie, per sono state utilizzate dagli strati piccolo-borghesi, soprattutto urbani e intellettuali. Questi strati piccolo-borghesi hanno approfittato dell'agitazione sociale per deviare le energie proletarie contro i simboli e i rappresentanti dei regimi che, dalla decolonizzazione ai giorni nostri, hanno gestito gli Stati di quell'area. Da questo momento in poi, il proletariato rimasto subordinato a interessi politici ed economici di conservazione del capitalismo: viene utilizzato come massa di manovra per questa o quella fazione che si prepara, in nome di una pio meno compiuta democrazia rappresentativa (che si ispiri all'Islam o si presenti come laica, poco importa), a sostituire il personale dei vecchi regimi. Ai proletari e alle masse proletarizzate, si promette, come sempre, qualche briciola di Stato sociale. Quanto siano vane queste promesse dimostrato dall'ondata di fughe e  migrazioni che, in concomitanza con questi moti di rivolta, si accentuata.

Un altro fattore che si scatenato contro quelle masse proletarie stato l'intervento degli Stati imperialisti più forti, che hanno approfittato della situazione di instabilità appoggiando gli “insorti” in generale e questa o quella “fazione” in particolare, per ricominciare a “spartirsi e ripartirsi “ quell'importante zona, ricca di materie prime. Si tratta di un intervento (evidentissimo in Libia e in Siria, sempre con le dovute differenze) che ha anche una funzione anti-proletaria: deviare le energie in senso nazionalista e impedire anche solo la possibilità che germini un piccolo seme di fronte proletario unitario, anche solo sul piano economico (della difesa delle condizioni materiali di vita).

Tieni presente poi che la situazione comunque dinamica e che i problemi veri (quelli della fame e della mancanza di lavoro) non possono essere risolti, ma sono solo rimandati (le ultimissime vicende tunisine lo dimostrano).

Noi non abbiamo particolari “illusioni” non ci aspettiamo che da sole le masse proletarie e proletarizzate di quell'area rimettano in moto la ripresa delle lotte economiche prima, sociali e politiche poi, della nostra classe. Questa ripresa non sarà lineare e progressiva, né in quell'area né altrove: ma sarà ad alti e bassi, esplosioni e implosioni, avanzate e ritirate, su aree ben più vaste del Nord Africa... In questa prospettiva, si deve lavorare per il restauro del Partito Comunista Mondiale, che sarà l'unico organo in grado di dare una prospettiva, una continuità uno scopo finale alle reazioni che la dinamica della crisi potrebbe innescare.


Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2013)

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