Le forze di classe proletarie, che premono da decenni dal fondo della società egiziana e che si sono messe in cammino, sono la dimostrazione concreta del superamento di vecchi equilibri politici e sociali, di rapporti di produzione invecchiati, avvenuto sotto la pressione dittatoriale delle più avanzate forze produttive capitalistiche. Il sistema finanziario mondiale ha avvolto di denaro fittizio anche l'Egitto, (oltre gli Emirati arabi, l'Arabia Saudita, la Turchia e soprattutto Israele) per assicurare la stabilità non solo di tutta l'area mediorientale, ma anche di quell'area di transizione che attraverso il Sudan giunge ai paesi del Corno d'Africa (con capitali americani e arabi). Esso ha permesso (estendendo i privilegi) con la corruzione di esautorare una buona parte delle vecchie sfingi e di arricchirne altre. La vecchia distribuzione islamica ha trovato nuovi canali, nuove classi medie sono venute alla luce e con esse nuovi appetiti. Anche lo sviluppo produttivo nei settori tradizionali dell'economia egiziana (agricoltura, tessile, turismo) era in crescita prima degli avvenimenti. Finiscono nello stesso tritarifiuti ideologie che non rappresentano più una necessità sociale e politica determinante. La vecchia ideologia nazionalista, ad esempio, con cui la borghesia egiziana ha costruito le fondamenta alla propria esistenza di classe e il fondamentalismo teocratico non riescono più a trovare una loro espressione di stabilità politica. Esse sono travolte non da un nemico esterno ma dalle immense crepe che si sono aperte nelle loro impalcature. Le domande di libertà e di democrazia, questi affascinanti totem della borghesia e del suo seguito nascono dallo sviluppo produttivo, dalla spinta che la società egiziana ha avuto nell'ultimo decennio e che ha ammaliato la media e la piccola borghesia. Il proletariato è stato investito anch’esso, mentre cresceva il divario tra ricchezza e miseria, dalla spinta a liberarsi dalla schiavitù salariata, dalla miseria, dal bisogno. Lo scrollone che esso ha dato nelle lotte economiche dal 2004 in avanti è la causa ultima di quest’immensa massa-energia di milioni di plebi in rivolta.

Quello che è stato messo in luce dai media è il processo sovrastrutturale, sono i rapporti d'interesse che entrano in collisione (corruzione, burocrazia, democrazia incompiuta, gestione inefficiente del potere, speculazione, teocrazia), non le dirompenti cause economiche, le stesse ovunque. Sono del tutto oscurate le lotte proletarie che continuano a premere. In un’area in cui la popolazione salariata, attiva e di riserva (oggi disoccupata, immiserita dalla crisi) è cresciuta smisuratamente, la lotta di classe, fattore endogeno ineliminabile, spinge verso un risultato più grande: un risultato che non potrà tuttavia ottenere sul piano locale, nazionale, ma solo su un terreno molto più vasto, internazionale, che coinvolga le metropoli imperialiste. Noi comunisti siamo certi tuttavia che il seme proletario, alimentato proprio dallo stesso sviluppo produttivo capitalistico e dalle sue contraddizioni giunte ormai alla piena maturità, per quanto ancora tenute insieme da montagne d’illusioni democratiche, riformiste, e da rapporti materiali internazionali che tentano di soffocarlo, il seme del processo rivoluzionario avvenire dovrà sbucare dalla terra e germogliare.

L’assenza del proletariato in quanto classe è l’altra faccia dell’assenza del partito di classe. La sua necessità, continuiamo a sostenere, non è nazionale ma internazionale. Le “lezioni delle controrivoluzioni”, che la Sinistra Comunista ha tratto dalla storia della nostra classe, non possono tradursi in commemorazioni di vittorie o in lamentazioni di sconfitte. Erano efficaci prima: sono efficaci oggi e lo saranno domani. Partiti e sindacati tradizionalmente legati alla classe operaia (cosiddetti socialisti e comunisti) e della stessa forza invasiva dell'Occidente, qui come ovunque in Medioriente e nel mondo arabo, sono irriconoscibili, e ciò molto prima di quel 1989 che vide crollare una bastarda ideologia “socialista” insieme ai mezzi di sostegno esteri che arrivavano dalla Russia. L'emergere di nuove organizzazioni politiche riformiste e radicali è l'aspetto più recente e si lega alle lotte che le masse operaie, contadine e dei servizi hanno cominciato a sviluppare. Il magma indistinto, tuttavia, che abbiamo potuto osservare nel succedersi delle rivolte e nella sua corsa verso il riformismo, la democrazia, il nazionalismo laici ha la stessa caratura di quello che abbiamo osservato tra gli indignati spagnoli, tra gli attivisti di Facebook, tra i devoti di san Precario in Italia, tra gli Occupy Wall Street e tra i corporativismi a chilometro zero. La caratura religiosa (copta, mussulmana) non cambia nulla agli obiettivi della lotta: il riformismo caritatevole riparatore delle grandi ingiustizie sociali non si discosta per nulla dal riformismo delle toppe. Tutti i personaggi che si sollevano dalla condizione proletaria pretendono non la libertà dal bisogno, ma la libertà delle costituzioni borghesi e con esse l’aiuto dello Stato assistenziale. Che sia in odore di oppio religioso o laico non cambia nulla al quadro idilliaco.

Il processo di globalizzazione ha uniformato il carattere sia del riformismo sia del ribellismo. La stessa classe in sé (che non lotta ancora per i propri interessi storici) non può non precipitare in queste trappole piccolo borghesi, se resta senza la guida del partito di classe. L'estensione della proletarizzazione senza il partito di classe non rende più rivoluzionario il proletariato: lo condanna piuttosto ai fronti nazionali, alle brigate internazionali (islamiche o laiche, di sinistra o di destra) all'antifascismo democratico (antiMorsi), all'antimperialismo occidentale e alle fantasie religiose del martirio. Il “movimento democratico” quest'espressione equivoca che non esprime né direzione né orientamento ma solo confusione, ha seppellito, nei primi giorni di rivolta dal 25 di gennaio in poi, quasi un migliaio di morti, ha “dimenticato” nella lotta contro le forze dell'Ordine, gli arrestati, ha assistito impotente a una catena di giudizi sommari da parte dei tribunali militari e di sevizie infinite. A solo due anni e mezzo di distanza è lo stesso “movimento” che si è ripiegato sotto le ali protettive dell'Esercito.

 

Partito Comunista Internazionale

(il programma comunista n°05 - 2013)
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