DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Un altro atto di pirateria imperialistica è stato compiuto dallo Stato d’Israele nella notte del 31 maggio, con l’assalto in acque internazionali a un convoglio diretto a Gaza. I morti sono almeno una decina, forse addirittura venti, molti i feriti, circa quattrocento gli arrestati. Il governo israeliano si difende dicendo d’essere... caduto in una trappola: povero, sprovveduto Mossad! Ci sarebbe quasi da ridere, se non fosse un’altra tragedia.

Quest’atto di pirateria non è solo un semplice episodio di un lungo elenco. Esso segna un’accelerazione e un approfondimento delle contraddizioni esplosive (e più volte esplose) del martoriato Medio Oriente, preda da sempre degli appetiti imperialistici e quindi fonte inesauribile di nazionalismi e fondamentalismi esasperati, sotto il peso dei quali soffocano le masse proletarie coinvolte nelle spartizioni geopolitiche e strategiche successive alle due guerre mondiali del ‘900.

L’attacco e la strage indicano poi anche altre cose di cui il proletariato mondiale, schiacciato sotto una crisi economica galoppante alla quale ancora tarda a reagire, dovrà tenere ben conto. Il Medio Oriente (la fascia che dai Balcani giunge a Pakistan e India) è sempre più il “mare delle tempeste”: dove, al momento opportuno, la scintilla può scoccare, come avvenne a Sarajevo nel giugno 1914, offrendo il pretesto per lo scatenamento di un macello mondiale. Il convergere di aspirazioni nazionali, interessi economici, motivazioni strategiche riguarda tutte le potenze imperialistiche mondiali e non lascia spazio a soluzioni diplomatiche o pacifiche: solo una nuova guerra mondiale (la soluzione borghese, che però non farà altro che ripresentare rinnovate le medesime premesse) o lo scoppio della rivoluzione proletaria (la soluzione comunista) possono mutare la situazione.

D’altra parte, l’accelerazione e l’approfondimento delle contraddizioni proprio in quest’area ci dimostrano quanto la crisi economica stia erodendo e scardinando gli equilibri (già di per sé instabili) usciti dal secondo macello mondiale. Il declino economico dell’imperialismo vincitore (gli USA) nel corso degli ultimi decenni apre il contrasto fra quelli che storicamente erano i suoi due sicuri pilastri: Israele e Turchia, che hanno sempre svolto una becera e violenta azione repressiva nei confronti delle masse povere e proletarie. Ora, resi audaci dal declino del padre-padrone e incalzati dalla crisi, i due stati cercano di rendersi sempre più autonomi nei loro movimenti e si proiettano addirittura, scontrandosi inevitabilmente, in un ridisegno politico-strategico dell’area, che coinvolge inevitabilmente anche altri stati.

Ma l’atto di pirateria imperialista dice anche che la crisi economica sta scompaginando lo stesso tessuto sociale interno allo stato d’Israele, finora tenuto saldamente insieme dai fili d’acciaio del nazionalismo e fondamentalismo religioso. Le tensioni e le contraddizioni, in un paese caratterizzato da un proletariato composito e stratificato (ebraico, arabo-israeliano, immigrato dall’Africa e dall’Asia), debbono essere giunte a un livello molto alto, perché lo stato si sentisse autorizzato a imbarcarsi in un’avventura politicamente così azzardata, pur di imbrigliarle nelle solite pastoie della “patria assediata e in pericolo”.

Tutto ciò non fa che riattizzare, purtroppo, le spinte nazionaliste fra le stesse masse arabe e palestinesi: e questa è l’altra grande tragedia del proletariato medio-orientale, vittima degli imperialismi. Come scrivevamo già un anno e mezzo fa, all’indomani del massacro di Gaza, non ci potrà mai essere soluzione al dramma mediorientale (uno dei frutti più marci e velenosi della “sistemazione” imperialista del dopoguerra), finché si rimane chiusi dentro le logiche suicide delle borghesie nazionali e nazionaliste. Non ci potrà mai essere pace, finché borghesie aggressive, espressione più o meno diretta dell’imperialismo USA (Israele), o forti del ricatto della rendita petrolifera (tutti gli stati arabi, più o meno “moderati”, o gli stati più o meno “estremisti” come l’Iran), cercheranno di spartirsi aree d’influenza nel gioco al massacro dei molti concorrenti imperialisti. Non ci potrà mai essere tregua al vero e proprio olocausto delle masse proletarie e proletarizzate di tutta l’area, finché a dominare l’orizzonte ci saranno schifose ideologie nazionaliste e religiose, finché  il capitalismo continuerà la sua folle azione distruttiva.

Il succedersi di questi massacri dimostra, con il sangue di centinaia di proletari, che il mostro osceno che ha nome capitalismo deve essere abbattuto. Solo il proletariato, la classe dei senza riserve e dei senza patria, può farlo. E può farlo solo con il ritorno aperto a una prospettiva classista e non nazionalista, a una lotta di classe dichiarata contro tutte le fazioni borghesi, al drastico boicottaggio di tutti gli sforzi di guerra, per infrangere una volta per tutte il cerchio dannato dei massacri di proletari. Solo la dittatura del proletariato, finalmente instaurata dopo secoli di dominio sanguinario del capitale, potrà spazzarne poi via i tragici effetti e risolvere gli enormi problemi causati da un secolo di devastazione imperialista. Ma ciò sarà possibile solo se il proletariato delle metropoli euro-americane saprà finalmente spezzare ogni solidarietà e complicità con le proprie borghesie nazionali, riprendendo la strada della lotta di classe aperta, indipendente e autonoma da ogni formazione borghese e nazionalista, sotto la guida ferrea e decisa del suo partito, ritrovato dopo decenni di spaventosa controrivoluzione – per prendere infine il potere e instaurare la propria dittatura di classe, ponte di passaggio necessario verso la società senza classi, la società finalmente umana, il comunismo.

Il più recente atto di pirateria imperialista da parte dello Stato d’Israele non fa che confermare l’urgenza di questa prospettiva.

 

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Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2010)

 

 

 

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