DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Proletari, compagni!

La crisi economica ha cominciato a colpire pesantemente le nostre già dure condizioni di vita e di lavoro. In nome del profitto, una classe di parassiti (la borghesia in tutte le sue varianti, di destra e di “sinistra”), con il suo seguito di funzionari (espressione di un’aristocrazia sindacale che nulla ha a che vedere con i lavoratori), ci tiene ancora legati come schiavi, senza mai dover pagare per la distruzione delle nostre vite – anzi, continuando a ritirare rendite, interessi, dividendi, cedole. Il prezzo di questo sfruttamento lo paghiamo senza un attimo di tregua con le migliaia di nostri compagni assassinati sui luoghi di lavoro, con le cosiddette “malattie sociali”, con la nocività delle fabbriche, con l’aumento infernale dei ritmi, con il lavoro che soffoca la nostra esistenza, con le paghe miserabili. A questa situazione terribile si sono ora aggiunti i licenziamenti, la disoccupazione di massa, le delocalizzazioni, il lavoro nero generalizzato, la precarietà diffusa, la riduzione drastica dei salari – tutte delizie che condividiamo con i nostri fratelli immigrati. Questo modo di produzione, il cui unico scopo è il profitto, alimenta la competizione di tutti contro tutti e produce le guerre commerciali di oggi e le guerre guerreggiate di domani. Dunque, va eliminato con il bisturi della nostra violenza di classe.

Proletari, compagni!

La borghesia sa bene che ci vuole ben altro che il sostegno al consumo, qualche ammortizzatore sociale e la distribuzione di elemosine per chi, usurato da anni di lavoro, è “fuori produzione”, o è stato (o sarà) scaricato sui marciapiedi, a condividere le stesse condizioni di precari, immigrati, giovani. Essa ci chiede di aver pazienza, di essere disciplinati e solerti nelle fabbriche-galere, di mostrarci pacifici e obbedienti, di inginocchiarci davanti allo Stato, ai padroni, ai preti e agli sbirri, di far sacrifici per ridare la spinta alla macchina capitalistica ingolfata dalla sovrapproduzione e così tornare a far gonfiare i profitti. Insomma, ci invita a prendere tutto con ottimismo e rassegnazione, perché teme la nostra lotta, che già chiama “emergenza sociale”. La verità è che la nostra classe (quella dei senza riserve) dovrà pagare un prezzo enorme in ogni paese del mondo. E alla fine, quando si sarà dimostrato che non si esce dalla crisi se non cementando le economie nazionali con lo stimolo della produzione bellica, saremo portati direttamente dai posti di lavoro ai fronti di guerra, per consumarci come carne da cannone. La guerra è la loro soluzione per uscire dalla crisi – non esistono per loro altre vie, come già è risultato chiaro in passato.

Proletari, compagni!

Le organizzazioni sindacali, che dovrebbero tutelare le nostre condizioni di vita e di lavoro, non hanno indetto nemmeno uno sciopero che si ripromettesse di rispondere colpo su colpo all’attacco: intorno a noi, hanno steso un cordone sanitario per impedire che la nostra collera si manifestasse pienamente. Eppure, un grande episodio ha messo in luce le nostre grandi potenzialità di lotta: l’audacia degli immigrati di Rosarno, che hanno saputo rispondere all’aggressione violenta alle loro condizioni di vita e di lavoro. Questi sono i nostri veri fratelli di classe, e non è un caso: essi non sono stati educati alla scuola corporativa e fascistoide dei sindacati nazionali attuali, essi “non hanno da perdere che le loro catene”, e hanno tentato di liberarsene. E’ questo l’insegnamento che occorre estendere e propagandare nelle file della nostra classe: il “fronte unito di tutti gli sfruttati” contro la borghesia e i suoi servi, la rinascita di “organismi di lotta”, di “organizzazioni operaie di autodifesa”, di “organizzazioni territoriali di lotta economica e sociale” chiuse ai padroni e ai loro servi e capaci di combattere con intransigenza, coraggio e continuità.

Occorre tornare a impugnare le armi della lotta di classe: quelle armi che le istituzioni organizzate dal nemico hanno nel tempo disinnescato, ma che tutti noi conosciamo per esperienza diretta, nelle battaglie sostenute in tanti anni. Le rivendicazioni di questo “fronte indipendente” devono rispondere soltanto ai nostri bisogni di vita e di lavoro ed è intorno a queste rivendicazioni e a questi metodi di lotta che sarà necessario e possibile riorganizzare il nostro fronte di classe:

 

 

  • Forti aumenti salariali per tutti, maggiori per le categorie peggio pagate  
  • Drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario
  • Salario pieno ai licenziati, disoccupati, immigrati, precari
  • Aumento generalizzato delle pensioni
  • Unità di classe senza distinzione di razza, sesso, religione, età, nazione
  • Scioperi ad oltranza senza limiti di tempo e di spazio
  • Blocchi della produzione e dei servizi
  • Allargamento delle lotte oltre il recinto della categoria e della azienda, fuori dell’angustia della località e della nazione

 

 

Soltanto da una difesa così determinata si potrà allora sviluppare la forza necessaria per passare a una generale offensiva. Infatti, questi nostri obbiettivi immediati, per quanto necessari per sopravvivere oggi e riorganizzare le nostre file, non saranno sufficienti da soli per scrollarci di dosso la dittatura che la borghesia imperialista ci impone con la sua democrazia parlamentare e tutte le sue istituzioni democratiche. Il regime del capitale è un regime di guerra, di distruzione delle qualità umane e di deterioramento della vita sulla terra fino a minacciarne la scomparsa. Per essere dunque vincente, l’offensiva a cui siamo chiamati deve essere inserita nella prospettiva di una rivoluzione sociale e politica, della conquista del potere e dell’instaurazione della nostra dittatura di classe, fino alla vittoria definitiva del comunismo, società finalmente senza classi. E per questo è necessaria un’arma fondamentale, fatta di teoria e di pratica, di scienza e di organizzazione: il Partito di classe, il Partito rivoluzionario. A questa lotta e a questa prospettiva, alla guerra di classe, vi chiama e vi attende il nostro partito, il vostro partito.

 

 Partito Comunista Internazionale
(Supplemento al n°2/2010 de " Il programma Comunista")


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