DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Proletari, compagni!
Da trent’anni (ormai tutti lo riconoscono), il modo di produzione capitalistico è entrato nel tunnel della crisi economica, tra illusori periodi di ripresa e tonfi clamorosi. Dopo la repressione (democratica, fascista, nazista e stalinista) delle masse proletarie, prima in guerra e poi nel periodo postbellico, le contraddizioni del modo di produzione capitalistico si sono fatte sempre più intense ed esplosive: centinaia di guerre locali, decine di milioni di morti immolati sull’altare del profitto, recessioni sempre più acute, devastazione dell’ambiente, abbrutimento della vita sociale. Oggi, la crisi economica generale (produttiva innanzitutto, e poi finanziaria e creditizia), acuta per intensità e profondità, dimostra in modo clamoroso l’urgenza drammatica della trasformazione rivoluzionaria della società. Lo scenario che si sta preparando è infatti quello di un nuovo conflitto mondiale di proporzioni gigantesche: le fasi recessive si sono fatte sempre più frequenti e quelle espansive più rachitiche e artificiali, e ciò rende ancor più aspra la guerra commerciale fra imperialismi e necessaria la conquista militare di punti strategici, per la difesa e la conquista dei mercati o il controllo delle vie di scorrimento delle materie prime. E’ in questo senso che vanno letti i massicci spiegamenti e interventi militari americani nell’area Mediorientale, nel Caucaso, nei Balcani e in Afganistan, seguiti a ruota dagli imperialismi minori ma non meno virulenti (Germania, Giappone, Russia, Cina). Il predominio economico americano è sempre più minacciato dalla canea dei concorrenti: non riesce più a sollevarsi, a produrre una nuova fase di espansione, e lo impediscono il gigantesco indebitamento interno ed estero, statale e privato, la sovracapacità produttiva e la sovrapproduzione, che negli ultimi cinque decenni hanno condotto a una forsennata competizione commerciale mondiale. Ma tutto il mondo capitalistico è in piena crisi, come mostrano il crollo dei colossi bancari (tedeschi e inglesi, oltre che americani) e la precaria situazione delle banche giapponesi e cinesi. D’altra parte, la drammatica situazione in Medio Oriente proclama che tutta l’area – fondamentale dal punto di vista del capitalismo internazionale – rappresenta un’autentica polveriera.

 

Proletari, compagni!
Si stanno avvicinando i grandi terremoti descritti dal marxismo fin dal Manifesto del Partito Comunista del 1848. A essi, il capitale, nei suoi vari segmenti nazionali, si prepara come solo può e sa fare: tagliando le spese sociali, smantellando “garanzie” (conquistate con la lotta), esasperando l’innovazione tecnologica ed espellendo manodopera, ristrutturando e privatizzando, militarizzando la società in maniera più o meno sotterranea, alimentando divisioni e contrapposizioni fra i lavoratori, diffondendo il virus mortale del patriottismo e del nazionalismo, ponendo le basi di conflitti sempre più estesi e violenti – tutto in nome, non di interessi privati e personali di questo o quel suo burattino, ma della sopravvivenza del proprio modo di produzione.
Sul piano direttamente produttivo, la dinamica capitalistica sta creando effetti devastanti sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse proletarie: accentuazione dei ritmi, aumento degli “incidenti”, estensione del precariato e della flessibilità, aumento dell’orario, riduzioni dei salari sia direttamente che indirettamente, ecc. Dopo settant’anni di controrivoluzione democratica, fascista e staliniana (che inoltre ha fatto passare per “comunisti” regimi del tutto oscenamente capitalisti), la nostra classe è dispersa e disorientata, preda dell’illusione borghese che il domani sia comunque roseo, e anche i suoi settori più combattivi restano isolati e vengono così più facilmente sconfitti. Il localismo, il frazionamento delle lotte, la concertazione, alimentati ad arte da organizzazioni politiche e sindacali corporative, finiscono per spegnere o deviare ogni segno spontaneo della ripresa della lotta di classe indipendente.
Eppure, dietro la pressione di fattori materiali, delle tensioni sociali prodotte dall’acuirsi della crisi, i proletari di tutto il mondo saranno costretti a riprendere la strada delle loro rivendicazioni classiche, dei loro classici metodi di lotta. Saranno costretti a scrollarsi di dosso il peso di partiti che, da tempo schieratisi a difesa dell’ordine del capitale e pronti ogni volta a servirne le esigenze vitali, li considerano soltanto come serbatoio elettorale; e di sindacati che hanno da tempo proclamato con le parole e con i fatti che “l’economia nazionale è l’unico interesse comune”, da difendere in ogni modo – con il taglio delle pensioni, con la concertazione e l’autoregolamentazione degli scioperi, con l’isolamento e la denuncia dei lavoratori combattivi, e via di seguito. Saranno costretti a rendersi conto della vuotezza di ogni prospettiva riformista e gradualista, “buonista” e “concertativa”, di “movimenti” confusionari e contraddittori che bruciano energie in mobilitazioni senza prospettive, dominati da ideologie pacifiste, pretesche, se non apertamente reazionarie e nazionaliste. Saranno costretti a tornare a battersi, con le loro armi tipiche (il picchetto, il blocco della produzione e dei servizi, la costituzione di casse-sciopero, la creazione di organismi di difesa economica che riuniscano occupati e disoccupati, lavoratori indigeni e immigrati, lo sciopero generale senza preavviso né limiti di tempo e spazio), per i seguenti obiettivi:

 

  • Forti aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate
  • Salario integrale ai disoccupati, pagato dallo Stato o dai padroni
  • Drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario
  • Rifiuto di straordinari e turni massacranti richiesti per le “necessità dell’azienda o dell’economia nazionale”
  • Lotta a mobilità, flessibilità e qualunque forma di precarizzazione del lavoro
  • Difesa intransigente delle fasce di lavoratori più deboli e ricattabili
  • Rifiuto generalizzato del lavoro minorile
  • Rifiuto di ogni licenziamento, comunque motivato
  • Rifiuto di ogni ideologia razzista, di ogni provvedimento legislativo o poliziesco, atti a dividere il proletariato
  • Rifiuto di ogni patriottismo e nazionalismo, comunque mascherati da “interessi comuni e superiori”
  • Rifiuto di ogni guerra imperialista, comunque mascherata da “difesa dall’aggressione altrui”, “umanitaria”, “democratica”

 

Scendendo finalmente su questo terreno, il terreno della lotta di classe aperta, i lavoratori di tutto il mondo saranno costretti anche a rendersi conto che questa lotta di difesa è sì necessaria, ma non è sufficiente. Entro il mondo del capitale, della ricerca del profitto a ogni costo, della competizione di tutti contro tutti, non esistono diritti acquisiti, non esistono conquiste durature, non esistono vittorie definitive. Il vero grande risultato di queste lotte sarà quello di cementare l’unione dei lavoratori in un fronte di classe, indipendente e autonomo dallo Stato e da chi lo sostiene. Nemmeno questo però basta: sarà necessaria una lotta politica. Soprattutto, sarà necessario il partito politico rivoluzionario, capace di dirigere, orientare, fondere insieme quelle lotte, di condurle oltre i limiti di tempo e spazio e al di là di interessi locali e generazionali, con l’obiettivo (oggi di certo lontano, ma inevitabile e indispensabile) di farla finita una volta per tutte con un modo di produzione ormai solo distruttivo. E, sotto la sua guida, di aprire la strada alla società senza classi, senza sfruttamento e oppressione, senza guerre e miseria: alla società della specie umana pienamente realizzata.

 

 

Partito comunista internazionale
(
Supplemento al n°3/2008 de " Il programma comunista")


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