Compagne, sorelle proletarie!
Tre anni di emergenza sanitaria, innestata sulla crisi economica, non hanno fatto altro che peggiorare le vostre condizioni di lavoro. Siete state le prime, nonostante la disparità salariale a vostro sfavore, a essere licenziate, a subire ulteriori riduzioni salariali con la scusa del part time o dello smart work. E siete state le ultime a essere assunte. Chi è rimasta in azienda con contratti sempre più precari e precarizzanti sa come sono aumentati gli omicidi e i tentati omicidi sui posti di lavoro (quelli che i padroni e i loro servi chiamano “incidenti”), insieme alle pressioni e perfino ai ricatti e alle molestie sessuali, in nome di un preteso aumento della produttività.
Intanto, si è moltiplicato per mille il peso di tutto il lavoro riproduttivo, di cura e assistenza, di gestione domestica, a cui già vi costringe la divisione sociale del lavoro propria del modo di produzione capitalistico – una divisione sociale che ha ereditato ed esacerbato le forme del dominio patriarcale.
Compagne, sorelle proletarie!
La tempesta della guerra si sta ora scatenando in un mondo ecologicamente devastato e risulta sempre più evidente l’insostenibilità delle nostre condizioni di vita e di lavoro. Tutte le istituzioni in cui si organizza lo Stato del Capitale sono solo inganni e prigioni: lo hanno vissuto e continuano a viverlo, nel dolore della loro carne, le donne dei Paesi che già la subiscono – le donne africane, mediorientali, balcaniche, caucasiche, a cui si sono aggiunte quelle ucraine e russe.
Questo modo di vivere non è migliorabile. L’emancipazione femminile senza rivoluzione sociale è un’illusione riformista che maschera la realtà della società divisa in classi: ci sono donne borghesi complici e partecipi del dominio e dello sfruttamento del vostro lavoro riproduttivo e produttivo e la loro “emancipazione” non è altro che condivisione del potere borghese; ci sono donne intellettuali e professioniste appartenenti alle moderne “mezze classi” e la loro emancipazione non è altro che aspirare a un maggior prestigio sociale e a una maggiore compartecipazione alla spartizione della ricchezza prodotta dal vostro lavoro riproduttivo e produttivo.
Non fatevi ingannare da movimenti “femministi”: hanno solo paura di essere spazzati via dalla vostra potenza rivoluzionaria e strumentalizzano i vostri bisogni concreti e la vostra oppressione, resa sempre meno tollerabile dal maschilismo che i vostri uomini, come e peggio dei peggiori borghesi, hanno ereditato dalle antiche società di classe.
Compagne, sorelle proletarie!
Il vostro destino è nelle vostre mani, nei vostri cuori e nelle vostre menti – e soprattutto nelle vostre lotte per difendersi dal mondo del Capitale, per combatterlo e abbatterlo, insieme al patriarcato che ne è padre e strumento di dominio.
Lotte economiche e sindacali contro la disoccupazione, per salari, pensioni, condizioni di lavoro adeguate e rispettose della salute e della sicurezza, e contro ogni forma di machismo fallocratico e sessista (compreso quello di chi si pretende “avanguardia sindacale”) sul luogo di lavoro.
Lotte economiche e sociali per migliorare e rendere collettive le condizioni e le possibilità del lavoro riproduttivo di cura e assistenza, strappandolo alla dimensione privata, domestica e familistica che tanto fa comodo agli uomini.
Lotte per conquistare e difendere il dovere di controllare e decidere della propria maternità.
Lotte contro tutte le sirene riformiste e borghesi per prepararsi alla rivoluzione politica e sociale a cui tutti insieme, maschi proletari e femmine proletarie, saremo costretti dalla stupida crudeltà del Capitale e del suo Stato.
Questo è stato e deve continuare a essere l’8 marzo!