Il razzismo non si combatte con i “buoni sentimenti” o il “multiculturalismo”, né tanto meno con gli appelli a Stato e istituzioni. Il razzismo è uno degli strumenti con cui le classi dominanti di ogni Paese cercano di dividere e quindi indebolire il fronte proletario: giovani/anziani, uomini/donne, “garantiti”/precari, occupati/disoccupati, e per l'appunto lavoratori “nazionali” e immigrati. I flussi migratori sono una costante nella storia del capitalismo mondiale: ad alimentarli sono il suo sviluppo ineguale, la miseria che affama vaste aree (frutto di colonialismo e imperialismo), le guerre incessanti che massacrano intere popolazioni, gli effetti dell'attuale crisi sistemica da cui il capitale non riesce a uscire e che anzi è destinata ad aggravarsi e approfondirsi, creando i presupposti tutt'altro che ipotetici di un futuro nuovo conflitto mondiale.
Il razzismo dunque si può combattere solo comprendendo il suo stretto legame con queste dinamiche, materiali e ideologiche, e dunque disponendosi a combattere il capitalismo. Ma combatterlo non vuol dire solo operare contro il divide et impera. Vuol dire anche abbandonare ogni “speranza illusoria” che Stato e istituzioni siano al di sopra delle parti, che rivolgendosi a essi e facendo pressione su di essi si possa in qualche modo “migliorare” la condizione di masse proletarie e proletarizzate in fuga da ogni parte del mondo: Stato e istituzioni (sia quelle legali e ufficiali, sia quelle illegali e mafiose) sono strumenti della dittatura della classe dominante e difenderanno sempre i suoi interessi, immediati e storici. Le recenti operazioni militari a Milano e Roma (ma gli esempi sono innumerevoli, in Italia e altrove: basti pensare alle retate nelle banlieues francesi o lo stillicidio di giovani neri ammazzati dalla polizia statunitense) sono la dimostrazione di questo ruolo repressivo, oltre ad obbedire alla necessità per lo Stato di mantenere in esercizio le proprie “forze dell'ordine”, anche a fronte di possibili minacce future sul terreno sociale.
E' necessario rendersi conto di tutto ciò e, se davvero si vuole combattere il razzismo, tornare a combattere contro il sistema capitalistico che lo produce, lo alimenta e se ne serve. Altrimenti, lo si voglia o no, si è soltanto dei complici.
20 maggio 2017
(volantino in italiano e inglese distribuito al “corteo antirazzista” di Milano del 20 maggio)