DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Proletari! Compagni!

Ormai da più di sei anni, la crisi economica mondiale colpisce la nostra classe imponendo un costante peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Nei paesi di più antica industrializzazione, fra cui l'Italia, un numero crescente di lavoratori è condannato a ritmi di lavoro sempre più estenuanti e a una costante perdita del potere d'acquisto dei salari, mentre aumenta la parte che si dibatte nella girandola infernale di disoccupazione, precariato ed emarginazione. Nei paesi di più recente industrializzazione e di massiccia proletarizzazione (Cina, India, Brasile, Sudafrica, Bangladesh, tanti altri), i frenetici ritmi di sviluppo hanno spinto ampi gruppi di proletari, in situazioni di sfruttamento selvaggio, a scioperi combattivi, convocati senza alcun preavviso e condotti a oltranza, talvolta su un arco temporale che si misura in settimane o addirittura in mesi – scioperi di cui noi proletari d’Occidente ben poco veniamo sapere. Intanto, la contesa per i mercati si fa sempre più agguerrita e sempre più feroce diventa la lotta fra briganti imperialisti per la spartizione dei mercati e l’appropriazione di plusvalore. L’approfondirsi stesso della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico porrà le basi oggettive per l’unione al di là delle frontiere nazionali della nostra classe, che è una classe mondiale.

 

 

Per molti anni, siamo rimasti schiacciati sotto il giogo del controllo sociale esercitato da partiti di destra e di sinistra e organizzazioni sindacali di regime, inquadrati sotto la bandiera dell'interesse nazionale. Tuttavia, da qualche tempo, arrivano isolati segnali di risveglio da parte del proletariato, con in prima fila quello immigrato, che non ha paura di scendere in strada per rivendicare il miglioramento generale delle proprie condizioni di vita e di lavoro. Ma di fronte a questi generosi esempi di lotta, portati avanti da ancor deboli avanguardie, si erge la muraglia degli apparati e degli organi posti a difesa del regime basato sullo sfruttamento, primi fra tutti gli attuali sindacati diventati espressione dello Stato capitalista i quali hanno sostituito alle rivendicazioni economiche necessarie (salario, riduzione dell'orario e sicurezza sui posti di lavoro) la paccottiglia dei “diritti”, della “democrazia”, della “pace sociale”, dell'”interesse nazionale”. Questi sindacati nemici dei lavoratori, fra cui un caso esemplare è rappresentato dalla triplice Cgil, Cisl e Uil, deviano la nostra giusta rabbia verso obiettivi estranei ai nostri interessi immediati. Lavorando per gli interessi della classe dominante, essi svolgono una funzione non dissimile dagli altri organi dell'apparato dello Stato borghese: privare la nostra classe della fiducia in se stessa condannandola all'immobilismo più deprimente, attraverso l'inazione più totale o, peggio ancora, allo stanco rituale di scioperi ammaestrati della durata di poche ore, il più delle volte per falsi obiettivi.

 

Proletari! Compagni!
Il sindacalismo cosiddetto di base, nato dalla giusta esigenza di uscire dall'asservimento alle compatibilità del sistema capitalistico al quale i sindacati ufficiali hanno condannato i lavoratori, da quando ha mosso i primi passi non è ancora riuscito a orientarsi davvero verso la riorganizzazione di organismi che abbraccino tutti i lavoratori al di là delle singole categorie e siano in grado di lottare per gli interessi di tutta la nostra classe. In molti casi, prevalgono ancora atteggiamenti meschini imbevuti di retorica democratica e comportamenti corporativi, che si rivelano perlopiù incapaci di esprimere una prospettiva efficace di lotta.

Alla nostra classe non resta allora che dotarsi di una tattica che le consenta di rendere più efficaci le rivendicazioni attraverso le quali si dovrà indirizzare l'inevitabile ripresa delle lotte. I suoi punti salienti dovranno essere:

- Estendere e unificare le lotte, operando per la creazione di organismi territoriali di difesa economica e sociale, aperti a tutti i lavoratori, di ogni condizione
- Rivendicare forti aumenti salariali
- Rivendicare il salario integrale ai disoccupati, ai cassaintegrati e agli immigrati a carico dello Stato borghese e del padronato
- Rivendicare drastiche riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario 
- Riappropriarsi dell’arma dello sciopero, che deve cessare d’essere un rito innocuo e tornare a essere uno strumento per colpire gli interessi padronali
- Rifiutare ogni tentazione nazionalistica con cui la classe dominante di ogni paese cercherà di schierare i proletari gli uni contro gli altri.

Proletari! Compagni!

La vera causa della tragedia che ci colpisce è il modo di produzione capitalistico. Esso va abbattuto insieme alla dominante classe borghese e sostituito dalla dittatura del proletariato che, sotto la guida del partito comunista, dovrà trasformare l'economia capitalistica in un'organizzazione sociale fondata sui bisogni della specie umana e non sulle leggi del profitto. A questa prospettiva lavora il Partito comunista internazionale, per il cui rafforzamento e radicamento internazionale i proletari più combattivi dovranno operare.

Partito comunista internazionale (il programma comunista)

 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

Fotocopiato in proprio. Supplemento al n.5/2013 de “il programma comunista”

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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