DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Lavoratori!

Il padronato italiano getta la maschera per l’ennesima volta e nel salvataggio di Alitalia sceglie la via più dolorosa per i lavoratori, stavolta con il pretesto della “sacralità” della bandiera nazionale. Il piano Air France, che già prevedeva la mazzata di almeno 2.120 esuberi, con la scusa che avrebbe comportato la cessione della compagnia di bandiera, e quindi di un pezzo dell’“onore” della nazione, al capitale francese, è stato accantonato in favore di un piano “tutto” italiano (in realtà, anche qui alla fine ci sarà di mezzo una compagnia estera –la stessa Air France oppure Lufthansa – , ma in posizione defilata, a rimarcare quanto ignobili siano queste mascherate). Questo nuovo piano (dal delizioso nome di Fenice, il mitologico uccello che rinasceva dalle proprie ceneri: se poi qualche penna rimane incenerita a terra, pazienza!), che fa rientrare in gioco pezzi importanti del capitalismo nostrano, al di là dei ridicoli balletti di cifre, comporterà il taglio di circa 7.000 posti di lavoro: la “nuova” Alitalia ha detto che avrà bisogno di 14.250 addetti, di cui 2.750 esterni, ma poiché la “vecchia” Alitalia ha circa 18.000 dipendenti e il gruppo AirOne, che entrerà nella compagnia, circa 3.000, i conti sono presto fatti. 7.000 licenziamenti (anche se per 3.250 lavoratori si tratterà della “naturale” scadenza di un contratto a termine: tanto i precari sono carne da macello!) e qualche vaga promessa di “ricollocazione”: questo è il triste bilancio. Trincerandosi dietro la difesa della bandiera nazionale e facendo ricorso al ricatto del fallimento, lo Stato ha operato per mettere a disposizione dei capitalisti, di cui è strumento, una compagnia priva di debiti, con il personale ridotto all'osso e contratti di lavoro resi meno onerosi grazie a un cospicuo “alleggerimento” dei salari, trasformando di fatto l'acquisto di Alitalia in un affare d'oro. Per aver ragione dei lavoratori e delle loro proteste, spesso spontanee e che i sindacati hanno faticato a controllare, abbiamo assistito all'oscena pantomima del ritiro dell'offerta da parte della CAI, della conseguente costernazione della cosiddetta “classe politica” e della marcia indietro finale della CGIL, costretta, suo malgrado, a recitare la parte di sindacato “combattivo”. Ma il vero ruolo dei sindacati è quello di imbrigliare i lavoratori e di trascinarli ad assecondare le esigenze dei padroni! Infatti sono stati loro a tentare, solo qualche mese fa, di infilare Fintecna, cioè il capitalismo di Stato italiano, nella ricapitalizzazione della società, facendo saltare per la prima volta il tavolo delle trattative con Air France. È la difesa del capitalismo nazionale il vero e unico interesse dei sindacati! Così, oltre ai profitti della borghesia italiana, anche l’“onore” di quello che Lenin definì, non a caso, “imperialismo straccione” e che infatti, anche stavolta, è dovuto ricorrere al “mezzuccio” di un'ignobile messinscena, sarebbe salvo. Un “onore” costruito, per citare solo alcune perle, su un passato di vili guerre coloniali costellate di vilissimi eccidi, sulla partecipazione a due massacri mondiali condita da altrettanti italianissimi e “onorevolissimi” voltafaccia – su un passato,presente e futuro di sfruttamento del proletariato internazionale, in patria e all’estero. Un “onore” per molti aspetti assai simile a quello degli altri imperialismi.

La vicenda Alitalia dimostra, per l’ennesima volta, l’inconfutabile realtà che i proletari non hanno patria, che il loro schierarsi con la borghesia del proprio paese dietro la bandiera nazionale non può che portarli al disastro economico e alla miseria oggi, mentre domani li condurrà dritti al macello di una nuova guerra mondiale.

 

Lavoratori!

Le indicazioni di noi comunisti sono di non legarci mani e piedi ai destini di aziende e Stati che ci sfruttano e opprimono, ma di rispondere agli attacchi padronali con i metodi e le rivendicazioni che ci appartengono da oltre un secolo e mezzo:

sciopero generale a oltranza, senza preavviso e senza limiti di tempo e spazio; rifiuto organizzato di ogni discriminazione in base a età, sesso, località o nazionalità; riduzione drastica dell'orario di lavoro insieme a forti aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate;

salario pieno a disoccupati, licenziati e immigrati;

rifiuto organizzato di ogni forma di lavoro precario o in nero; lotta a ogni concertazione, compatibilità e sacrificio in nome dell’economia e degli interessi nazionali.

Agite per strappare non solo alla vostra azienda, che piange e piangerà sempre miseria, ma alla borghesia tutta, impegnandola in una lotta senza quartiere, come minimo il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e salariali, allargando il fronte della protesta almeno a tutte le categorie e a tutto l’indotto che lavora in aeroporto. Da qui bisogna ripartire, da queste lotte di difesa, con la consapevolezza che il comune, futuro destino dei lavoratori è quello di passare dalla difesa all’attacco, di unirsi a livello mondiale per disfarsi del giogo degli Stati borghesi che ci trascinano alla rovina e di spezzare le proprie catene sbarazzandosi di un modo di produzione ormai da decenni in crisi, per la costruzione della società comunista.

 

Partito Comunista Internazionale

(Supplemento al n°5/2008 de "Il programma comunista")

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
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