DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Proletari!Compagni!

Trent’anni fa, alle prime avvisaglie di una crisi economica mondiale destinata a chiudere il ciclo espansivo del secondo dopoguerra, le borghesie di tutto il mondo, con il valido sostegno di partiti opportunisti e sindacati collaborazionisti, inauguravano la “politica dei sacrifici”. In nome e per il bene dell’economia nazionale, i proletari dovevano rinunciare alle “conquiste” strappate con la lotta nei decenni in cui “l’economia tirava”: in soldoni, dovevano stringere la cinghia e rimboccarsi le maniche, lavorare di più e portare a casa di meno, andare in pensione più tardi e con un’autentica miseria... Il tutto, in attesa che tornasse il sereno. Sono passati trent’anni e il sereno non è mai tornato. Anzi: le economie di tutto il mondo continuano ad avvitarsi in una crisi profonda cui non danno tregua le pause momentanee, le illusorie riprese dell’anno x e y, le promesse di questo o quel governo. L’instabilità del modo di produzione capitalistico ha raggiunto livelli che le anime belle pensavano relegati in un passato lontano e dimenticato. Le fibrillazioni e i terremoti sempre più vasti e profondi si traducono in devastanti guerre locali per il controllo di aree strategiche o ricche di materie prime o destinate al loro scorrimento verso i gangli vitali delle principali potenze economiche – guerre che avvicinano sempre più una nuova conflagrazione mondiale, come i comunisti rivoluzionari hanno sempre sostenuto fin dalla fine della Seconda guerra mondiale. Dunque, la “politica dei sacrifici” da un lato ha colpito con violenza i proletari di tutti i paesi, peggiorandone le condizioni di vita e di lavoro; dall’altro, non ha fatto che aggravare ulteriormente la crisi e avvicinare il momento della resa dei conti militare – passaggio inevitabile per il modo di produzione capitalistico fondato sulla concorrenza, sulla competizione, sull’estrazione di plusvalore, sulla guerra di tutti contro tutti. Ma quest’attacco anti-proletario viene sempre più condotto anche sul piano poliziesco e ideologico. La borghesia sa molto bene, per esperienza storica, che, non importa quanti sforzi faccia per cancellarlo e dimenticarlo, il suo grande nemico è sempre lì, di fronte a lei, e si chiama “comunismo”. La “politica dei sacrifici” s’è dunque accompagnata a un’opera di aperto terrorismo e violenta intimidazione, per isolare e colpire chiunque si muovesse (anche solo tendenzialmente) al di fuori del quadro di riferimento democratico-borghese. Gli autoferrotranvieri che scendono in sciopero selvaggio vengono denunciati, processati e multati; i ferrovieri che denunciano le condizioni impossibili in cui lavorano vengono licenziati; altre categorie di lavoratori che fanno sentire la propria voce (come già alla FIAT di Melfi) vengono marginalizzati e penalizzati, espulsi dal sindacato o licenziati; e gli esempi potrebbero continuare, riferiti all’Italia come al mondo intero. La militarizzazione della vita sociale è un dato di fatto che smentisce tutte le rosee illusioni di democratici e riformisti, che non hanno mai saputo comprendere come la “democrazia uscita vittoriosa contro il totalitarismo” dopo il massacro della Seconda guerra mondiale abbia ereditato la sostanza del totalitarismo nazi-fascista, in quanto espressione politico-finanziaria della fase imperialista del capitalismo. A ciò si aggiunga che ogni occasione è buona, per la borghesia, il suo Stato, i suoi “opinion makers” (con il valido aiuto di opportunisti di ogni risma, di destra come di “sinistra”), per attaccare – attraverso le più volgari e ignoranti mistificazioni – il concetto stesso, la storia e la tradizione del comunismo.

 

Proletari!Compagni!

La necessità del comunismo risiede negli stessi fatti oggettivi, che sono espressione del modo di produzione capitalistico. La necessità del comunismo è ribadita in maniera drammatica dalla sempre maggiore difficoltà, per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, di sopravvivere decentemente in una società marcia e agonizzante (e lasciamo stare il resto: il livello d’infelicità diffusa, di violenza e nevrosi dilagante, è un altro fatto indiscutibile, come lo è il crescere inarrestabile degli omicidi di proletari sul luogo di lavoro, un autentico massacro quotidiano direttamente legato alle leggi che regolano l’estrazione di plus-valore). La necessità del comunismo si farà strada in maniera sempre più netta via via che la crisi si approfondirà eliminando ogni illusoria “garanzia”, ogni “conquista” di anni di lotta, via via che le condizioni di vita e lavoro si faranno sempre più intollerabili, via via che si avvicinerà la prossima guerra mondiale, ancor più devastante delle due che l’hanno preceduta. Per questo, i proletari che non vogliono arrendersi e rassegnarsi, che non vogliono diventare le vittime designate dei massacri del tempo di pace in attesa di diventarlo nei tempi di guerra, devono ritrovare la via della lotta di classe aperta, la sola che permetta loro di ritrovare, nell’identità collettiva di classe, oggi la capacità di resistere agli attacchi del capitale e domani, quando le condizioni oggettive e soggettive lo permetteranno e richiederanno, di porsi infine l’obiettivo reale della conquista del potere.

Riprendere la via della lotta di classe aperta vuol dire tornare a battersi per gli obiettivi e con i metodi propri del proletariato da centocinquant’anni a questa parte:

 

  • Forti aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate
  • Riduzione drastica dell’orario a parità di salario
  • Salario pieno ai disoccupati e sottoccupati
  • Rifiuto organizzato di ogni forma di lavoro precario o in nero
  • Rifiuto organizzato di ogni discriminazione in base a età, sesso, località o nazionalità
  • Lotta a ogni concertazione, compatibilità, sacrificio in nome dell’economia nazionale
  • Sciopero generale, senza preavviso e senza limiti di tempo e di spazio
  • Rifiuto dell’articolazione delle lotte
  •  
  • Rinascita di stabili organismi di lotta e di difesa economica e sociale

 

Oggi, Primo Maggio 2007, i comunisti non si limitano a celebrare ritualisticamente una ricorrenza lontana. Ma riaffermano con forza le conferme che la storia stessa del modo di produzione capitalistico non ha cessato di fornire nel corso degli ultimi centocinquant’anni: necessità del comunismo; dunque, necessità della dittatura del proletariato; dunque, necessità della rivoluzione e della conquista del potere; dunque, necessità del partito rivoluzionario mondiale, scienza e guida della rivoluzione, sia nelle lotte di difesa di oggi sia nelle lotte di attacco di domani.

 

 

Partito Comunista Internazionale

(Il programma comunista)

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.