(Protokoll, pagg. 466-478)
1. La nuova epoca e il nuovo parlamentarismo
La posizione dei partiti socialisti verso il parlamentarismo, in origine, all’epoca della I Internazionale, era quella dello sfruttamento dei parlamenti borghesi a fini di agitazione. La partecipazione al parlamento era considerata dal punto di vista dello sviluppo della coscienza di classe, cioè del risveglio nel proletariato dell’odio di classe contro la classe dominante. Questo atteggiamento si modificò sotto l'influenza non di una teoria, ma dell’evoluzione politica. Grazie all’aumento incessante delle forze produttive e all’espansione del campo di sfruttamento capitalistico, il capitalismo e, con esso, gli Stati parlamentari guadagnarono sempre più in stabilità.
Ne derivarono l'adattamento della tattica parlamentare dei partiti socialisti al lavoro legislativo «organico» del parlamento borghese e la sempre maggiore importanza della lotta per le riforme nel quadro del capitalismo, la preminenza del cosiddetto programma minimo della socialdemocrazia, la trasformazione del programma massimo in una piattaforma di discussione su uno «scopo finale» molto, molto remoto. Su questa base si svilupparono poi i fenomeni del carrierismo parlamentare, della corruzione, del tradimento aperto o nascosto degli interessi più elementari della classe operaia.
La posizione della III Internazionale verso il parlamentarismo non è determinata da una pura e semplice nuova teoria, ma dal mutamento avvenuto nel ruolo del parlamento. Nell’epoca passata, il parlamento, come strumento del capitalismo in ascesa, svolgeva, in una certa misura, un'opera storicamente progressiva. Nelle condizioni attuali di imperialismo sfrenato, il parlamento si è invece trasformato in uno dei tanti strumenti di menzogna, di inganno, di conculcamento e di snervante logorrea. Di fronte alle devastazioni, alle rapine, alle violenze, alle distruzioni, ai saccheggi imperialistici, le riforme parlamentari, private di ogni sistematicità, organicità e consistenza, perdono ogni importanza pratica per le masse lavoratrici.
Come l'intera società borghese, così il parlamentarismo perde la sua stabilità. Il brusco passaggio dall’epoca organica all’epoca critica crea le basi per una nuova tattica del proletariato in campo parlamentare. Così il partito operaio russo (bolscevico) ha elaborato il nocciolo essenziale del parlamentarismo rivoluzionario già nel periodo precedente, perché, fin dal 1905, la Russia aveva perduto il suo equilibrio politico e sociale ed era entrata nel periodo delle tempeste e dei sovvertimenti.
Quando osservano che nei loro paesi l'ora della rivoluzione non è ancora suonata, e si rifiutano di scindersi dagli opportunisti parlamentari, certi socialisti che si orientano verso il comunismo partono essenzialmente dalla valutazione dell’epoca che ci sta dinnanzi come di un'epoca di stabilità relativa della società imperialistica, e pensano che su questa base, nella lotta per le riforme, una coalizione con i Turati e i Longuet possa dare risultati pratici. Il comunismo dotato di chiarezza teorica deve invece valutare giustamente il carattere dell’epoca attuale. (Apogeo del capitalismo; autonegazione e autodistruzione dell’imperialismo; continuo divampare delle guerre civili, ecc.). Le forme dei rapporti e raggruppamenti politici possono essere diverse nei diversi paesi. Ma l'essenza rimane dovunque la stessa; si tratta per noi della preparazione politica e tecnica diretta all’insurrezione del proletariato per la distruzione del potere borghese e l'instaurazione del nuovo potere proletario.
Oggi, per i comunisti, il parlamento non può essere in nessun caso l'arena della lotta per le riforme, per il miglioramento della situazione della classe operaia, come era il caso in certi momenti del periodo passato. Il centro di gravità della vita politica si è oggi totalmente e definitivamente spostato al di là dei confini del parlamento. D'altro lato, la borghesia, in forza non solo dei suoi rapporti con le masse lavoratrici, ma anche del complicato gioco di mutue relazioni all’interno della sua classe, è costretta a realizzare una parte dei suoi provvedimenti, in un modo o nell’altro, attraverso il parlamento, dove le diverse cricche si contendono il potere, svelano i loro punti forti, tradiscono i loro punti deboli, si smascherano ecc.
Compito storico immediato della classe operaia è perciò di strappare questi apparati dalle mani delle classi dominanti, di spezzarli, distruggerli e sostituirli con nuovi organi di potere proletari. Nello stesso tempo, lo stato maggiore rivoluzionario della classe operaia ha un forte interesse, per agevolare questo compito di distruzione, ad avere i suoi portavoce negli istituti parlamentari della borghesia. Ne risulta con grande chiarezza la differenza fondamentale fra la tattica dei comunisti, che entrano nel parlamento a scopi rivoluzionari, e la tattica dei parlamentari socialisti, che partono dal presupposto della relativa stabilità, della durata indefinita del regime esistente, si pongono il compito di ottenere con tutti i mezzi delle riforme, e sono interessati al fatto che ogni conquista venga debitamente considerata dalle masse come merito del parlamentarismo socialista (Turati, Longuet e Co.).
Al vecchio parlamentarismo conciliante subentra il nuovo parlamentarismo inteso come uno dei mezzi per la distruzione del parlamentarismo in generale. Le ignobili tradizioni della vecchia tattica parlamentare spingono tuttavia alcuni elementi rivoluzionari nel campo degli avversari per princìpio del parlamentarismo (IWW), dei sindacalisti rivoluzionari (KAPD). Il secondo Congresso formula perciò le seguenti tesi:
2. Il comunismo, la lotta per la dittatura del proletariato e l'utilizzazione dei parlamenti borghesi
I
1. Il parlamentarismo come sistema statale è una forma di dominio «democratico» della borghesia, la quale a un certo stadio di sviluppo ha bisogno della finzione di una rappresentanza popolare che assume la veste esteriore di organizzazione di una «volontà del popolo» esistente al di fuori delle classi, ma che in realtà è una macchina di soggiogamento ed oppressione in mano al capitale imperante.
2. Il parlamentarismo è una determinata forma di ordinamento dello stato. Non può quindi essere la forma della società comunista, che non conosce né classi, né lotta di classe, né potere statale.
3. Il parlamentarismo non può nemmeno essere una forma di amministrazione dello stato proletario nel periodo di transizione dalla dittatura della borghesia alla dittatura del proletariato. Nel momento di massima asprezza della lotta di classe, nella guerra civile, il proletariato deve inevitabilmente costruire la propria organizzazione statale come organizzazione di combattimento, alla quale non siano ammessi i rappresentanti delle classi precedentemente dominanti. In questo stadio, al proletariato ogni finzione di «volontà popolare» è direttamente nociva. Il proletariato non ha bisogno di una divisione parlamentare del potere; essa gli è dannosa. La forma della dittatura proletaria è la repubblica dei Soviet.
4. I parlamenti borghesi, uno dei più importanti ingranaggi della macchina statale borghese, non possono come tali essere durevolmente conquistati, come del resto il proletariato non può conquistare lo stato borghese in generale. Il compito del proletariato è di far saltare la macchina statale della borghesia, di distruggerla e, con essa, distruggere gli istituti parlamentari, repubblicani o monarchico-costituzionali che siano.
5. Non diversamente stanno le cose per le istituzioni municipali della borghesia, che è teoricamente sbagliato contrapporre agli organi dello stato. In realtà, essi sono analoghi ingranaggi del meccanismo statale della borghesia, che il proletariato rivoluzionario deve distruggere e sostituire con soviet locali dei deputati operai.
6. Ne segue che il comunismo nega il parlamentarismo come forma della società futura, lo nega come forma della dittatura di classe del proletariato. Nega la possibilità di conquistare durevolmente i parlamenti, si propone di distruggere il parlamento. Non si può dunque parlare che di una utilizzazione degli istituti statali borghesi al fine di distruggerli. In questo e soltanto in questo senso la questione può essere posta.
II
7. Ogni lotta di classe è una lotta politica perché, in definitiva, è una lotta per il potere. Ogni sommossa che si estenda a tutto un paese diventa un pericolo per lo stato borghese e perciò assume carattere politico. Ogni tentativo di abbattere la borghesia e distruggere il suo stato equivale a condurre una lotta politica. Creare un apparato di classe proletario, di qualunque genere esse sia, significa conquistare il potere politico.
8. Ne segue che la questione della lotta politica non si identifica affatto con la questione dell’atteggiamento verso il parlamentarismo. Essa è una questione generale della lotta di classe proletaria, che è caratterizzata dall’elevarsi delle piecole lotte parziali a lotta generale per l'abbattimento dell’ordine capitalista in genere.
9. Il più importante metodo di lotta del proletariato contro la borghesia, cioè contro il suo potere statale, è prima di tutto il metodo dell’azione di massa. Le azioni di massa vengono organizzate e condotte dalle organizzazioni di massa del proletariato (sindacati, partiti, consigli operai), sotto la direzione generale di un partito comunista omogeneo, disciplinato, centralizzato. La guerra civile è una guerra; in questa guerra il proletariato deve possedere il suo valido corpo di ufficiali politici, il suo forte stato maggiore politico, che conduca le operazioni su tutti i campi di battaglia.
10. La lotta di massa è tutto un sistema di azioni in sviluppo continuo, che assumono forme sempre più aspre e portano logicamente all’insurrezione contro lo stato capitalista. In questa lotta di massa, che si svolge in guerra civile, il partito-guida del proletariato deve consolidare tutte le posizioni legali, trasformandole in punti di appoggio sussidiari e subordinandoli al piano della campagna principale, la campagna della lotta di massa.
11. Uno di questi punti di appoggio sussidiari è la tribuna del parlamento borghese. Contro la partecipazione alla lotta parlamentare non si può affatto invocare l'argomento che il parlamento è un istituto statale borghese. Il Partito comunista non va in queste istituzioni per svolgere un lavoro organico, ma per aiutare le masse, dall’interno del parlamento, a far saltare con la loro azione la macchina statale e lo stesso parlamento (esempi l'attività di Liebknecht in Germania, dei bolscevichi della Duma zarista, nel «pre-parlamento» di Kerenski, nell’assemblea costituente e nelle dume cittadine, dei comunisti bulgari ecc.).
12. Questa attività in parlamento, che consiste essenzialmente in un'agitazione rivoluzionaria dalla tribuna parlamentare, nello smascheramento degli avversari, nell’unificazione ideologica delle masse che, irretite in illusioni democratiche, guardano ancora, soprattutto in zone arretrate, alla tribuna parlamentare ecc., dev'essere interamente subordinata agli scopi e ai compiti della lotta di massa fuori dal parlamento.
La partecipazione alla lotta elettorale e la propaganda rivoluzionaria dalla tribuna parlamentare rivestono una particolare importanza per la conquista politica di quegli strati della classe operaia che finora sono rimasti lontani dalla vita politica, come, per esempio, le masse lavoratrici delle campagne.
13. I comunisti, se possiedono la maggioranza nelle istituzioni comunali, devono, a) condurre un'opposizione rivoluzionaria al potere centrale borghese; b) fare di tutto per favorire la popolazione più povera (misure economiche, organizzazione e tentativi di organizzazione di milizie operaie armate ecc.); c) in ogni circostanza, mostrare i limiti posti dal potere statale borghese a grandi trasformazioni; d) sviluppare su questa base la più energica propaganda rivoluzionaria, senza temere di urtarsi col potere statale; e) in date condizioni, sostituire le amministrazioni comunali ecc. con consigli locali di operai. Tutta l'attività dei comunisti nelle amministrazioni comunali deve dunque far parte integrante del lavoro generale di demolizione del sistema capitalistico.
14. La campagna elettorale non dev'essere condotta nello spirito della caccia al maggior numero di mandati parlamentari, ma in quello della mobilitazione rivoluzionaria delle masse per le parole d'ordine della rivoluzione proletaria. Essa va condotta dall’intera massa dei militanti del partito, non solo dalla sua élite. É necessario a questo proposito utilizzare tutte le azioni di massa (sommosse, dimostrazioni, fermento tra i soldati e i marinai ecc.) che si verifichino in un particolare momento, lavorando in stretto contatto con esse. É indispensabile nobilitare per un lavoro attivo tutte le organizzazioni proletarie di massa.
13. Quando tutte queste condizioni preliminari, come pure quelle elencate in speciali istruzioni, siano osservate, l'attività parlamentare è l'esatto opposto del volgare politicantismo praticato dai partiti socialdemocratici di tutti i paesi, che entrano nel parlamento per appoggiare questa istituzione «democratica» o, nella migliore delle ipotesi, per «conquistarla». Il Partito comunista può essere esclusivamente per l'utilizzazione rivoluzionaria del parlamentarismo nello spirito di Karl Liebknecht e dei bolscevichi.
III
16. L’«antiparlamentarismo» per princìpio, nel senso del rifiuto assoluto e categorico di partecipare alle elezioni e all’attività rivoluzionaria in parlamento, è una dottrina ingenua, infantile, che non regge alla critica; una dottrina che a volte trae origine dal disgusto per i politicanti parlamentari, ma nello stesso tempo ignora la possibilità di un parlamentarismo rivoluzionario. Inoltre, questa dottrina è spesso legata ad una concezione del tutto erronea del ruolo del partito, che vede nel Partito comunista non l'avanguardia centralizzata degli operai, ma un sistema decentrato di gruppi reciprocamente connessi da vincoli deboli ed elastici.
17. D'altra parte, dal riconoscimento in linea di princìpio dell’attività parlamentare non segue affatto il riconoscimento assoluto della necessità della partecipazione in ogni circostanza a date elezioni e sedute del parlamento. Ciò dipende da tutta una serie di condizioni specifiche. In una data combinazione di queste condizioni può essere necessario l'abbandono del parlamento, come fecero i bolscevichi quando ne uscirono per farlo saltare, svuotarlo di ogni forza e, alla vigilia della insurrezione, contrapporgli brutalmente il soviet di Pietrogrado; o nell’Assemblea costituente, il giorno in cui la sciolsero per elevare a punto focale degli eventi politici il III Congresso dei soviet. A seconda delle circostanze, può essere necessario il boicottaggio delle elezioni e l'immediata soppressione con la forza così dell’intero apparato statale borghese, come della sua cricca parlamentare, ovvero la partecipazione alle elezioni e il contemporaneo boicottaggio del parlamento ecc.
18. Il Partito comunista, riconoscendo come norma generale la necessità di partecipare alle elezioni sia dei parlamenti centrali, sia degli organi dell’auto-governo locale, e di lavorare in queste istituzioni, deve quindi risolvere concretamente la questione partendo dall’analisi delle particolarità specifiche di ogni momento dato. Il boicottaggio delle elezioni o dei parlamenti, così come l'uscita da questi ultimi, è allora soprattutto ammissibile quando esistano già le premesse del passaggio immediato alla lotta armata e alla presa del potere.
19. In tutto ciò, si deve sempre avere davanti agli occhi il carattere relativamente secondario di questa questione. Poiché il centro di gravità risiede nella lotta, condotta fuori dal parlamento, per il potere statale; va da sé che la questione della dittatura proletaria e della lotta di massa per instaurarla non dev'essere posta sullo stesso piano con la particolare questione dell’utilizzazione del parlamentarismo.
20. Perciò l'Internazionale comunista afferma nel modo più reciso di considerare un grave errore ogni scissione o tentativo di scissione in seno ai partiti comunisti su questo problema, e solo per tale motivo. Il congresso chiama tutti coloro che stanno sul terreno del riconoscimento della lotta di massa per la dittatura proletaria sotto la direzione del partito centralizzato del proletariato rivoluzionario, esercitante la sua influenza su tutte le organizzazioni di massa, a realizzare una completa unità degli elementi comunisti malgrado possibili divergenze sulla questione dell’utilizzazione dei parlamenti borghesi.
3. Il parlamentarismo rivoluzionario
Per assicurare l'effettiva esecuzione della tattica parlamentare rivoluzionaria, è necessario che:
1. Il Partito comunista nel suo insieme e il suo comitato centrale abbiano cura già nello stadio preparatorio, cioè prima delle elezioni al parlamento, che gli effettivi del gruppo parlamentare siano di qualità elevata. Il comitato centrale del Partito comunista dev'essere responsabile dell’intero lavoro del gruppo parlamentare. Il comitato centrale del Partito comunista deve avere il diritto indiscutibile di ricusare qualunque candidato di qualunque sezione, ove non esista alcuna garanzia che, giunto in parlamento, egli seguirà una politica veramente comunista.
Il Partito comunista deve rompere con la vecchia abitudine socialdemocratica di presentare come candidati esclusivamente dei parlamentari cosiddetti «esperti», per lo più avvocati e simili. Di regola è necessario presentare come candidati degli operai senza preoccuparsi che questi nella maggioranza dei casi siano semplici militanti senza grande esperienza parlamentare. Gli arrivisti che si avvicinano al Partito comunista per poter entrare in parlamento, devono essere bollati a fuoco. I comitati centrali dei Partiti comunisti devono convalidare soltanto le candidature di coloro che hanno dato prova in lunghi anni di attività della propria incondizionata devozione alla classe operaia.
2. Finite le elezioni, tutta l'organizzazione del gruppo parlamentare dev'essere affidata al comitato centrale del Partito comunista, sia esso in quel momento legale od illegale. Il presidente e il direttivo del gruppo parlamentare comunista devono essere convalidati dal comitato centrale del partito. Il comitato centrale deve avere nel gruppo parlamentare un suo rappresentante permanente con diritto di veto e, in tutte le questioni politiche importanti, il gruppo parlamentare è tenuto a chiedere preventivamente direttive al comitato centrale del partito. Il comitato centrale ha il diritto e il dovere, nell’imminenza di una grande azione dei comunisti in parlamento, di scegliere o respingere l'oratore che prenderà la parola a nome del gruppo, di esigere che le tesi svolte nel suo discorso, o il testo completo di questo, ecc., siano sottoposti alla sua approvazione. Da ogni candidato incluso nelle liste elettorali comuniste si deve esigere ufficialmente l'impegno scritto che, alla prima ingiunzione del comitato centrale, egli deporrà il suo mandato, per attuare disciplinatamente in una data situazione l'uscita dal parlamento.
3. Nei paesi in cui elementi riformisti, semirifornusti o semplicemente arrivisti sono riusciti ad insinuarsi nel gruppo parlamentare (come è giù avvenuto in alcuni paesi), i comitati centrali dei Partiti comunisti sono tenuti a procedere a una radicale epurazione dei suoi componenti, partendo dal princìpio che per la causa del proletariato è molto più utile un piccolo gruppo veramente comunista, che un gruppo numeroso senza politica comunista conseguente.
4. Il deputato comunista ha l'obbligo, su decisione del comitato centrale, di combinare il lavoro legale con l'illegale. Nei paesi in cui il deputato comunista gode di immunità dalle leggi borghesi, questa immunità dev'essere sfruttata per appoggiare il partito nella sua attività illegale di organizzazione e propaganda.
5. I deputati comunisti devono subordinare tutta la loro attività parlamentare all’azione extraparlamentare del partito. Il regolare deposito di disegni di legge a carattere dimostrativo, concepiti non in vista della loro adozione da parte della maggioranza borghese, ma a scopi di propaganda, agitazione ed organizzazione, deve avvenire in base a indicazioni del partito e del suo comitato centrale.
6. In caso di pubbliche dimostrazioni operaie ed altre azioni rivoluzionarie, il deputato comunista ha il dovere di mettersi in prima fila alla testa delle masse.
7. I deputati comunisti devono, con tutti i mezzi disponibili (sotto il controllo del partito), cercare di stringere rapporti epistolari ed altri con operai, contadini e in generale lavoratori rivoluzionari, non agendo in nessuna circostanza come i deputati socialdemocratici che intrattengono relazioni di affari con i propri elettori. Essi devono tenersi in ogni momento a disposizione dell’organizzazione comunista per qualunque lavoro di propaganda nel paese.
8. Ogni deputato comunista al parlamento deve ricordarsi che non è un legislatore in cerca di un'intesa con altri legislatori, ma un agitatore del partito, mandato in campo avverso per eseguirvi le decisioni del partito stesso. Il deputato comunista è responsabile non di fronte alla massa indifferenziata degli elettori, ma di fronte al suo partito comunista, legale od illegale.
9. I deputati comunisti devono usare in parlamento un linguaggio comprensibile ad ogni operaio semplice, ad ogni contadino, ad ogni lavandaia, ad ogni pastore, in modo che il partito possa pubblicarne i discorsi sotto forma di volantini, e diffonderli negli angoli più remoti del paese.
10. Semplici operai comunisti devono entrare nei parlamenti borghesi senza dar la precedenza ai cosiddetti parlamentari esperti - anche se sono alle prime armi in campo parlamentare. In caso di necessità, i deputati di estrazione operaia possono leggere direttamente i loro discorsi perché poi vengano riprodotti nella stampa e a mezzo volantini.
11. I deputati comunisti devono servirsi della tribuna parlamentare per smascherare non soltanto la borghesia e i suoi tirapiedi ufficiali, ma anche i socialpatrioti e i riformisti, le mezze misure dei politici del «centro» e di altri nemici del comunismo, e per fare propaganda delle idee della III Internazionale.
12. I deputati comunisti, anche se in parlamento non ve n'è che un paio, devono mostrare con tutto il loro contegno un atteggiamento di sfida al capitalismo, non dimenticando mai che degno del nome di comunista è soltanto colui che è, non a parole ma nei fatti, nemico mortale della società borghese e dei suoi lacche socialpatrioti.