(Da "Il Comunista" del 6 febbraio 1921)

 

Dopo lo svolgimento delle rivoluzioni russa, tedesca e d'altri paesi, che hanno mostrato come la conquista del potere da parte del proletariato ed il periodo della dittatura proletaria siano pre­ceduti da una fase storica nella quale il governo passa nelle mani dei partiti socialdemocratici, o di una coa­lizione di questi con partiti borghesi, si è spesso portati a porsi il problema se una simile fase si presenterà anche nei paesi occidentali, come prologo della rivoluzione proletaria.

Secondo alcuni anche in Italia dovremo attraversare questo periodo per poter andare ol­tre, e quindi sarebbe anche dal punto di vista rivoluzionario buona tattica provocare il famoso esperimento socialdemocra­tico, per accele­rare questo necessario sviluppo storico verso le sue ultime conclusioni; inve­ce secondo le enunciazioni di altri, dei nostri compagni comunisti, tale pe­riodo tra noi non corri­sponde affatto ad una necessità della storia ed il mo­vimento ri­voluzionario deve tendere direttamente alla instaurazione della dittatura del proletariato, attraverso la lotta diretta con l'attuale regime bor­ghese.

Naturalmente questa seconda opinione è quella che meglio risolve il quesito in senso comunista, tuttavia ci pare occorra una più esatta valuta­zione della questione, dei caratteri e delle funzioni del movimento socialde­mocratico per poter dare una ri­sposta esauriente dal punto di vista critico, e per poterne trar­re le conclusioni tattiche che ci interessano.

Un regime democratico borghese con programma di riformi­smo radico-socialista, si presenta come un intermezzo reale tra gli ordinamenti vigenti e quelli proletari laddove l'avvento della classe borghese capitalistica propria­mente detta al potere non ha ancora avuta la sua completa esplicazione sto­rica, ed esistono ancora forme politiche e sociali arretrate e corrispondenti ad epoche sorpassate generalmente dalla società presente. Anche in queste condizioni non è mai stato dubbio dal punto di vista marxista che i comuni­sti, pur comprendendo e riconoscendo teoricamente che la costituzione di un regime parlamentare è un passo verso la migliore esplicazione della lotta proletaria, devono avversare e combattere, come la vecchia classe dirigente e i suoi partiti, così la nuova che a quella viene a sostituirsi, rifiutando di concludere tregue con essa e tendendo a rovesciarne il potere nel più breve termine possibile, anzi a non lasciare che passi il corto periodo convulsivo nel quale non esiste una forza statale potentemente assestata ed è più facile un nuovo trapasso del potere. Malgrado quanto possono dire gli orecchianti del marxi­smo questo era il pensiero di Marx e dei comunisti dinanzi alla si­tuazione in Germania e negli altri paesi nel 1848, e questo è il grande inse­gnamento della rivoluzione russa.

Ma in questo senso non si deve né si può certo parlare di una funzione storica della socialdemocrazia nei paesi dell'Occi­dente europeo dove il regi­me caratteristicamente borghese de­mocratico esiste da tempo, anzi ha esauri­ta la sua vita storica e precipita nella sua decadenza. Non può conce­pirsi tra noi altro trapasso rivoluzionario del potere che dalla borghesia do­minante al proletariato, come non può concepirsi altra forma di potere prole­tario che la dittatura dei consigli.

Fare questa evidente constatazione non vuol però dire esclu­dere che la socialdemocrazia non eserciti e non stia per svolgere tutta una funzione an­che nei paesi di cui parliamo. I partiti so­cialdemocratici sostengono che il periodo della democrazia non è ancora esaurito, e che il proletariato potrà giovarsi ancora per i suoi fini di classe di forme politiche democratiche. Es­sendo pe­rò evidente che queste forme sono in vigore e che il proletaria­to, so­prattutto nelle attuali condizioni ereditate dalla guerra, non ritrae da esse al­cuna possibilità di vantaggi, i socialdemocratici sono condotti a prospettare e proporre forme democratiche di regime secondo loro più perfette e complete, sostenendo che il sistema attuale agisce contro il proletariato solo perché non è veramente, intimamente democratico. Di qui tutti i progetti di nuovi ordinamenti, a base di repubblica, allargamento del suf­fragio, soppressione delle Camere Alte, estensione delle funzioni e facoltà dei Parlamenti e così via.

L'esperienza delle ultime rivoluzioni, non meno della critica marxistica, ci dimostra come tutto questo bagaglio politico non sia che la maschera di un movimento che appare come l'unico ultimo programma e metodo di go­verno che riesca possibile alla classe borghese nelle attuali critiche condi­zioni; come tutti i go­verni formati su tali basi, non soltanto non costitui­scano il ponte di passaggio alla conquista vera del potere da parte delle masse proletarie, ma rappresentino l'ultimo e più perfetto osta­colo che il re­gime vigente eleva contro la minaccia del suo ro­ve­sciamento; come anche il contenuto teorico democratico di questo movimento ceda il posto - confer­mando logicamente la morte storica della democrazia proclamata dalla no­stra dottrina comunista - ad una pratica di dittatura e di terrore, ma contro il proletariato ed il comunismo.

Dunque la socialdemocrazia ha una sua funzione specifica, nel senso che vi sarà probabilmente nei paesi dell'Occidente un periodo in cui i partiti socialdemocratici saranno al governo, da soli o in collaborazione coi partiti borghesi. Ma tale intermezzo, ove il proletariato non avrà la forza di evita­rlo, non rappresen­terà una condizione positiva, una condizione necessaria, per l'avvento delle forme e degli istituti rivoluzionari, non sarà una utile preparazione a questo, ma costituirà un disperato tentativo borghese per diminuire e stornare la forza di attacco del prole­tariato, e per batterlo spieta­tamente sotto la reazione bianca se gli resterà tanta energia da osare la rivol­ta contro il legittimo, l'umanitario, il civile governo della socialdemocrazia.

Non è dunque prevedibile un qualsiasi periodo di transizione tra la pre­sente dittatura borghese e la dittatura proletaria, ma è prevedibile, e deve dai comunisti essere preveduta, una ultima ed insidiosa forma di dittatura bor­ghese, che, con l'apparenza di qualche formale mutamento istituzionale, giu­stificherà la delega della direzione di tutto l'attuale apparecchio statale di di­fesa capitalistica alla complice azione dei socialtraditori.

Dal punto di vista tattico, i comunisti, fatta questa previsione, non si rasse­gnano ad essa, appunto perché le negano il carattere di una utile ed universale necessità storica, ma si propongono, forti dell'esperienza inter­nazionale, di smascherare preventivamente il gioco insidioso della funzione democratica, e di iniziare senz'al­tro l'attacco a fondo contro la socialdemo­crazia, prima ancora che questa abbia clamorosamente svelata coi fatti la sua funzio­ne reazionaria; tentando di preparare la forza e la coscienza proletaria a strozzare sul nascere questo prodotto mostruoso della controrivoluzione, pur senza poter escludere che l'attacco finale sarà sferrato contro un governo socialistoide ultimo ge­ren­te del potere borghese.

Quanto alle oblique proposte tattiche di pretesi comunisti passati dall'al­tra parte, di favorire l'ascesa al potere dei social­democratici nostrani, non solo esse mostrano un'assoluta incom­prensione dei problemi tattici secondo il metodo marxista, ma nascondono a loro volta una insidia peggiore. Biso­gna staccare il proletariato ed il suo consenso dagli uomini e dal partito de­sti­nato alla funzione socialdemocratica - controrivoluzionaria con una pre­ventiva e aspra separazione di responsabilità. Natural­mente questo scorag­gerà quegli uomini e quei gruppi, farà sì che essi ritardino ad accettare l'in­vito borghese ad assumere il potere; e sarà bene che facciano questo passo solo in condizioni estreme, quando neanche tale manovra potrà più sanare il pro­cesso di decomposizione dell'apparato statale borghese di gover­no.

Noi sappiamo che quasi certamente la battaglia finale sarà data contro un governo di ex-socialisti; ma non è nostro compi­to facilitare il loro av­vento al potere, bensì preparare il proleta­riato ad accoglierlo fin dall'inizio come una dichiarazione di guerra anziché come il segno che una tregua si apra nella lotta di classe, che s'inizi un esperimento di risoluzione pacifica dei problemi della rivoluzione. Questo potrà farsi solo a patto di aver separa­to ogni responsabilità, di aver denunziato alle masse il movimento socialde­mocratico, i suoi metodi, i suoi propositi - cosicché sarebbe un colossale er­rore apparire come consenzienti nel tentativo di esperimentarli. È per questo che noi diciamo che la tattica rivoluzionaria deve fondarsi su esperienze in­ter­nazionali e non solo nazionali; che deve bastare lo strazio dei proletari d'Ungheria, di Finlandia e di altri paesi per rispar­miare, attraverso l'opera infaticabile dei partiti dell'Internazio­nale Comunista, ai proletariati dell'Oc­cidente, la necessità di apprendere coi propri occhi, di imparare a costo del proprio sangue che cosa significhi il compito nella storia della socialde­mo­crazia. Questa intraprenderà fatalmente la sua strada, ma i comunisti devono proporsi di sbarrargliela al più presto, e prima che essa pervenga a piantare il pugnale del tradimento nelle reni del proletariato.

 

 

 

 

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