DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

Il Soviet », n. 33 del 10-8-1919)

 

Questo articolo segue la dolorosa notizia che in Ungheria le forze armate bianche, sostenute dalla Romania e dalla Francia, avevano abbattuto la dittatura sovietica. L'avvento della dittatura proletaria in Ungheria era stato salutato dal giornale napoletano nell'articolo «La marea rossa» che il lettore può trovare al n. 56, pag. 376, dell'Appendice al I Volume. Esplodeva l'entusiasmo dei rivoluzionari alle notizie di Ungheria che lasciavano allora sperare in una ulteriore avanzata comunista attraverso tutta l'Europa.

La notizia della grave sconfitta dopo pochi mesi non scuote la convinzione dei comunisti rivoluzionari; ed il commento del loro giornale si riporta all'argomento che fu oggetto di un telegramma di Lenin a Budapest, e che sarà ricordato nella discussione di Bologna nell'ottobre successivo.

I comunisti ungheresi commisero l'errore di ammettere nel governo sovietico il Partito Socialdemocratico, anziché annientarlo come i russi avevano fatto. Questo tragico esempio conferma come sia rovinosa l'illusione di cercare maggiore forza nelle alleanze e nella pretesa unità proletaria, mentre sono la scissione, la rottura e la lotta centro i partiti degeneri, che sole possono salvare la rivoluzione.

 

 

 

L'Intesa può bene essere soddisfatta e cantare vittoria. Il regime comunista in Ungheria è caduto dopo cinque mesi di vita. La piccola fiamma rossa che il proletariato aveva acceso nel bel mezzo d'Europa accanto alla immensa face che splende luminosa nel suo estremo orientale è spenta.

Il travolgente pericolo bolscevico non incombe più. La rivoluzione è arrestata. Noi già avvertivamo in un precedente articolo questo procedere del moto rivoluzionario che non segue un corso regolare di costante progressione, ma che va avanti a sbalzi, si arresta e può anche momentaneamente rinculare per riprendere poi una rapida andatura. Se consideriamo lo stato attuale del movimento rivoluzionario in raffronto a quello di pochi mesi indietro dobbiamo riconoscere che esso è non solo fermato, ma in ritirata.

La caduta del regime comunista, oltre ad essere di per sé un indizio di questo cedere terreno, avrà la sua ripercussione sfavorevole e dannosa su tutto il movimento.

Tutti i fanatici dell'azione, tutti i sentimentali, tutti quelli che seguono le facili illusioni di trionfi improvvisi e che solo per questo si gettano nel vortice rivoluzionario, si ritrarranno sconfortati.

Tutti i tiepidi che molto a denti stretti si mostravano amici sinceri del regime bolscevico pel solo fatto che esso trionfava progressivamente, ora parleranno a bocca bene aperta e ne trarranno ben diverso linguaggio. Ci libereremo forse dei massimalisti della centesima ora, e sarà un gran bene.

La borghesia cercherà di trarre il massimo profitto da questa sua ripresa di energia e dalla vittoria.

I suoi vari governi, mentre continueranno a mentire sfacciatamente e a velare con ipocrite frasi il vero, insisteranno nell’azione contro la Russia rivoluzionaria. Non è improbabile che alcuno di essi si faccia animo fino a confessare apertamente il proprio programma di strozzamento del regime comunista russo. Già infatti il tono del linguaggio degli uomini di governo inglesi e francesi è più forte e più esplicito. Ciò non deve e non può sorprendere se si pensi alla gravità del duello che la borghesia combatte ed in cui essa ha piena coscienza di giocare la sua esistenza. Se le potesse riuscire di spazzar via anche il regime russo, non avrebbe per questo chiuso la partita, che rimarrebbe sempre aperta fino a che essa non fosse sconfitta, ma certo allontanerebbe questa ora fatale.

Noi che, avendo piena e sicura fede nel nostro ideale che non può non trionfare, possiamo appunto per questo seguire con serenità gli avvenimenti che si svolgono, dobbiamo cercare di trarre da essi quegli insegnamenti che possono essere utili a guidarci nelle lotte, che in un prossimo domani dovremo ingaggiare.

Soprattutto dobbiamo trarre insegnamenti dalle sconfitte per riconoscerne le cause e scorgere in esse i possibili errori commessi da evitare.

Per quanto scarse siano le notizie sulle vere condizioni in cui si è effettuato ed è vissuto il governo comunista in Ungheria, sembra certo che, a differenza da quanto è stato praticato in Russia, nella quale i comunisti hanno agito da soli combattendo contro ogni altro partito, specie per modo dì dire affine, ivi vi è stato accordo tra comunisti e socialisti democratici.

Qualche cosa di analogo si verificò in Baviera, in cui il governo risultò di coalizione tra i gruppi socialisti più avanzati ed i comunisti, ossia spartachiani.

Questa coalizione, anziché dare forza al governo dando ad esso un più largo appoggio nelle classi popolari, è stata una grande debolezza in quanto l'attuazione del programma e la soffocazione dei movimenti avversari non sono state praticate con quella decisione indispensabile nell'ora difficile.

La dittatura del proletariato ha funzionato male proprio perché non tutti coloro che erano chiamati a questo funzionamento, erano decisi partigiani di essa.

I socialisti democratici, da non confondersi coi comunisti e bolscevichi, ovunque o sono stati fin dall'inizio a questi contrari o si sono alleati alla borghesia, o peggio ancora, quando si sono alleati ai comunisti, li hanno costantemente traditi. Ciò tanto in Baviera quanto in Ungheria.

Non altrimenti si può comprendere come ritiratisi quivi i comunisti siano rimasti a capo del governo ungherese i socialisti e proprio quelle persone che erano al governo insieme ai comunisti, e che, mentre l'Intesa ha con tutte le sue forze combattuto questi, ha riconosciuto il governo successivo, salvo crearne dopo uno tutto borghese.

Evidentemente l'accordo col l'Intesa è avvenuto non dopo l'uscita dei comunisti, ma preesisteva ed ha servito a preparare la caduta di quelli. Che cosa è questo se non un tradimento operato nel seno dello stesso governo? Tradimento non so se dovuto a qualità personali degli uomini che lo hanno compiuto, ma certo conseguenza di una profonda diversità di programma.

Il nuovo governo socialista rivoluzionario ungherese, composto in parte di individui che facevano parte del precedente governo comunista senza pur essere tali, ha per primo suo atto deciso il ripristino della proprietà privata che l'altro aveva dichiarato di voler abolire.

Quanto è avvenuto in questi paesi ove si è verificata una rivoluzione proletaria, deve servire di ammaestramento.

La profonda diversità di programma tra i comunisti e ogni altra gradazione di socialisti (usurpatori di tal nome) non consente un’azione comune.

I comunisti hanno una meta chiara che indica loro un metodo chiaro, che essi soli possono seguire perché scaturisce dal fine da raggiungere.

Essi non possono che praticare la intransigenza più assoluta, quella che un avversario in malafede quale l'on. Labriola chiama settaria - in malafede non perché egli sia convinto del contrario, ma perché questa qualifica serve a lui per gettare nella classe operaia il discredito sul metodo e sulle persone che lo seguono.

Debbono respingere ogni alleanza che sarebbe perniciosa, e battere da soli la strada maestra che dovrà condurli alla vittoria, che non consiste nei facili ed effimeri successi, ma nella integrale e razionale realizzazione del loro programma organico.

 

 

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