DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

(«Il Soviet », n, 13 del 16-3-1919)

 

Anche questo articolo é fondamentale perché vale a ributtare sul terreno dei principi di base la banale accusa che gli astensionisti italiani erano degli anarchici!

Testi precedenti hanno già mostrato che sempre la Sinistra italiana marxista non solo si differenziò dottrinalmente dai libertari e dai sindacalisti, ma ripudiò decisamente ogni proposta di accordi contingenti di azione con tali elementi. La questione é rimessa qui nei suoi termini ricordando che sono gli stessi che Marx stabilì contro Bakunin al tempo della crisi della Prima Internazionale. È sottolineato come siano incompatibili con ogni dottrina anarchica le nostre centrali tesi del Partito di classe, del potere politico, dello Stato e del governo comunista centralizzato e dittatoriale. Dinanzi a questo abisso, che divide le due concezioni e che piuttosto appaia gli anarchici con i revisionisti della destra riformista, resta cosa banale il trovare punti di convergenza tra la opposizione degli anarchici alle elezioni democratiche e la rivendicazione astensionista dei marxisti rivoluzionari.

 

 

 

Iniziando la nostra campagna contro la partecipazione alle elezioni, ci aspettavamo una obiezione, che non ha altro valore che quello di essere ovvia e dar luogo ad alcuni utili schiarimenti: siete anarchici!

Infatti essa ci é venuta da varie parti; ed anche l'«Avanti!» rispondendo ad un opportuno scritto del compagno Boero - che certo rispecchia l'opinione dei compagni massimalisti di Torino - parla di astensionismo anarchico.

Dal canto suo il «Libertario», mentre ribadisce opportunamente le differenze tra il nostro pensiero socialista ed il suo anarchico, affetta di dipingerci come gente in via di ravvedimento, e immagina che noi siamo per «dar ragione» agli anarchici, e che, compiendo altri passi, finiremo col riconoscere che... Marx é stato vinto da Bakunin.

Ora sarà bene stabilire di fronte a tutti che noi siamo e restiamo socialisti e marxisti.

Sui rapporti tra socialismo ed anarchia si equivoca molto e molto spesso.

Si sente ripetere frequentemente che l'unica differenza tra le due scuole é nella tattica elezionista e parlamentare. Si dice da molti, anche socialisti, che identica é in essi la finalità ultima, la visione della società futura, ed anche la visione del processo storico rivoluzionario.

Infine non pochi socialisti ammettono leggermente che nell'anarchismo é come un metodo, una concezione, più perfetti, più alti, più puri, nei quali sia logico specchiarsi ogni tanto per riconoscere - magari attraverso i giudizi espressi dai seguaci dell'anarchia - se noi socialisti siamo o meno veri e buoni rivoluzionari.

Per noi, checché si dica sulla nostra avversione alle elezioni, socialismo e anarchismo sano metodi diversi, e questo secondo metodo é in se stesso erroneo, si fonda sopra una interpretazione sbagliata della società e della storia, non si immedesima col reale svolgimento della rivoluzione; e appunta per questo non é il vero metodo rivoluzionario, e tanto meno può dirsi, come molti ingenuamente credono, «più rivoluzionario» del metodo socialista.

La concezione e la tattica che sole rispondono al processo della lotta di classe e del trionfo del proletariato sulla borghesia, sono contenute nel marxismo, e gli avvenimenti contemporanei vanno confermando ciò contro tutte le previsioni, contro Bakunin, Kropotkin, Sorel, come contro Bernstein e i riformisti d'ogni dove.

La costituzione del proletariato in partito di classe, la conquista del potere politico, la dittatura del proletariato, cioè la formazione di un Governo, e la espropriazione del capitale compiuta sistematicamente da questo potere centrale, rappresentano il necessario processo della rivoluzione.

L'assetto della nuova società comunistica, raggiunto in un periodo tutt'altro che breve, sarà caratterizzato dalla sparizione delle differenze di classe, e quindi dell'esercizio di un vero e proprio potere politico, con un sistema di produzione fondato sulla coordinazione e il disciplinamento della attività dei produttori e della distribuzione dei prodotti da organismi centrali rappresentanti la collettività.

Tutti questi postulati, uno per uno, sono rifiutati e criticati dall'anarchismo.

Questo vede nella rivoluzione l'abbattimento dello Stato borghese non solo, ma di ogni potere politico; nella trasformazione dell'economia un fenomeno spontaneo susseguente alla soppressione dello Stato che determinerebbe quasi automaticamente l'espropriazione dei capitalisti; nell'assetto della società nuova il muoversi autonomo di liberi gruppi di produttori, da cui emergerebbe la migliore distribuzione dei prodotti. Su queste differenze sostanziali sarà interessante discutere, per dimostrare, secondo il nostro punto di vista, la inferiorità del sistema anarchico rispetto a quello socialista.

Resti però fin da ora chiarito che la discussione che facciamo é una discussione da socialisti e fra socialisti. Il partito deve dunque stabilire se alla conquista politica del potere il proletariato deve giungere rivoluzionariamente o legalitariamente; e se l'intervento nelle elezioni, anche con molte riserve e coll'intento di fare soltanto della propaganda massimalista, non é una condizione d'insuccesso dell'azione rivoluzionaria, uno sfogo innocuo delle energie proletarie che la borghesia vuole provocare per salvare i suoi istituti dal crollo definitivo.

 

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